Effettua la tua ricerca
More results...
Le università italiane sono alle prese in questi giorni con la terza edizione del bando FIS (Fondo italiano per la scienza). Non è difficile illustrare l’inadeguatezza del FIS a realizzare le finalità per cui era stato istituito, non tanto per difetti nella formulazione del bando, quanto per il contesto in cui si inserisce e per l’evidente incapacità del MUR di dare indicazioni chiare e tempi certi: due elementi che decidono del successo o del fallimento di un progetto. Sembra quasi che il MUR voglia sabotare se stesso. A questo si potrebbe aggiungere l’esordio dei (quanto mai infelice) del contratto di ricerca. Il “Decreto per l’assunzione di ricercatori internazionali post-dottorato” (DD n. 47 del 20-2-2025) ha un titolo bombastico, ma è più modestamente un piano (ovviamente “straordinario”) per finanziare circa 300 contratti di ricerca biennali. La cosa divertente (o tragica, a seconda dello stato d’animo) è la scadenza: i contratti dovrebbero partire non oltre il 15 maggio, data assolutamente irreale se si considera il fatto che ancora vanno approvati i regolamenti di ateneo per questo tipo di contratto.
Le università italiane sono alle prese in questi giorni con la terza edizione del bando FIS (Fondo italiano per la scienza), che vorrebbe essere la versione italiana dello schema di finanziamento dei grant dell’European Research Council nelle articolazioni Starting / Consolidator / Advanced. Al di là degli aspetti formali, però, c’è da chiedersi quale sia il grado di corrispondenza al modello da un punto di vista sostanziale. Vale la pena di esaminare schematicamente alcuni elementi cruciali del bando e del processo complessivo per valutare se la realizzazione sia all’altezza degli intenti dichiarati.
– Fondi stanziati: quelli del FIS nelle passate edizioni hanno permesso un tasso di successo di appena il 2,5%, in confronto con il 12% circa del fratello maggiore europeo. Questa terza edizione, a dire il vero, ha avuto un finanziamento più significativo (grazie a fondi PNRR),[1] ma va anche detto che, in previsione degli anni di vacche magre prospettati dai recenti drastici tagli all’università, anche il numero di domande è stato assai maggiore delle precedenti tornate e dunque bisognerà attendere per capire se all’aumento delle risorse corrisponda un effettivo vantaggio percentuale.
– Tempi: regolari e dell’ordine di alcuni mesi, almeno per la prima valutazione, nel caso dell’ERC; due anni o più (a seconda del settore scientifico) per il FIS 1, un anno e mezzo abbondante per il FIS 2.[2] Questo ovviamente comporta che i nuovi bandi FIS vengono pubblicati prima che si conoscano i risultati della precedente tornata. Inoltre è chiaro che molti progetti non possono attendere tutto questo tempo: invecchiano subito o si cerca di realizzarli con altri finanziamenti e in ogni caso su queste basi non è possibile dare continuità a una ricerca.
– Chiarezza normativa: il FIS 3 è stato bandito il 21 novembre 2024, ma prima della scadenza, il 23 gennaio 2025, è stato prorogato fino al 18 marzo con alcune modifiche. Questo non certo per scarsità di proposte (anzi!), ma semplicemente perché non si sapeva (non si sa) quale forma di contrattualizzazione si potrà utilizzare nel progetto. Come è noto l’assegno di ricerca, dopo diverse proroghe, è stato abolito a fine 2024, ma il contratto di ricerca – istituito già nel 2022 – mancava ancora fino a pochi giorni fa di alcuni elementi normativi essenziali (e manca ancora dei regolamenti di ateneo). Trascuro il dettaglio che alcuni ricercatori che avevano fatto domanda FIS per lo starting grant a causa della proroga hanno dovuto riformulare la domanda per il consolidator grant. Taccio anche sull’iter del DDL 1240/2024, quello che prevede un’assortita e assai discutibile congerie di figure pre-ruolo, che si è bloccato in previsione delle probabili rimostranze di Bruxelles, in quanto incentiverebbe il precariato, sconfessando gli impegni presi dall’Italia con il PNRR.
Rimanendo sul tema della chiarezza normativa, il MUR non ha ancora spiegato se i vincitori del bando FIS potranno essere contrattualizzati con un contratto di ricerca o dovranno essere assunti come RTT con chiamata diretta (nel caso dello starting grant). Nemmeno si capisce bene se i ricercatori a tempo determinato di tipo A possano prevedere un budget per la continuazione del proprio rapporto allo scadere del proprio contratto: essendo strutturati – benché a tempo determinato – non potrebbero, ma alcuni ipotizzavano che possano ambire a un contratto di ricerca. A dire il vero, l’art. 22 della legge Gelmini – quello che istituisce il contratto di ricerca – esclude i ricercatori a tempo determinato, ma non è poi così chiaro: la norma vale per tutti i ricercatori a tempo determinato o solo per gli RTT, ossia per quelli previsti dalla normativa al momento in cui era stata istituita la figura del contrattista di ricerca? Ovviamente il MUR si guarda bene dallo sciogliere il nodo.
