Consiglio permanente della Cei: un pensiero per il Papa, e poi Giubileo, cammino sinodale, pace ed Europa al centro dell’intervento del presidente Zuppi

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“Il nostro primo pensiero va a Papa Francesco”. Il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, ha cominciato così la sua introduzione al Consiglio permanente dei vescovi italiani, in corso a Roma fino al 12 marzo. Dal 23 febbraio scorso, ha ricordato il cardinale, è partita “una vera e propria catena di preghiera che continua a livello locale e universale”: “L’affetto della Chiesa intera si è concretizzato infatti nella preghiera spontanea, che si leva dai credenti di tutto il mondo, e dal Rosario serale da Piazza San Pietro, che è diventato ormai un appuntamento popolare di fede e di attaccamento al Santo Padre”. “Adesso è il mondo intero che si unisce nella preghiera per lui”, ha detto Zuppi: “In questa condizione di fragilità la sua figura diventa ancor di più motivo di comunione”. ”Nella partecipe trepidazione per la sua malattia, emerge la testimonianza di amore a Cristo che passa dall’esercizio del suo ministero nel confermare i fratelli nella fede e nel presiedere la Chiesa nella carità”.

“Il popolo cristiano lo ama e siamo colpiti dal fatto che pure non credenti e fedeli di altre religioni si uniscano all’invocazione per la sua salute, considerandolo un apostolo di pace e di spiritualità” ha assicurato il presidente della Cei: “Anche noi oggi, quindi, vogliamo far arrivare al Papa l’attaccamento e la preghiera dell’intera Chiesa in Italia, perché senta forte la nostra vicinanza filiale insieme con la consolazione del Padre buono, che sempre si prende cura dei suoi figli, soprattutto nei momenti più difficili della vita”.

Giubileo. “Il spinge a mettere al centro la memoria grata dei doni di Dio e il rispetto della persona umana e del creato, dei fratelli, soprattutto i più fragili”, ha osservato Zuppi, che tra le priorità di questo anno giubilare, sulla scorta del Papa, ha segnalato l’attenzione ai detenuti: di qui il rinnovo della richiesta di “iniziative che restituiscano speranza, come forme di amnistia o di condono della pena, volte ad aiutare le persone a recuperare fiducia in sé stesse e nella società, ma anche percorsi di reinserimento nella comunità a cui corrisponda un reale impegno nell’osservanza delle leggi”.

Cammino sinodale. “In un mondo che cerca facili e rapide soluzioni e che tende a delegare ad un singolo le scelte che ricadono su tutti, in un mondo che ha come registro l’ignorante e rozza polarizzazione, l’esibizione della forza come metodo per risolvere i problemi, la tentazione di scalare le classifiche per salvarsi quando sappiamo che questo avviene solo tutti insieme, il Cammino sinodale sta raccontando una possibilità diversa: quella di leggere e capire la realtà e di decidere insieme, nelle varie ma complementari responsabilità, ciò che è meglio per il futuro di tutti e che è chiesto a tutti”. È la sintesi del Cammino sinodale, la cui seconda assemblea è in programma dal 31 marzo al 3 aprile a Roma e durante il quale si discuteranno le Proposizioni da cui scaturirà il Documento finale, che sarà presentato all’assemblea generale in programma dal 26 al 29 maggio. “Siamo chiamati ad una responsabilità storica, che consiste nell’accogliere quanto è emerso in questi anni e nel concretizzarlo in scelte pastorali incisive”, ha spiegato Zuppi a proposito delle due parole chiave che hanno scandito il Cammino sinodale: comunione e missione.

Pace. “Siamo in un momento internazionale delicato. Trepidiamo per la situazione in Medio Oriente e temiamo per la fragile tregua su Gaza. Bisogna che tutti rispettino gli accordi”, l’appello del presidente della Cei. “Seguiamo con trepida attenzione quanto avviene in Ucraina, sottoposta a bombardamenti e attacchi sistematici”, ha proseguito. “Il mondo si trova immerso nella tragedia della guerra”, l’analisi. “Guardiamo con attenzione e speranza al possibile dialogo tra Ucraina e Russia, mentre auspichiamo che questo possa segnare una nuova stagione per tutti quei Paesi – tra cui Stati Uniti, Europa e Cina – che, a vario titolo, sono coinvolti nella ricerca della pace”, l’auspicio del cardinale.

Europa. “È l’ora di primerear e non di balconear”. Prendendo a prestito i neologismi creati da Francesco, il presidente della Cei ha rilanciato la proposta, già avanzata durante la Settimana sociale di Trieste, di “una Camaldoli europea”. “Ottant’anni fa, il 9 maggio 1945, finiva la Seconda Guerra mondiale sul suolo europeo”, ha ricordato: “Quella guerra è stata il frutto della follia nazionalista della Germania nazista e dell’Italia fascista. Oggi il male del nazionalismo veste nuovi panni, soffia in tante regioni, detta politiche, esalta parte dei popoli, indica nemici”. “Il nazionalismo è in contraddizione con il Vangelo”, ha ribadito Zuppi: “per questo i Padri fondatori dell’Europa presero l’iniziativa dell’unificazione europea”. “Dobbiamo investire nel cantiere dell’Europa, che non sia un insieme di Istituzioni lontane, ma sia figlia di una lunga storia comune, sia madre della speranza di un futuro umano, non rinunci mai a investire nel dialogo come metodo per risolvere i conflitti – la proposta della Chiesa italiana – per non lasciare che prevalga la logica delle armi, per non consentire che prenda piede la narrazione dell’inevitabilità della guerra, per aiutare i cristiani e i non-cristiani a mantenere vivo il desiderio di una convivenza pacifica, per offrire spazi di dialogo nella verità e nella carità”. “Guardiamo con interesse lo sforzo del Governo italiano nel suo intento di connettere la crescita di responsabilità europea al dialogo intra-occidentale per la ricerca di una pace giusta e duratura e l’indispensabile visione multilaterale nella soluzione dei conflitti”, ha sottolineato il presidente della Cei.



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