dal campanile più alto d’Italia alle mummie di Venzone

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Il Friuli-Venezia Giulia è una Regione a statuto speciale dell’Italia nord-orientale. Il doppio nome la identifica subito come una di quelle Regioni dall’identità complessa ed eterogenea, il cui territorio è formato da zone storicamente e culturalmente distinte. Il Friuli, infatti, corrisponde grossomodo ai territori di Pordenone, Udine e Gorizia, che occupano la maggior parte dell’area centrale e occidentale della Regione. La Venezia Giulia, invece, corrisponde alla sottile striscia di terra che corre tra la Slovenia e il Mar Adriatico. È la Regione più orientale dell’Italia del nord, ha una superficie di 7936,83 km2 e una popolazione di 1.194.616 abitanti. Il Friuli-Venezia Giulia è davvero una Regione dalla personalità sfaccettata, sia da un punto di vista territoriale (comprende infatti rilievi alpini, fasce collinari, pianura, laghi, fiumi, coste…) sia da un punto di vista culturale. La sua posizione di confine, infatti, la caratterizza da secoli, se non addirittura millenni, come terra di passaggio, di scambio e di incontro tra influenze mediterranee, slave e germaniche.

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Le 10 curiosità sul Friuli-Venezia Giulia

Perché il Friuli-Venezia Giulia ha due nomi

Il Friuli-Venezia Giulia è diviso in due diverse regioni storico-geografiche: il Friuli, che comprende la maggior parte del territorio e ingloba la pianura friulana e i rilievi delle sottosezioni delle Alpi Carniche e delle Alpi Giulie, e la Venezia Giulia italiana, che si sviluppa come una stretta fascia costiera nel territorio di Trieste; nel Friuli sono comprese le attuali province di Udine, Pordenone e, solamente in parte, Gorizia, mentre la Venezia Giulia era formata dalla provincia di Trieste e dalla restante parte della provincia di Gorizia. Il nome Friuli ha antiche origini: deriva infatti dal latino Forum Iulii, con il quale i Romani identificavano un insediamento militare, un castrum, elevato proprio da Giulio Cesare a forum (cioè mercato) e che corrispondeva a quello che sarebbe diventato poi il comune di Cividale del Friuli. Il toponimo Forum Iulii fu poi contratto nei secoli successivi fino a diventare, appunto, Friuli. La Venezia Giulia italiana è contraddistinta dalla presenza del Carso, un altopiano calcareo che si estende tra il Friuli-Venezia Giulia, la Slovenia e la Croazia. Il nome Venezia Giulia è nato molto più tardi di quello di Friuli, per la precisione nel 1863, coniato dal linguista goriziano Graziadio Isaia Ascoli. Anche questo termine ha tuttavia origini romane: “Venezia” deriva dal toponimo con cui i Romani identificavano la regione Venetia et Histria (a sua volta chiamata così perché abitata dal popolo dei Veneti); “Giulia” è riferito invece alle Alpi Giulie, il cui nome deriva a sua volta dalla gens Iulia, la famiglia a cui apparteneva Giulio Cesare.

È una delle regioni italiane più piccole

Per superficie, il Friuli-Venezia Giulia è una delle Regioni italiane più piccole: si estende infatti su un territorio di circa 7936,83 km2. Con una popolazione pari a 1.194.616 abitanti, risulta una densità di 151 abitanti per chilometro quadrato (quindi sotto alla media nazionale di 195 abitanti per chilometro quadrato). Data la sua natura di terra di confine e la variegata identità culturale e linguistica, in Friuli-Venezia Giulia si parlano ben quattro lingue ufficiali: italiano, friulano, sloveno e tedesco.

Il Friuli-Venezia Giulia non ha province

Il Friuli-Venezia Giulia non è suddiviso in province, in quanto, con la legge regionale n. 21 del 29 novembre 2019, l’intera superficie regionale è stata ripartita in quattro Enti di decentramento regionale (EDR), che corrispondono grossomodo al territorio delle quattro ex province. In particolare:

  • l’EDR Gorizia comprende 138 186 abitanti suddivisi in 25 comuni;
  • l’EDR Pordenone comprende 311 394 abitanti suddivisi in 50 comuni;
  • l’EDR Trieste comprende 228 395 abitanti suddivisi in 6 comuni;
  • l’EDR Udine comprende 516 922 abitanti suddivisi in 134 comuni.

Il Friuli-Venezia Giulia è una Regione a statuto speciale, il che significa che ha una certa autonomia nel prendere decisioni che riguardano il proprio territorio. La scelta di istituire gli EDR è finalizzata a una semplificazione dell’apparato amministrativo e burocratico nell’ottica di un’ottimizzazione delle risorse e di un più efficiente coordinamento tra le diverse realtà territoriali del Friuli-Venezia Giulia.

Il campanile più alto d’Italia

Nel piccolo comune di Mortegliano (Udine), accanto al Duomo arcipretale dei Santi Pietro e Paolo, sorge l’omonimo campanile che con la sua altezza di ben 113,20 m, è il campanile più alto d’Italia. È stato progettato nel secondo dopoguerra dall’architetto udinese Pietro Zanini, incaricato di rimpiazzare il vecchio campanile di Mortegliano: la costruzione è iniziata il 4 maggio del 1956 e si è conclusa il 22 agosto 1959. La consacrazione e l’inaugurazione sono avvenute nel settembre dello stesso anno. A differenza dello stile neogotico del vicino Duomo, il campanile è stato realizzato prediligendo forme più moderne che hanno dato vita a un edificio unico, con base a 8 facce e un’imponente struttura portante esterna e in vista.

