Effettua la tua ricerca
More results...
Si è infittito il dibattito sulle prospettive di semplificazione e conseguente riduzione dei burden amministrativi per le imprese soggette alla CSRD, dopo la pubblicazione il 26 febbraio scorso delle 5 proposte del cosiddetto pacchetto Omnibus (Commission simplifies rules on sustainability and EU investments). Un utile strumento per una loro prima analisi è contenuto nel documento Commission’s Q&A che offre un dettaglio delle semplificazioni chiave e del loro impatto.
Il capitolo 1 del Q&A illustra le motivazioni che spingono il legislatore europeo a dare impulso, anche nel solco tracciato dal Rapporto Draghi, a un modello che preveda la coniugazione di sostenibilità e competitività in una strategia globale di crescita.
Il capitolo 2 elenca i cambiamenti proposti; i primi due riguardano modifiche a direttive e i restanti tre modifiche a regolamenti. In particolare il pacchetto include:
– una proposta di direttiva che modifica la CSRD e la CSDDD;
– una proposta di posticipare l’applicazione di tutti gli obblighi di comunicazione previsti dalla CSRD per le imprese che devono presentare relazioni nel 2026 e nel 2027 (le cosiddette società delle wave 2 e 3) e posticipare di un anno, al 2028, il termine di recepimento e la prima fase di applicazione della CSDD;
– un progetto di atto delegato che modifica l’informativa sulla tassonomia e gli atti delegati sulla tassonomia in materia di clima e ambiente, soggetto a consultazione pubblica;
– una proposta di regolamento che modifica il regolamento sul meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM);
– una proposta di regolamento che modifica il regolamento InvestEu.
Il terzo capitolo descrive in che modo le imprese trarranno vantaggio da queste proposte, stimandone i benefici a partire dalla riduzione degli oneri amministrativi, ed evidenzia in che modo il pacchetto non è in contrasto ma anzi contribuisce al conseguimento del Green Deal.
I capitoli 5 e 6 descrivono rispettivamente i principali cambiamenti proposti dal pacchetto alla CSRD nonché la ridefinizione dell’ambito di applicazione (si veda “Meno imprese tenute alla rendicontazione di sostenibilità” del 27 febbraio 2025).
Il capitolo 7 descrive le principali modifiche alla CSSD.
Il capitolo 8 descrive come il pacchetto protegga le PMI e le small mid-caps da eccessive richieste di informazioni sulla sostenibilità.
I capitoli 9 e 10 meglio qualificano i benefici per le imprese attesi dalle modifiche proposte rispettivamente alla CSRD e alla CSDDD.
Il capitolo 11 mette un punto fermo sul fatto che il pacchetto non modifica la prospettiva della “double materiality”.
Il capitolo 12 tratta le principali modifiche alla Tassonomia.
A fronte di un pacchetto così articolato, si osserva che il provvedimento sulla tempistica (stop the clock) è oggetto di una proposta separata in quanto potrebbe avere un iter di approvazione più veloce rispetto alle modifiche proposte alle direttive. Quanto alla CSRD, non pare che la proposta di rinvio di due anni (primo report nel 2028) per le imprese/gruppi wave 2 svolga alcun effetto per quelli wave 1, in quanto i primi ESRS statement di questa prima fase sono ormai in via di pubblicazione.
Ci si chiede tuttavia come si comporteranno le imprese wave 1 con meno di 1.000 dipendenti che dopo aver pubblicato il primo ESRS report nel 2026 usciranno da scope senza essere nemmeno più tenute alla DNF. Sarebbe quindi auspicabile una norma transitoria che disciplini gli obblighi delle wave 1 per il 2025 e 2026 a seconda che abbiano tra 500 e 1000 dipendenti (in questo caso usciranno da scope) oppure più di 1000 (in questo caso resteranno nello scope e per queste non sembra aver senso la dilazione). In ogni caso, sino a quando la nuova direttiva non sarà recepita, restano in vigore le norme vigenti.
Quanto alle modifiche proposte alla CSRD, alcuni aspetti potrebbero non essere graditi alle banche, ad esempio il venire meno degli standard settoriali, che invece a livello internazionale qualificano i principi di sostenibilità attraverso una maggiore interoperabilità con altri standard (ad esempio, si può essere ISSB compliant se si utilizzano gli standard settoriali del SASB).
Inoltre, se da un lato si riducono le imprese in scope, dall’altro aumentano quelle che dovranno predisporre informative ESG su base volontaria secondo schemi, come il VSME di EFRAG, che incontrino le attese del mondo finanziario e degli attori di filiera. Il VSME infatti sarà preso a base di un regolamento delegato che lo trasformerà in vero e proprio standard volontario da considerarsi quale value chain cap per le informative da parte delle imprese out of scope della CSRD.
L’effetto a cascata (trickle down effect) non è tuttavia scongiurato in quanto è possibile che in uno specifico stato membro il sistema bancario continui a chiedere anche in base a regolamentazioni locali informative specifiche ulteriori, come in Italia in base ai KPI appositamente stabiliti dal Tavolo per la Finanza sostenibile coordinato dal MEF (si veda “Varo finale del documento sul dialogo di sostenibilità tra PMI e banche” del 7 dicembre 2024).
Quanto ai regolamenti, le variazioni potrebbero essere più rapide e quindi sul fronte tassonomia ed ESRS, nonché su quello dei controlli sulle emissioni incorporate nei prodotti importati (CBAM) e su quello degli Investimenti, si dovrebbe addivenire più facilmente alle modifiche proposte.
Quanto alla Tassonomia, le modifiche proposte, nel definire una soglia di materialità, intendono produrre una semplificazione dei template di reporting, ma non sembrano intaccare il potenziale di uno strumento fondamentale per attribuire sulla base di criteri scientifici il carattere di sostenibilità di una determinata attività economica, anche in ottica di contrasto al greenwashing
Certamente si apre un periodo di transizione di non facile gestione anche da un punto di vista normativo considerando che le modifiche proposte riguardano in gran parte aspetti (scope e tempistica) attualmente regolamentati nel nostro Paese dal DLgs. 125/2024 e norme da questo modificate (come la disciplina revisione legale ex DLgs. 39/2010). Saranno quindi necessari e urgenti dei provvedimenti transitori per gestire il periodo fino all’adozione e recepimento negli Stati membri delle significative modifiche Omnibus proposte.
Un percorso che sembra penalizzare i Paesi che come il nostro erano stati più diligenti nel recepire la CSRD nei tempi stabiliti dalla direttiva e dalla legge di delegazione europea.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link