Comuni sciolti per mafia Demetrio Arena: «Legge da riformare»

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In primavera alcuni comuni calabresi torneranno a votare. Molti sono stati commissariati per infiltrazioni mafiose. Sul tema degli scioglimenti per mafia ci siamo confrontati con l’ex sindaco di Reggio Calabria, Demetrio Arena, alla guida della città quando l’amministrazione decadde per presunta contiguità mafiosa.

Comuni sciolti per mafia, parla l’ex sindaco di Reggio Calabria Demetrio Arena

Nel 2012, primo capoluogo d’Italia a su­bire tale provvedimento, l’amministra­zione comunale di Reggio Calabria, guidata da Demetrio Arena, fu sciolta per pre­sunte contiguità mafiose. Da allora, il commis­sariamento degli enti locali è al centro del di­battito politico. Arena, oggi è vicepresidente dell’Associazione “Giù le mani dai Sindaci”. Associazione, a cui hanno già aderito oltre 50 amministratori locali, costituita, spiega Arena, «con lo scopo di sensibilizzare le massime Istituzioni riguardo l’inefficacia, le criticità e gli effetti distorti fino ad oggi prodotti dall’ap­plicazione della normativa in vigore, ritenen­do che la sua attuazione coincida con la so­spensione della rappresentanza democratica, traducendosi come un’offesa alla dignità del­le comunità e producendo condizioni di di­sagio sociale, disordine ed inefficienza ammi­nistrativa».



«Condizioni queste, ancora l’ex primo cittadino, che, se da un la­to scoraggiano i cittadini onesti ed animati da spirito di servizio ad assumere incarichi di go­verno degli enti locali, dall’altro, non fanno che accrescere il potere della mafia in termi­ni di consenso sociale».

Dottor Arena, nel 2012 era sindaco di Reg­gio Calabria. A distanza di oltre un decen­nio, ritiene che lo scioglimento abbia por­tato reali benefici?

Sulla base degli indicatori socio-economi­ci, Reggio Calabria è ripiombata agli ulti­mi posti delle classifiche; in maniera co­stante è andata sempre peggio. Se dobbia­mo rifarci a questo tipo di valutazione og­gettiva, i risultati parlano chiaro: è stato un provvedimento che ha generato un danno notevole per la città.

In che senso?

Reggio Calabria, nel 2007, era stata conside­rata dal tour operator più importante al mon­do la quinta meta più appetibile del turismo internazionale. Aveva una prospettiva di svi­luppo chiara, che in parte aveva già realizza­to, ed era un punto di riferimento per le città del Mediterraneo. Ci fu il provvedimento che fece di Reggio città metropolitana, ma invece di consolidare il processo di sviluppo, l’ha ri­portata indietro di 30 anni. È stata una iattu­ra, come lo è il commissariamento in ogni realtà, anche nei piccoli comuni.

Dopo l’esperienza vissuta da Reggio Cala­bria, la legge sugli scioglimenti è stata spesso criticata per il suo impatto sulla governance locale. Ritiene che il meccani­smo attuale sia ancora efficace o andreb­be riformato?

Siamo di fronte a una legge inutile, iniqua e pericolosa perché affida al potere esecutivo un ruolo giudiziario abnorme, il che è aber­rante. Lo scioglimento dovrebbe avvenire so­lo in presenza di concreti, univoci e rilevan­ti elementi di collegamento con la crimina­lità organizzata. Ma la legge è stata trasfor­mata in una sorta di scorciatoia: oggi i con­sigli comunali vengono sciolti, in via pre­ventiva, anche sulla base di semplici sugge­stioni.


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Siamo al di fuori dello Stato di dirit­to e della democrazia. Si calpesta il diritto di rappresentanza e quello di difesa, perché il sindaco non può in alcun modo difendersi nel corso del procedimento.

Nel caso recente di Bari, invece dello scio­glimento, sono state commissariate alcu­ne società partecipate. A Reggio Calabria nel 2012 si scelse una strada diversa. Que­sto approccio segna un cambio di rotta delle istituzioni?

Purtroppo la legge è stata spesso utilizzata co­me strumento di contrapposizione/mediazio­ne politica. Reggio è stata sciolta per motivi politici, mentre Roma, ad esempio, non è sta­ta sciolta nonostante elementi ben più gravi di quelli emersi a Reggio. E Bari? Anche lì c’era un’indagine su società miste e apparati buro­cratici, con il coinvolgimento della politica. Ma Bari non è stata sciolta, sono stati com­missariati le società miste e l’apparato buro­cratico. Se la decisione è stata adottata perché l’attuale governo sta adottando un’interpreta­zione più garantista è positivo, ma non risol­ve il problema, anzi genera ulteriori dispari­tà di trattamento. Bisogna cambiare la legge.

Secondo lei, quale cambiamento è possibile?

Occorre una riforma che riconduca la norma­tiva nell’alveo della Costituzione. La respon­sabilità deve essere personale e non ricadere su un’intera comunità. Bisogna trovare uno strumento di accompagnamento perché lo scioglimento deve rappresentare l’ultima ra­tio: i sindaci devono essere supportati e non combattuti. Recentemente la senatrice Mina­si ha presentato una proposta di modifica del­la legge, spero che la politica si faccia carico di questa riforma che non significa allentare la lotta alla mafia, ma rendere il sistema più equo e giusto, perché in uno stato di diritto il fine non può mai giustificare i mezzi.





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