Agenzia Entrate: nuovo regime agevolativo per i lavoratori impatriati – requisiti per fruire dell’agevolazione

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L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 66/E del 6 marzo 2025, fornisce alcuni chiarimenti in merito al «nuovo regime agevolativo a favore dei lavoratori impatriati» di cui all’art. 5 del decreto legislativo 27 dicembre 2023, n. 209.

 

La risposta dell’Agenzia delle Entrate

L’articolo 5 del decreto legislativo 27 dicembre 2023, n. 209 (recante “Attuazione della riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale”) ha introdotto il “nuovo regime agevolativo a favore dei lavoratori impatriati” che si applica in favore dei soggetti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia a decorrere dal periodo d’imposta 2024.

In particolare, il comma 1 del citato articolo 5 dispone che «i redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, i redditi di lavoro autonomo derivanti dall’esercizio di arti e professioni prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, entro il limite annuo di 600.000 euro  concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50 per cento del loro ammontare al ricorrere delle seguenti condizioni:
a) i lavoratori si impegnano a risiedere fiscalmente in Italia per un periodo di tempo corrispondente a quello di cui al comma 3, secondo periodo;
b) i lavoratori non sono stati fiscalmente residenti in Italia nei tre periodi d’imposta precedenti il loro trasferimento. Se il lavoratore presta l’attività lavorativa nel territorio dello Stato in favore dello stesso soggetto presso il quale è stato impiegato all’estero prima del trasferimento oppure in favore di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo, il requisito minimo di permanenza all’estero è di:
1. sei periodi d’imposta, se il lavoratore non è stato in precedenza impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo;
2. sette periodi d’imposta, se il lavoratore, prima del suo trasferimento all’estero, è stato impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo;
c) l’attività lavorativa è prestata per la maggior parte del periodo d’imposta nel territorio dello Stato;
d) i lavoratori sono in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione come definiti dal decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 108 e dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206».

In base al successivo comma 2 «si considerano appartenenti allo stesso gruppo i soggetti, tra i quali sussiste un rapporto di controllo diretto o indiretto ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, numero 1), del codice civile ovvero che, ai sensi della stessa norma, sono sottoposti al comune controllo diretto o indiretto da parte di un altro soggetto».

L’articolo 23 del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, al comma 1 dispone che: «Ai fini dell’applicazione dell’imposta nei confronti dei non residenti si considerano prodotti nel territorio dello Stato: […] c) i redditi di lavoro dipendente prestato nel territorio dello Stato, compresi i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui alle lettere a)  e b) del comma 1 dell’articolo 50; […]».

Ai  sensi  del  comma  2  dell’articolo  165  del  medesimo  TUIR  «i  redditi     si  considerano  prodotti  all’estero  sulla  base  di  criteri  reciproci   a   quelli   previsti dall’articolo 23 per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato».

Con riferimento al requisito di cui al citato articolo 5, comma 1, lettera b) del decreto legislativo n. 209 del 2023 la norma prevede che il nuovo regime può essere applicato, nel rispetto delle condizioni richieste, anche nell’ipotesi in cui il lavoratore si trasferisca in Italia per prestare l’attività lavorativa nel territorio dello Stato in favore del medesimo soggetto (residente o non residente in Italia), presso il quale è stato impiegato all’estero prima del predetto trasferimento oppure in favore di un soggetto «appartenente al suo stesso gruppo».

Nella predetta ipotesi in cui il lavoratore svolga in Italia l’attività lavorativa a favore dello stesso soggetto (datore/gruppo) per il quale lavorava all’estero, la norma prevede l’allungamento del periodo minimo di pregressa permanenza all’estero che, da tre, aumenta a sei o sette anni, a seconda che si tratti o meno del medesimo soggetto (datore/gruppo) presso cui era svolta l’attività lavorativa in Italia prima del trasferimento all’estero.

In merito ai requisiti di elevata qualificazione e specializzazione stabiliti nella sopra illustrata disposizione contenuta nel citato articolo 5, al comma 1, lett. d), si fa presente che il citato decreto legislativo n. 108 del 2012, in attuazione della direttiva europea 2009/50/CE, ha inserito, nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (recante il «Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero» ­ T.U.I.) l’articolo 27­quater (rubricato ”Ingresso e soggiorno per lavoratori altamente qualificati.Rilascio della Carta blu UE”), successivamente modificato dal decreto legislativo 18 ottobre 2023, n. 152.

