Stellantis a Cassino sfornerà blindati e cingolati invece di Alfa e Maserati?

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Il piano di riarmo europeo potrebbe essere una ghiotta occasione per Stellantis che in Italia procede con stabilimenti a mezzo servizio da tempo e senza grandi aspettative di miglioramento almeno per l’immediato. La possibilità di debito comune e di scardinare il patto di stabilità potrebbe spingere i vari governi Ue a finanziamenti a pioggia per agevolare la riconversione. E a Cassino drizzano le orecchie… La lettera di Claudio Trezzano

Caro direttore,

soprassedendo sulle tante battute che si potrebbero fare sul “progetto segreto del governo italiano” (sì, titolava così il Corriere della Sera) di riarmarsi riconvertendo gli stabilimenti di Stellantis che ormai non sfornano nemmeno mezza 500 in fabbriche di mezzi blindati, così segreto da essere stato spiattellato un po’ da tutti i quotidiani (su Internet già girano bellissimi meme di vecchie Panda dotate di cingoli e cannoni), volevo porre l’accento che quella che pareva una boutade ma che col passare delle ore sta iniziando a essere presa sempre più sul serio, almeno da un’intera comunità.

Mi riferisco a quella di Cassino, che come è stato scritto più e più volte su Start Magazine ospita uno degli impianti italici che versa nelle condizioni peggiori sotto il profilo della produzione industriale. Recupero qualche numero di contorno: lo stabilimento produce per il 20% l’Alfa Romeo Giulia, il 53% l’Alfa Romeo Stelvio e il 27% la nuova Maserati Grecale, quest’ultima viene prodotta anche nella versione full electric. Se si considera che si parla incessantemente della possibilità per Stellantis di cedere/dismettere i due marchi in questione, si può intuire l’aria che si respira nello stabilimento cui è stata assegnata la futura piattaforma STLA Large BEV con i nuovi modelli Alfa Romeo Stelvio e Giulia, in produzione nella seconda metà del 2025 e all’inizio del 2026.

E il presente non è affatto migliore. La produzione nel 2024 è stata appena di 26.850 unità, pari a una flessione negativa del 45% rispetto al 2023, la peggiore nella storia dello stabilimento di Cassino, sottolineano dalla Fiom. Nel 2017 la produzione era cinque volte l’attuale, con 2.000 dipendenti in più. Attualmente gli occupati sono intorno alle 2.500 unità. Anche Cassino è stato coinvolto da numerose fermate produttive, con i dipendenti costretti alla cassa integrazione.

La stampa locale segue con attenzione la faccenda tanto più dopo che il ministro Adolfo Urso ai microfoni di Sky Tg24 Economia ha detto: “Anche se Stellantis con il piano Italia sta rispettando gli impegni e non chiuderà stabilimenti nel nostro Paese, una parte del comparto automotive dovrà riconvertirsi e due settori di sbocco sono l’aerospazio e la difesa”. Frosinone News ricorda che il governo ha messo a disposizione 250 milioni per aiutare le imprese della filiera a riconvertirsi. Mentre Roberto Cingolani, ceo di Leonardo, precisa che “al momento non abbiamo alcuna discussione in corso con costruttori automobilistici. E’ troppo presto. Ma se c’è un aumento della spesa in difesa che è sostanziale e se si immagina che gli ordini aumentino del 50-60%, allora bisogna fare delle scelte”.

La stessa Gedi, lo avete sottolineato su Start Magazine, sembra parecchio eccitata dal piano ReArm Europe: non a caso è nelle mani di Exor che ha Stellantis e intende vendere Iveco proprio a Leonardo. Eppur si muove, direbbero i dotti. Ha scritto venerdì Verderami sul Corriere della Sera: “È il piano a cui la premier sta lavorando da tempo. E che coinvolge (anche) il settore automobilistico italiano. Proprio quanto ha detto il ministro degli Esteri Tajani l’altro giorno a Bruxelles: «Dovremo vedere alcune industrie del comparto automobilistico come possono riconvertirsi». E la presenza di Elkann alla Camera è un altro tassello del mosaico. Perché i tempi cambiano. In Germania il progetto di rinnovamento della Difesa fu bloccato dal ministro dell’epoca: era von der Leyen, autore oggi del piano per il riarmo europeo.”

L’occasione sembra ghiotta: da un lato abbiamo fabbriche che producono col freno a mano tirato e un mondo dell’automotive che non sembra in grado di rimettersi in moto nell’immediato, dall’altro la possibilità di fondi pubblici che magari non concorreranno nemmeno a fare debito, a seconda delle posizioni che passeranno in Europa. E c’è pure chi parla di emissione di debito comune e dello scardinamento del patto di stabilità… Qui, direttore, con un simile scenario che si va delineando e dettagliando, difficile non figurarsi gli imprenditori intenti a sfregarsi compulsivamente le mani, mentre assaporano le opportunità che potrebbero palesarsi di lì a breve.

Ma i sindacalisti sentiti da Frosinone News quelli si preparano battaglia: “Non si passa dalle auto ai carrarmati”, ha dichiarato Andrea Di Traglia, segretario generale della Fiom-Cgil. “Un altro tavolo ministeriale è convocato per il 14 marzo – aggiunge il segretario Fiom – e non è disinvestendo e desertificando industrialmente il territorio che ci salviamo. Servono soldi sull’automotive e non sui tank”.

Sul gruppo Facebook “Cassino” le posizioni sono più moderate e pragmatiche, ma c’è chi fa notare come “Affidarsi esclusivamente alla produzione militare significherebbe legare il futuro industriale di Cassino alle dinamiche geopolitiche e alle scelte strategiche governative. Il settore della difesa offre contratti milionari, ma è anche vulnerabile a cambi di rotta politici e a instabilità internazionale. Cassino rischia di diventare un polo industriale “a scadenza”, dipendente da decisioni che potrebbero essere revocate da un momento all’altro”.

Per questo dal territorio si chiede “che la riconversione venga accompagnata da un piano industriale più ampio, che preveda anche la ricerca tecnologica, la formazione professionale e il rilancio di settori innovativi come l’automotive elettrico e la green economy. Solo così Cassino potrà guardare al futuro con fiducia, senza restare schiava di un’unica industria”.

Grandi manovre in casa Stellantis? Forse è ancora presto per dirlo, ma è sempre più difficile escluderlo.

Un caro saluto

Claudio Trezzano



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