Prima di entrare nel gotha (finanziario) dei potenti della terra, conobbe la vita del mozzo, del facchino, del portalettere e del centralinista. E, comunque, con l’atteggiamento aggressivo che avrebbe animato un pirata all’assalto del bastimento. Aristotele Onassis – famiglia di origini turche ma greca per inclinazione – trasformò l’indigenza in ricchezza diventandone l’icona fisica. La vitalità «prorompente» che l’ha accompagnato nelle transazioni finanziarie e durante le feste con il jet set planetario, è documentata nel libro che – non a caso – è intitolato: Prendersi tutto. Anna Folli che lo firma (edizioni Neri Pozza) ha riletto la vita di Onassis che riusciva ad apparire – contemporaneamente – spregiudicato sciupafemmine e affarista con il fiuto del predatore. L’ha descritto sulla spiaggia del mar Egeo «dove aveva imparato a sbracciare nell’acqua prima ancora di camminare». Lo ha colto negli anni trasgressivi di una giovinezza spensierata all’ombra dei traffici commerciali di padre e zii. E ne ha registrato il dolore – sordo come la morte – per la scomparsa del figlio Alexandros, ucciso in un incidente aereo. Folli ha corretto anche qualche inesattezza biografica che il gossip – anche senza malizia – aveva costruito trasformando l’equivoco in certezza. A cominciare dal fatto che si riteneva fosse nato a Salonicco (il 21 settembre 1900) mentre venne al mondo a Smirne una manciata di anni più tardi (il 20 gennaio 1906).
Per battezzarlo, scomodarono l’intero pantheon della classicità richiamando il filosofo Aristotele, il «maestro» Socrate e il capostipite dei poeti epici Omero. Anche se, a dispetto di tanta magniloquenza, gli stessi familiari abbreviarono i nomi che loro stessi gli avevano attribuito e presero a chiamarlo «Ari». Quelle province dell’Anatolia – dove l’Europa sfuma confondendosi con l’Asia – stavano conoscendo anni di esuberanza finanziaria. Il commercio stava aprendo negozi e magazzini per merci con il risultato che l’import-export andava moltiplicando guadagni e opportunità. Tuttavia alla ricchezza economica corrispondeva l’inquietudine politica che divideva – e qualche volta faceva scontrare – le popolazioni di etnia turca e quelle di origine greca. I dissidi deflagrarono il 9 settembre 1922, quando i turchi ritennero di risolvere la questione alla radice utilizzando l’esercito. La provincia fu messa sott’assedio e Smirne (13 settembre) si trovò avvolta dalle fiamme che il poyraz, soffiando da est, gonfiò spingendo la popolazione verso le spiagge nella speranza – spesso delusa – di trovare spazi vuoti per proteggersi dalle fiamme. Morirono in ventimila e le rappresaglie furono a tratti brutali. Al vescovo metropolita Crysostomos Kalefatis cavarono gli occhi, strapparono il naso e mozzarono le orecchie. Aristotele, Socrate, Omero Onassis se la cavò facendo il contrabbandiere di cibo a favore dei turchi e quando si accorse che non sarebbe bastato per salvarlo dalla vendetta nemica s’infilò nella stiva di una nave e clandestinamente approdò prima ad Atene e poi in Argentina.
Anche il Sudamerica era terra dove si potevano concludere buoni affari. A condizione di disporre di capitali d’investimento. Lui poteva contare su un centinaio di dollari, che fece fruttare «rubando» le informazioni che si scambiavano i banchieri di Buenos Aires. Dopo mille lavori che gli consentirono di tirare a campare nella capitale argentina, trovò infatti impiego in una società telefonica. Allora, le conversazioni avvenivano passando per una sede centrale dove un operatore, spostando degli spinotti collegava i due interlocutori. L’operatore era nelle condizioni di ascoltare le persone che dialogavano. E Onassis si accorse che, fra questioni banali, litigi e interferenze, spuntavano anche informazioni sull’andamento dei mercati finanziari che i patron dell’economia erano in grado di determinare (spesso) ma che (comunque) conoscevano con anticipo rispetto alla gente normale. Ecco che lo sfacciato «telefonista» sfruttò quelle indiscrezioni che gli arrivano in anteprima e riuscì a mettere insieme un gruzzoletto che, per un ragazzo, profugo e senza famiglia, non erano nemmeno da buttare via.
