PRESTITI, NEL 2024 -19 MILIARDI PER IMPRESE

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Il 2024 si è chiuso con un quadro preoccupante per il credito alle imprese in Italia. Lo stock di prestiti delle banche alle aziende è diminuito di 18,85 miliardi di euro, passando da 617,8 miliardi di novembre 2023 a 598,9 miliardi a dicembre 2024, con una contrazione del 3,05% nell’ultimo anno. Una flessione del 3% circa che rappresenta un’inversione di tendenza rispetto alle aspettative di ripresa, alimentate dall’allentamento monetario della Bce. Se i tassi di interesse mostrano un calo significativo, il ritiro del credito segnala una prudenza diffusa tra banche e imprese, in un contesto economico ancora fragile. È quanto segnala un report del Centro studi di Unimpresa, secondo cui il contesto internazionale aggrava la situazione. La Germania, primo mercato di sbocco italiano, ha chiuso il 2024 con un pil a -0,1%, mentre le esportazioni italiane verso l’area euro sono diminuite del 1,8% su base annua. La produzione industriale italiana, pur in lieve recupero (+0,9% a novembre 2024, Istat), non compensa la debolezza della domanda esterna, spingendo le imprese a ridurre la dipendenza dal credito. Inoltre, il rapporto tra prestiti e pil delle società non finanziarie è sceso al 35,2% a dicembre 2024, contro il 36,1% di fine 2023, un indicatore della contrazione dell’attività economica. “La politica monetaria della Bce, che nel corso del 2024 è diventata progressivamente più accomodante, avrebbe dovuto essere una boccata d’ossigeno per le imprese italiane. I tre tagli ai tassi, culminati nel tasso sui depositi al 2,50% a marzo 2025, erano un segnale chiaro: allentare la stretta per rilanciare l’economia. Eppure, quel sollievo fatica a raggiungere chi produce. La cinghia di trasmissione tra Francoforte e le banche italiane non si muove alla giusta velocità, e il risultato è sotto gli occhi di tutti: i tassi d’interesse restano a livelli ancora troppo alti, il costo del credito è inaccessibile per molte imprese, specie le pmi che rappresentano il 70% del nostro pil. Questa lentezza è inaccettabile. Le imprese, schiacciate da un contesto di incertezza, hanno bisogno di credito a costi sostenibili per investire e innovare. Invece, si trovano di fronte a tassi che, pur in discesa, restano un ostacolo insormontabile per chi vive di margini sottili. La Bce fa la sua parte, ma se la cinghia di trasmissione resta inceppata, l’effetto si perde. Chiediamo alle banche un impegno concreto e alle istituzioni politiche interventi mirati: garanzie pubbliche, incentivi fiscali, una pressione perché i benefici monetari arrivino davvero a chi produce. Altrimenti, corriamo il rischio di sprecare un’opportunità preziosa. Il tempo, come sempre, non aspetta” commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora. Secondo il Centro studi di Unimpresa, che ha elaborato statistiche della Banca d’Italia, a dicembre 2024, il tasso medio sui nuovi prestiti alle imprese si attestava al 4,40%, ben lontano dai livelli pre-crisi (1,85% nel 2019). Per i prestiti fino a 1 milione di euro, il costo effettivo è al 4,95%, mentre per quelli oltre 1 milione si ferma al 4,01%. Un calo di 105 punti base rispetto al 5,45% di dicembre 2023 è un passo avanti, ma insufficiente. Le banche, pur beneficiando di una liquidità in crescita (+3,2% negli attivi a dicembre 2024), sembrano trattenere i benefici dell’allentamento monetario, trasferendoli solo parzialmente. Lo stock di prestiti alle imprese, sceso di 18,85 miliardi tra novembre 2023 e dicembre 2024 (da 617,801 a 598,951 milioni), è la prova di una