Se a questo aggiungiamo il fatto che solo a febbraio gli atenei hanno ricevuto il FFO 2024 (dunque con un ritardo di diversi mesi) e che, di conseguenza, i dipartimenti non sanno ancora se e come potranno far fronte al cofinanziamento necessario per stabilizzare i possibili vincitori nel caso si debba procedere alle chiamate dirette, la situazione appare in tutta la sua caotica nebulosità. Ciò costringe i dipartimenti a prendere decisioni alla cieca e, se prudenti, a negare l’accoglienza a ricercatori anche validissimi, per mancanza di ragionevoli certezze sui margini di FFO utilizzabili, vanificando i propositi del bando.
Come si vede una serie di punti fondamentali dimostrano l’inadeguatezza del FIS a realizzare le finalità per cui era stato istituito, non tanto per difetti nella formulazione del bando, quanto per il contesto in cui si inserisce e per l’evidente incapacità del MUR di dare indicazioni chiare e tempi certi: due elementi che decidono del successo o del fallimento di un progetto. Sembra quasi che il MUR voglia sabotare se stesso.
Come appendice si potrebbe aggiungere un ulteriore capitolo, imparentato con il FIS perché costituisce l’esordio (quanto mai infelice) del contratto di ricerca. Stiamo parlando del “Decreto per l’assunzione di ricercatori internazionali post-dottorato” (Decreto Direttoriale n. 47 del 20-2-2025), titolo bombastico, ma che più modestamente vorrebbe essere un piano (ovviamente “straordinario”) per finanziare contratti di ricerca biennali, pubblicato dal MUR giovedì 20 febbraio 2025 nel pomeriggio. La cosa divertente (o tragica, a seconda dello stato d’animo) è la scadenza: i contratti dovrebbero partire non oltre il 15 maggio, data assolutamente irreale se si considera il fatto che – come si è detto – ancora vanno approvati i regolamenti di ateneo per questo tipo di contratto.
Non saprei dire quel che è successo negli altri atenei, ma nel mio – con lodevole tempestività – nell’arco di 24 ore è stato trasmesso ai direttori di dipartimento fissando la scadenza interna per l’invio delle proposte entro le ore 12 di giovedì 27. Tenendo conto del fine settimana (passato dai direttori a lambiccarsi il cervello e a far telefonate) rimanevano tre giorni e mezzo per chiarire (?) i dubbi, convocare almeno la giunta o la commissione di indirizzo (il consiglio di dipartimento non era realistico con queste tempistiche), scegliere un tema, formulare una traccia di progetto e rispondere all’appello. Un processo che normalmente richiederebbe un’accurata preparazione, con un dibattito interno al dipartimento, la scelta del Settore Scientifico Disciplinare e del soggetto di indagine in relazione al piano strategico dipartimentale e alla sua programmazione, la definizione dello stato dell’arte, dei nodi problematici da affrontare, dei metodi, dei traguardi auspicabili e dell’articolazione temporale.
Evidentemente il MUR attendeva la definizione del contratto di ricerca per pubblicare l’avviso, ma al tempo stesso c’erano i limiti temporali imposti dalla rendicontazione di fondi PNRR. In breve: un sandwich diabolico in cui tutti siamo rimasti schiacciati. La soluzione è stata come al solito quella di scaricare il problema sugli atenei e sui dipartimenti, anche a costo di vanificare l’efficacia dello stanziamento: una scelta e un progetto realizzati in tre giorni non possono per definizione essere buoni. Il criterio che guida il MUR – ormai sembra evidente – è puramente contabile: rendicontare i fondi PNRR, sui quali siamo in ritardo, anche a costo di usarli male o di sprecarli, in barba a programmazione e valutazione scientifica o di impatto. Per non parlare ovviamente delle legittime aspettative dei giovani ricercatori, l’anello più debole della catena.
[1] FIS 1, € 50.000.000; FIS 2, € 327.860.000; FIS 3, € 464.860.000.
[2] FIS 1, bandito il 28 settembre 2021, con pubblicazione dei risultati tra l’agosto del 2023 e il febbraio del 2024; FIS 2, bandito il 1° agosto 2023 con pubblicazione dei risultati nel febbraio 2025; FIS 3, bandito il 21 novembre 2024, prorogato il 23 gennaio 2025 fino al 18 marzo 2025.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link