Il gioco però s’interruppe nel 1929, quando le Borse scoppiarono, provocando la Grande depressione e bruciando capitali che erano andati consolidandosi per decenni. Tuttavia anche le crisi più devastanti non soffocano per intero il genio imprenditoriale. Onassis aveva messo insieme 120 mila dollari che investì nell’acquisto di una nave. Una società canadese alle soglie della bancarotta dovette disfarsene e, a prezzo davvero concorrenziale, mise nelle mani di quel giovane europeo il primo pezzo di una flotta destinata ad assumere contorni poderosi. A farsi sentire era il richiamo di quel mare che lo aveva ubriacato da bambino. Fatto il primo passo non è complicato aggiungerne un secondo e poi mettersi a correre. Così l’avventura economica di Onassis non ha conosciuto altri ostacoli. Il guadagno di un’iniziativa finiva per finanziarne un’altra e poi altre ancora. Si trovò con 80 imprese e un portafoglio che gli consentiva – praticamente – di comprare tutto quel che voleva. Anche il successo con le donne. Lui non era bello. Aveva il fisico degli scaricatori di porto. Piccolo di statura, braccia corte, torso pronunciato e spalle larghe. Ma sotto quel ciuffo di capelli brizzolati prima del tempo e dietro le lenti affumicate da presbite stava custodito un patrimonio di esperienze e di successi. Parlava con voce roca che teneva volutamente bassa e si atteggiava come avrebbe fatto un incantatore di serpenti. Ciascuno gli si avvicinava per non perdere nemmeno un sospiro e tutti restavano catalizzati nell’ascoltare furibonde traversate nell’oceano, voli intercontinentali (quando gli spazi aerei erano ancora immensi) visite esotiche e incontri politici. Il portafoglio di cui disponeva rappresentava un buon catalizzatore d’interesse. Ma lui – di suo – era in grado di aggiungere il fascino della vita vissuta con racconti non occasionali. Le donne non avevano occhi che per quell’uomo sempre in bilico tra business e mondanità; e, a detta dei biografi, nessuna ebbe motivo di lamentarsi. Si sposò tre volte. Il primo matrimonio – forse l’unico ispirato da vero amore – avvenne con Tina Livanos dalla quale ebbe due figli (Alexandros e Cristina). Gli altri due coronarono relazioni «forti». Fu tormentato il tempo con la soprano Maria Callas che fu capace di infiammare le platee dei teatri di mezzo mondo e che, per anni, incatenò Onassis in un gioco di «lascio e ritorno» che rappresentò una specie di filo conduttore delle cronache rosa degli anni a cavallo fra 1950 e 1960. Poi venne Jacqueline che era affascinante di suo ma che, per il fatto di essere la vedova del presidente degli States John Fitzgerald Kennedy, assassinato a Dallas nel 1963, si portava dietro un alone tormentato che aggiungeva potenza attrattiva.
In realtà, lui stava corteggiando Lee Radziwill che di Jacqueline era la sorella e che, in occasione di una festa organizzata su uno yacht (che sembrava, piuttosto, una città galleggiante) la presentò a Onassis. Nemmeno i pettegolezzi si spinsero (in quella circostanza) a disegnare scenari intimi che, tuttavia, non è così complicato supporre che avvennero. L’amore si manifestò ufficialmente quattro anni dopo quando, alla fine della storia fra Jacqueline e un Lord inglese, Onassis le chiese di sposarlo. Il matrimonio fu celebrato sull’isola di Skorpios, nello Ionio, il 20 ottobre 1968. La cerimonia non fu sfarzosa, eppure costò l’equivalente di 200 milioni di euro di oggi e venne classificata come «la più costosa del secolo». Difficile, in ogni caso, eguagliarla. Si cominciò quando le 17 erano scoccate da pochi minuti. Il cielo era coperto e cadeva una pioggerellina «dritta, sottile ma fastidiosa». Per il matrimonio, lei scelse un abito bianco di Valentino. I giornali, specialmente quelli statunitensi, non la presero bene, però. Titolarono l’avvenimento con disappunto come se, con quella nuova relazione, la ex first lady degli Stati Uniti avesse rinnegato il passato per cancellarlo del tutto. Più che la descrizione dell’avvenimento in sé, i resoconti (soprattutto per le riviste) si sforzarono di descrivere i 170 punti che corredavano «il contratto» di matrimonio. Era previsto come e per quanto tempo dovessero comportarsi i futuri coniugi.
Comunque, non durò a lungo. All’inizio di febbraio del 1975, Onassis venne ricoverato per problemi alla cistifellea. I chirurghi scelsero di operarlo ma le sue condizioni di salute generale erano già abbastanza compromesse. La vita l’aveva consumata a tutta velocità. Morì dopo qualche settimana, il 15 marzo 1975. Cinquant’anni fa il patrimonio di Onassis venne stimato in 800 milioni di dollari (che oggi potrebbero equivalere a 4,8 miliardi di euro). La cifra ha un’importanza relativa: Aristotele apparteneva già alla leggenda.
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