infiltrazioni e danno alla salute

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La Terza Sezione civile della Cassazione, con l’ordinanza n. 5791/2025, depositata il 4 marzo (trovi il testo dell’ordinanza qui), si è pronunciata su un caso in materia di danni da infiltrazioni in ambito condominiale. La vicenda trae origine da una controversia tra proprietari di immobili adiacenti, con contestazioni relative alla legittimazione attiva e passiva, alla natura dei danni e alla corretta individuazione dei soggetti obbligati al risarcimento. La decisione della Corte si inserisce in un contesto più ampio di interpretazione della disciplina sulla responsabilità da cose in custodia e sulla prova del danno alla salute derivante da infiltrazioni. 

Consiglio: il “Formulario commentato del nuovo processo civile” aggiornato alle ultime novità normative e giurisprudenziali, offre un supporto pratico e operativo per affrontare ogni fase del contenzioso civile.

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Formulario commentato del nuovo processo civile


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Lucilla Nigro
Autrice di formulari giuridici, unitamente al padre avv. Benito Nigro, dall’anno 1990. Avvocato cassazionista, Mediatore civile e Giudice ausiliario presso la Corte di Appello di Napoli, sino al dicembre 2022.

 

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Il caso

La proprietaria di un appartamento citava in giudizio il proprietario dell’immobile sovrastante lamentando danni al soffitto e alle pareti di un balcone cagionati da infiltrazioni d’acqua e ravvisando la sussistenza di una responsabilità da cose in custodia ex art. 2051 c.c. L’attrice chiedeva la condanna alla riparazione dei danni e la rimozione delle cause delle infiltrazioni, nonché il risarcimento di tutti i danni subiti.

Il convenuto, tuttavia, eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva, sostenendo che le infiltrazioni non derivavano dal proprio immobile, ma dal lastrico solare condominiale. Il proprietario chiedeva la chiamata in causa del condominio il quale, costituitosi in giudizio, negava ogni responsabilità e anche la legittimazione attiva della proprietaria danneggiata.

Il Giudice di Pace accoglieva la domanda dell’attrice, riconoscendo la responsabilità del convenuto per le infiltrazioni; lo condannava, inoltre, al pagamento della somma necessaria per il ripristino dei danni accertati in sede di consulenza tecnica d’ufficio (CTU). Escludeva ogni responsabilità del condominio.

In appello, il Tribunale rigettava l’impugnazione del convenuto, confermando l’assenza di responsabilità del condominio, ma accoglieva l’appello di quest’ultimo, dichiarando l’attrice priva di legittimazione attiva e rigettando così la sua domanda risarcitoria.

Avverso tale decisione, la proprietaria presentava ricorso in Cassazione.

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La prova del danno alla salute derivante da infiltrazioni: la decisione della Corte

La ricorrente, col secondo motivo di ricorso, aveva denunciato la mancata indicazione, nella sentenza del Tribunale, delle “ragioni di fatto” della decisione e la omessa motivazione sul rigetto della pretesa risarcitoria circa la violazione del diritto alla salute, quale diritto soggettivo individuale, assoluto e fondamentale della persona umana, comprensivo della pretesa ad abitare in un ambiente di vita accettabile”.

La Suprema Corte ha confermato la decisione del Tribunale, rigettando integralmente il ricorso della proprietaria.

La Cassazione ha evidenziato che, sebbene la ricorrente avesse lamentato un danno alla salute derivante da infiltrazioni, la domanda in tal senso non era stata adeguatamente articolata nei gradi di merito. In particolare, nel ricorso per cassazione non veniva chiarito in quale momento del processo e con quali modalità fosse stata formulata tale istanza. L’assenza di una specifica allegazione documentale o probatoria ha reso impossibile valutare l’esistenza di un pregiudizio effettivo alla salute dell’attrice.

Limitazione della domanda risarcitoria ai soli danni patrimoniali

La sentenza di primo grado aveva riconosciuto esclusivamente il danno patrimoniale, quantificato nel costo di ripristino dell’immobile danneggiato, senza alcun riferimento al danno alla salute.

La Corte ha sottolineato che, qualora la ricorrente avesse richiesto il risarcimento del danno alla salute e il Giudice di Pace non l’avesse riconosciuto, l’attrice avrebbe dovuto impugnare tale omissione con appello incidentale. Tuttavia, nel giudizio d’appello, la proprietaria non aveva mosso alcuna censura in tal senso. Pertanto, la Suprema Corte non avrebbe potuto prendere in considerazione la richiesta, in sede di legittimità.

La Cassazione ha ribadito che il danno alla salute, quale pregiudizio non patrimoniale, essendo ontologicamente differente dal danno materiale subito dall’immobile, avrebbe richiesto una puntuale allegazione e una dimostrazione autonoma, non potendo essere presunto solo in base all’esistenza delle infiltrazioni. La mancata articolazione di un quadro probatorio adeguato ha quindi comportato il rigetto del motivo di ricorso.

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Conclusioni

L’ordinanza n. 5791/2025 della Cassazione ribadisce principi fondamentali in materia di responsabilità da cose in custodia ex art. 2051 c.c. e prova del danno alla salute derivante da infiltrazioni.

Il diritto alla salute, quale diritto soggettivo individuale, è comprensivo della pretesa ad abitare in un ambiante di vita accettabile. Pertanto, in caso di lesione del diritto alla salute derivante da infiltrazioni, il danneggiato può chiedere il risarcimento del danno.

Tuttavia, il danno alla salute rientra nella categoria dei danni non patrimoniali ed è differente, dunque, dal danno materiale subito dall’immobile: pertanto, richiede una puntuale allegazione e una dimostrazione autonoma, non potendo essere presunto solo in base alla presenza di infiltrazioni.

 





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