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Il Carso e il carsismo

Nella parte sud-orientale della Regione, vicino ai confini di Italia, Slovenia e Croazia si trova l’altopiano del Carso. Le rocce calcaree del territorio sono solubili, in particolar modo dall’acido carbonico disciolto in acqua: l’azione degli agenti atmosferici, pioggia e scorrimento superficiale delle acque in primis, modellano profondamente il paesaggio creando grotte, doline, inghiottitoi e fiumi sotterranei. Questo processo chimico di dissoluzione porta l’acqua a filtrare in profondità nel sottosuolo e determina un ambiente secco e arido in superficie, in cui riescono a sopravvivere solo piante particolarmente resistenti. Il Carso è una delle aree più rappresentative di questo fenomeno geologico, che proprio da qui prende il nome di carsismo.

Palmanova, la città a forma di stella

A pochi chilometri a sud di Udine si trova una città davvero unica che, grazie alla sua singolare conformazione, si è aggiudicata il soprannome di “città stellata”. Stiamo parlando di Palmanova, una città fortezza fondata dai Veneziani sul finire del XVI secolo la cui pianta si presenta proprio come un poligono a nove punte. Palmanova fu realizzata nel 1593 sulla base di un progetto ideato e da una squadra di ingegneri della Serenissima Repubblica di Venezia per consolidare la presenza nel territorio dell’attuale Friuli-Venezia Giulia contro le incursioni Ottomane e la crescente influenza della Casa d’Asburgo. Questo centro abitato, che conta oggi poco più di 5.000 abitanti, è considerato un modello esemplare di architettura militare in età moderna ed è inserito nella lista dei Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO sotto al cappello delle “Opere di difesa veneziane tra XVI e XVII secolo: Stato da Terra-Stato da Mar occidentale”.

La diga del Vajont

Nei pressi di Pordenone, al confine tra Veneto e Friuli-Venezia Giulia si trova la diga del Vajont. Questo imponente sbarramento, alto 261,60 m (il che la rende ancora oggi una delle dighe più alte del mondo), è tristemente noto per il disastro del Vajont del 1963, quando parte del versante del Monte Toc franò nel bacino artificiale causando un’esondazione che travolse e distrusse i villaggi del fondovalle e provocò quasi 2000 vittime. Nonostante la drammatica vicenda, la diga resistette alle forti sollecitazioni ed esiste ancora oggi come monumento alla memoria: l’area è infatti visitabile attraverso percorsi guidati che ne raccontano la storia e la tragedia, con le sue cause e le sue conseguenze. Dopo il disastro la diga non è più in funzione per la produzione di energia elettrica e il bacino è stato completamente prosciugato.

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Le mummie di Venzone

Nel 1647, durante i lavori di ampliamento del duomo di Venzone (Udine) fu rinvenuta una salma risalente al XIV secolo molto ben conservata e denominata “il Gobbo” per via della sua fisionomia. Nel corso di ulteriori scavi, effettuati nei secoli successivi e nella medesima località, sono state portate alla luce una quarantina di altri corpi di persone vissute in differenti epoche. Non sembrerebbe esserci nulla di particolarmente curioso, se non fosse per il fatto che queste salme, vere e proprie mummie, sono state trovate in uno stato di conservazione davvero fuori dal comune. Questa condizione è dovuta a una mummificazione avvenuta per cause naturali: sembra infatti che le particolari condizioni ambientali e climatiche del luogo abbiano favorito la proliferazione del fungo Hypha bombycina che avrebbe intaccato i corpi in decomposizione privandoli di tutta l’umidità in breve tempo. Questa sorta di “essicazione” avvenuta per via biologica avrebbe consentito una mummificazione naturale dei corpi.

Il grissino più lungo del mondo

Benché il grissino sia una specialità gastronomica solitamente (e giustamente) associata alla tradizione piemontese, il record di quello più lungo del mondo lo troviamo invece in Friuli-Venezia Giulia. Nel 2019, infatti, proprio in questa Regione, 40 persone hanno lavorato per diverse ore un impasto di oltre 100 kg che è stato poi cotto con l’impiego di un forno mobile. Il grissino, lungo 116,55 m, dopo essere stato esaminato da un giudice del Guinness World Record, è stato servito con oltre 60 kg di prosciutto San Daniele, il celebre crudo regionale DOP, che insieme al frico, un tortino di patate e formaggio con una crosta croccante all’esterno e un cuore morbido, rappresenta una delle prelibatezze della regione.

L’invenzione dei coriandoli

I coriandoli, così come li conosciamo oggi, cioè pezzettini di carta colorata da lanciare durante il Carnevale, sembra siano stati pensati nel 1876 dall’ingegnere e inventore triestino Ettore Fenderl, conosciuto per i suoi brevetti in campo industriale e per gli studi sulla radioattività. Pare che Fenderl, in mancanza dei soldi per acquistare i tipici confetti di gesso allora in uso, abbia ritagliato dei triangolini di carta da lanciare in strada dalla finestra della sua abitazione. A suo dire, la cosa non sarebbe stata apprezzata dai passanti, che avrebbero invece invocato l’intervento delle forze dell’ordine per il sequestro dei fastidiosi coriandoli. A rivendicare la paternità dei coriandoli moderni ci sarebbe però anche il milanese Enrico Mangili, che ebbe l’idea di utilizzare gli scarti cartacei derivanti dalle lettiere usate nell’allevamento dei bachi da seta.





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