domanda strozzata e di un’offerta che non risponde adeguatamente. L’analisi della distribuzione per durata dei prestiti bancari alle imprese evidenzia dinamiche eterogenee. I finanziamenti fino a 1 anno si attestano a 146,1 miliardi a dicembre 2024, in calo del 3,8% rispetto ai 141,6 miliardi di dicembre 2023, riflettendo una domanda cauta per finanziamenti a breve termine. Quelli tra 1 e 5 anni scendono a 159,4 miliardi (-2,9%), mentre la fascia oltre 5 anni, con 293,5 miliardi, registra una stabilità relativa (-0,2%). Rispetto a dicembre 2023, la riduzione complessiva è guidata da un calo delle erogazioni a medio termine, che rappresentano il 26,6% dello stock totale, contro il 49% della componente a lungo termine. Ciò suggerisce che le imprese privilegiano il rifinanziamento di debiti esistenti piuttosto che nuovi investimenti, un trend confermato dal calo degli investimenti fissi lordi in Italia, scesi del 2,1% nel 2024. Sul fronte dei tassi, il 2024 porta un sollievo tangibile. Il tasso medio sui nuovi prestiti alle società non finanziarie è sceso dal 5,45% di dicembre 2023 (interpolato dai trend mensili) al 4,40% di dicembre 2024, un calo di 105 punti base. Per i prestiti fino a 1 milione di euro, il costo effettivo è passato dal 5,71% al 4,95%, mentre per quelli oltre 1 milione è sceso dal 5,26% al 4,01%. La riduzione, trainata dai tre tagli della Bce nel 2024 (portando il tasso sui depositi al 2,50% a marzo 2025), alleggerisce in linea teorica il peso finanziario: un’impresa con un prestito di 1 milione di euro risparmia circa 10.500 euro annui di interessi. Tuttavia, il divario con i livelli precrisi (1,85% nel 2019) resta significativo, e la forbice tra piccoli e grandi prestiti (94 punti base) evidenzia un accesso diseguale al credito, con le pmi che pagano un premio di rischio del 20-25% in più. Il volume delle nuove operazioni a dicembre 2024 si è attestato a 12,3 miliardi di euro, in calo del 4,5% rispetto ai 12,9 miliardi di dicembre 2023, con un’incidenza delle erogazioni garantite scesa al 15,2% dal 18,1% dell’anno precedente. Tale dinamica è la conseguenza di una minore dipendenza dalle garanzie pubbliche (esempio il Fondo di Garanzia pmi), segno che le condizioni di mercato restano sfidanti nonostante il supporto della Bce. La contrazione di 18,85 miliardi nello stock di credito non è solo un dato contabile: è un segnale di cautela. Le banche, pur beneficiando di una liquidità in crescita (+3,2% negli attivi bancari a dicembre 2024), restringono l’offerta, mentre le imprese esitano a indebitarsi in un contesto di incertezza globale – tensioni commerciali, crisi energetica e rallentamento della domanda. Il debito delle società non finanziarie, pari a 750 miliardi di euro a fine 2024 (circa 42% del pil), resta sostenibile ma vulnerabile a shock esterni, con un rapporto di copertura degli interessi salito al 6,2%. Per il 2025, le proiezioni indicano una possibile stabilizzazione dello stock di credito, con una crescita stimata dello 0,5%-1% se la Bce manterrà un approccio espansivo (Fmi, gennaio 2025). “Tuttavia, serve un intervento strutturale: estensione delle garanzie pubbliche (attualmente coperte al 70% per le pmi), incentivi fiscali per gli investimenti (esempio superammortamento al 130%), e una strategia europea per rilanciare la domanda. Senza queste leve, il calo di 18,85 miliardi corre il rischio di essere solo l’inizio di una tendenza più preoccupante. Il tempo, come sempre, sarà il giudice ultimo” conclude il vicepresidente di Unimpresa. (10 mar – red)

(© 9Colonne – citare la fonte)



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