Premiati tutti i 1500 partecipanti, non solo chi salirà sul podio – Il mondo senza barriere (come dovrebbe essere) – A Torino i Mondiali invernali per le persone con disabilità intellettive

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A Torino i Mondiali invernali per le persone con disabilità intellettive

di Roberto Rosano

Si chiamano Special Olympics World Winter Games. Sono le olimpiadi invernali delle persone con disabilità intellettive e relazionali. La 12ª edizione si sta svolgendo a Torino: sabato 8 marzo c’è stata la suggestiva cerimonia inaugurale. E fino a sabato prossimo 1500 atleti di 102 Paesi si confronteranno in 8 discipline: sci alpino, sci di fondo, danza sportiva, pattinaggio artistico, floorball (hockey), short track, snowboard e corsa con le racchette da neve.

A rendere l’idea dell’atmosfera che si respira a Torino ci pensa l’atleta Valentina Avverra: «Deve vincere non uno soltanto, ma tutto il mondo!». È proprio questa la visione umana proposta dai Giochi: misurarsi solo con sé stessi, gareggiare dando il meglio ma nel pieno rispetto degli avversari che non sono certo nemici. Anzi, sono compagni di strada.

La perfetta sintesi di questa cultura (non solo sportiva) del talento e del potenziale umano è nel giuramento che ogni atleta proclama prima di scendere in pista o in campo (e anche nella vita): «Che io possa vincere, ma se non riuscissi, che io possa tentare con tutte le mie forze».

La cerimonia di apertura, sabato scorso all’Inalpi arena di Torino, ha celebrato i valori dell’inclusione, della determinazione e della sportività con uno spettacolo di alto livello, anche con performance di artisti internazionali. La scena più emozionante è stata, senza dubbio, l’iconica sfilata delle delegazioni accompagnata dalla Fiamma della speranza che ha concluso il suo percorso — iniziato ad Atene, c’è stata anche una tappa in Vaticano — con l’accensione simbolica del braciere, a significare l’inizio ufficiale dei Giochi.

Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, presidente del comitato organizzatore, parla anzitutto della gente di Torino che, con il caloroso abbraccio di benvenuto all’aeroporto di Caselle e anche con «le sue montagne olimpiche, sta dimostrando una straordinaria capacità di coinvolgimento di scuole, associazioni, istituzioni». I volontari sono 2000. E Angelo Moratti, storico presidente Special Olympics Italia, non nasconde la gioia che i Mondiali siano in Italia, grazie alla collaborazione di tutti.

I volti e le storie che stanno riempiendo, in questi giorni, Torino e le località delle gare — Bardonecchia, Pragelato e il Sestriere — raccontano la passione rivoluzionaria di un movimento nato negli Stati Uniti d’America nel 1968 da un’idea di Eunice Kennedy Shriver (sorella del presidente John Kennedy): riconoscere i talenti e il coraggio delle persone con disabilità intellettiva e, attraverso lo sport, rilanciare la speranza in un mondo che guardi alle persone e non alle differenze.

Le storie che si incrociano oggi in Piemonte raccontano proprio il potere trasformativo dello sport, capace di abbattere tutte le barriere, non solo quelle della disabilità.

Khaled, giovane afghano e atleta partner di Special Olympics, è arrivato in Italia dopo un viaggio rocambolesco, prima del ritorno al potere dei talebani: «In un momento di grande disperazione ho trovato nello sport l’unico appiglio per rimanere attaccato alla vita».

Racconta Gianluca Perrone: «Sono una persona ipovedente, e con la sindrome di Down, che si mette sempre alla prova. Proprio oggi compio 33 anni. Pratico lo sci da quando ne avevo 8 grazie a mio padre Michele, il mio primo allenatore. All’inizio avevo un interphone nel casco, ma nel 2017 ho deciso che non mi serviva più. Ho cominciato ad allenarmi in piena autonomia, memorizzando i percorsi con l’aiuto di maestri specializzati. Nel 2020 sono stato convocato per i Mondiali a Kazan, sempre nel giorno del mio compleanno. Purtroppo quelle gare sono state annullate tra pandemia e guerra. Adesso, però, ho potuto realizzare il mio sogno: sono ai Mondiali!».

Fa presente la mamma di Andrea Ferraro, anch’egli sciatore: «Quando mio figlio aveva due anni i medici ci consegnarono una diagnosi di autismo ad alto funzionamento che temevamo potesse tarpare ogni possibilità di futuro». Invece «è stata una conquista dopo l’altra sul fronte dell’autonomia, sia nello sport sia nello studio con una laurea triennale in scienze motorie e una tesi che “dice tutto”: Sport e disabilità, connubio vincente. Il movimento Special Olympics International».



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