Per effetto  delle  predette  modifiche,  la  norma  attualmente  dispone  che  sono «altamente qualificati» i lavoratori «che intendono svolgere prestazioni lavorative retribuite per conto o sotto la direzione o il coordinamento di un’altra persona fisica o giuridica e che sono alternativamente in possesso:

  • del titolo di istruzione superiore di livello  terziario  rilasciato  dall’autorità competente nel paese dove è stato conseguito che attesti il completamento di un percorso di istruzione superiore di durata almeno triennale o di una qualificazione professionale di livello post secondario di durata almeno triennale o corrispondente almeno al livello 6 del Quadro nazionale delle qualificazioni di cui al decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali dell’8 gennaio 2018,   recante «Istituzione del Quadro nazionale delle qualificazioni rilasciate nell’ambito del Sistema nazionale di certificazione delle competenze di cui al decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13», pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 20 del 25 gennaio 2018;
  • dei requisiti  previsti  dal  decreto  legislativo  6   novembre   2007,     206, limitatamente all’esercizio di professioni regolamentate;
  • di una qualifica professionale superiore attestata da almeno cinque anni di esperienza professionale di livello paragonabile ai titoli d’istruzione superiori di livello terziario, pertinenti alla professione o al settore specificato nel contratto di lavoro o all’offerta vincolante;
  • di una  qualifica  professionale  superiore  attestata  da   almeno   tre  anni  di  esperienza  professionale  pertinente  acquisita  nei  sette  anni  precedenti    la presentazione  della  domanda  di  Carta  blu  UE,  per  quanto  riguarda  dirigenti e specialisti nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione di cui alla classificazione ISCO­08, n. 133 e n. ».

La norma sopra richiamata riguarda i lavoratori ”stranieri” in quanto disciplina le condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di Paesi terzi che intendono svolgere in Italia lavori altamente qualificati.

Ai fini dell’applicazione del nuovo regime che, in assenza di specifiche preclusioni poste  dalla  norma,  riguarda  sia  lavoratori  italiani  che  stranieri,  il  richiamo alle disposizioni contenute nelle norme sopra citate deve, invece, necessariamente intendersi effettuato solo ai requisiti relativi al possesso, alternativamente, del titolo di  istruzione o di una qualificazione professionale, ivi elencati.

Ai fini dell’accesso al nuovo regime, inoltre, è sufficiente (al ricorrere delle altre condizioni richieste dalla norma) possedere i predetti «requisiti di elevata qualificazione o specializzazione», nel senso sopra chiarito non essendo, invece, richiesto dalla norma che venga esercitata, né prima né dopo il trasferimento, la corrispondente attività professionale.

Ciò posto, in merito  alla  questione  posta  dall’Istante  se,  nel  caso  prospettato, sussistano i requisiti di elevata qualificazione o specializzazione normativamente previsti, si evidenzia  che  la  circolare  n.  9/E  del  1°  aprile  2016  ha chiarito come il legislatore abbia inteso escludere dall’area dell’interpello  tutte quelle ipotesi caratterizzate «da una spiccata ed ineliminabile rilevanza dei profili fattuali riscontrabili dall’amministrazione finanziaria ma solo in sede di accertamento; si tratta, in altre parole, di tutte quelle fattispecie in cui rileva il mero appuramento del fatto (cd. accertamenti di fatto)».

In applicazione dei richiamati chiarimenti, devono considerarsi inammissibili le istanze con le quali viene richiesta la valutazione dei titoli di elevata qualificazione e specializzazione previsti dal nuovo regime.

Con riferimento alla  possibilità  di  applicare  il  nuovo  regime  relativamente ai redditi che l’Istante produrrà in Italia a partire da aprile 2025 alle dipendenze di un nuovo datore di lavoro, nonostante nel primo trimestre dell’anno abbia lavorato per il datore di lavoro per cui era stato impiegato all’estero prima del rientro, si osserva quanto segue.

Ai fini dell’applicazione  del  nuovo  regime,  non  è  più  necessario  verificare la sussistenza di un collegamento ”funzionale” tra il trasferimento della residenza fiscale in Italia e l’inizio di un’attività lavorativa dalla quale derivi un reddito agevolabile, prodotto in Italia, diversamente da quanto chiarito con riferimento al previgente ”regime speciale per lavoratori impatriati”. Non è necessario, dunque, che al rientro   in Italia sussistano i requisiti previsti dalla norma, potendo gli stessi maturare anche successivamente. In tal caso, il contribuente potrà applicare il nuovo regime al ricorrere dei predetti requisiti per i residui periodi d’imposta di fruizione dell’agevolazione, che si applica per ciascun periodo d’imposta in cui i requisiti sussistono.

Ne consegue che, nel caso in esame, l’Istante non può fruire del nuovo regime con riferimento ai redditi derivanti dall’attività svolta per i primi tre mesi del 2025, alle dipendenze del medesimo datore di lavoro per il quale è stato impiegato all’estero atteso che, in tal caso, per espressa previsione normativa, il periodo minimo di permanenza all’estero è di sei periodi d’imposta.

Inoltre, il reddito derivante dallo svolgimento dell’attività lavorativa, in qualità di ”frontaliere”, non sarebbe agevolabile in quanto prodotto all’estero sulla base della cd. ”lettura a specchio” dei criteri di collegamento enunciati dall’articolo 23 del TUIR per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato.

Ciò posto, l’Istante, che dichiara di essere stato fiscalmente residente all’estero per quattro periodi d’imposta, potrà accedere al nuovo regime in relazione al reddito di lavoro dipendente derivante dal lavoro svolto in Italia alle dipendenze del nuovo datore di lavoro a partire da aprile 2025, trattandosi di un reddito prodotto in Italia alle dipendenze di un datore di lavoro diverso da quello per il quale era stato impiegato prima del rientro in Italia e risultando altresì integrato il requisito minimo di permanenza all’estero di tre periodi d’imposta.

 

Fonte: Agenzia Entrate



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