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“Oliva”, “puré di patate” e “crema pasticcera” sono il genere di parole utilizzate abitualmente su uno dei profili di TikTok più seguiti al mondo, con 17 milioni di follower. Non si occupa di cucina però: a curarlo è la più famosa dermatologa di Internet, Sandra Lee, detta Dr. Pimple Popper, “dottoressa schiacciabrufoli”. A quei cibi fa riferimento nei suoi video mentre lavora sui suoi pazienti, nel suo studio in California, per descrivere le diverse consistenze delle secrezioni che estrae da cisti, enormi foruncoli o punti neri, e altre protuberanze sulla loro pelle.
I video che mostrano in dettaglio le estrazioni di questo tipo hanno reso il profilo TikTok di Lee più popolare di quelli di Donald Trump, Rihanna o Johnny Depp. Sono da anni un genere di grande successo sui social e anche in un reality show, che Lee conduce dal 2018 e che in Italia è stato trasmesso da Real Time. È un genere che tende a dividere, comprensibilmente: tante persone trovano i video rilassanti e gradevoli, altre nemmeno riescono a guardarli, incluso uno dei figli di Lee, come lei ha raccontato di recente al New York Times.
Per certi aspetti il programma di Lee è simile ad altri che trattano casi clinici e questioni estetiche o di salute, con competenza e con un certo livello di approfondimento. Alla fine di una puntata è possibile saperne di più, per dire, sulle differenze tra lipomi e steatocistomi, o tra cisti del cuoio capelluto e cisti epidermiche da inclusione. C’è anche tutta un’attenzione verso l’aspetto umano delle storie, consueta in questo tipo di programmi. Tra i pazienti ci sono persone che arrivano da ogni parte del mondo, spesso deluse e scoraggiate dopo numerosi tentativi falliti di risolvere il loro problema dermatologico.
I video però funzionano indipendentemente da questi aspetti, tra le persone che ne subiscono il fascino. Sui social ne circolano moltissimi senza alcun commento audio, con pigre musiche di sottofondo, visti da milioni di persone. Una delle spiegazioni più condivise del loro successo è che vedere spremuti punti neri e brufoli (ma anche cisti e protuberanze ben più grosse) dia ad alcune persone un senso di soddisfazione: la stessa che provano nel vedere l’acqua sgorgare da un condotto sturato, per esempio, o nel vedere qualcuno portare a termine un qualsiasi altro lavoro manuale più o meno complicato.
In generale tutte le persone sono d’accordo nel considerare i video disgustosi, ma mentre alcune provano repulsione, altre ne sono incuriosite e sembrano avere una soglia di tolleranza al disgusto molto alta. Il che non significa per forza che provino gusto a spremere brufoli e punti neri loro stesse, scrisse nel 2021 Popular Science.
Le persone che apprezzano questi video potrebbero essere attratte da qualcosa di così disgustoso solo perché ne fanno esperienza attraverso uno schermo, non sulla loro pelle, ma in una situazione priva di pericoli reali, sotto controllo e non improvvisa. Riescono a esporsi a quel tipo di stimolo perché non li riguarda direttamente, insomma. Un meccanismo psicologico simile è alla base dell’attrazione degli appassionati di cinema horror verso i film che fanno paura e spesso anche disgusto, appunto.
– Leggi anche: Perché alcuni cibi ci disgustano?
Il disgusto è considerata un’emozione primaria perché in grado di attivare un comportamento necessario alla sopravvivenza. I fluidi corporei tendono a suscitarlo con una certa facilità perché sono veicoli abbastanza potenti di malattie, disse nel 2018 al sito Live Science Daniel Kelly, professore di psicologia alla Purdue University, nell’Indiana, e autore di un libro sul disgusto.
Secondo Kelly, anche se suscitano reazioni diverse, i video che mostrano enormi punti neri e brufoli da schiacciare tendono in generale a essere notati, perché sono «un’anomalia fenotipica», ed è nella natura umana notare cose da cui stare alla larga. Probabilmente lo è anche condividere video che mostrano i motivi del disgusto, perché è un modo di comunicare potenziali pericoli nell’ambiente.
Le persone reagiscono diversamente ai video anche sotto l’aspetto neurocognitivo, secondo uno studio del 2021 dell’università di Graz, in Austria. Gli autori e le autrici misurarono l’attività cerebrale di 80 persone sottoposte alla visione di brevi filmati, considerati simili per il tipo di dinamica dei fluidi che mostravano. Alcuni video mostravano zampilli d’acqua che fuoriuscivano da una fontana, altri il lavaggio a vapore di pavimenti o di macchine, e altri ancora la spremitura di un brufolo o di un punto nero.
Le risonanze magnetiche funzionali (fMRI) eseguite sulle persone che dicevano di apprezzare anche i video dei brufoli mostrarono, durante la visione, un aumento dell’attività cerebrale nelle aree coinvolte nei processi cognitivi della ricompensa (quelli che ci fanno sentire appagati in varie circostanze). Mostrarono invece una minore attivazione delle aree che regolano le reazioni alle cose che non ci piacciono. «Alcune persone amano il disgusto», ha detto al New York Times la psicologa Anne Schienle, una delle autrici dello studio, definendo questo tipo di piacere una sorta di «masochismo benigno».
Nel caso di Lee è probabile che al suo successo abbia contribuito in una misura significativa anche tutto il contorno delle storie che racconta. Alcune persone che la seguono, per esempio, dicono nei commenti ai video che il suo tono di voce rilassante e rassicurante è ciò che rende accettabili scene altrimenti schifose. Dicono di guardare i suoi contenuti prima di addormentarsi, o anche prima di cena sorseggiando un bicchiere di vino. Un’utente dice di guardare un video di Lee ogni volta che sente che sta per avere un attacco di panico.
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