Assicurazione obbligatoria per le imprese contro le calamità naturali: perchè è una scelta giusta. Intervista a Mauro Dolce (ReLUIS) | Articoli

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L’Italia è uno dei paesi europei più esposti ai rischi naturali, con una lunga storia di eventi catastrofali che hanno avuto un forte impatto sul territorio, sulle infrastrutture e sull’economia. L’introduzione dell’obbligo di stipulare polizze assicurative contro i danni da calamità naturali per tutte le imprese rappresenta un cambio di paradigma nella gestione del rischio.

 

Polizze catastrofali obbligatorie: regole operative per le assicurazioni entro il 31 marzo
Pubblicato il Regolamento che definisce le modalità operative e attuative per gli schemi di assicurazione contro i rischi catastrofali, da stipulare da parte di tutte le imprese entro il prossimo 31 marzo 2025: tutti i dettagli su beni da assicurare, eventi da includere nella copertura, franchigie, massimali, entità del danno indennizzabile.

LEGGI L’APPROFONDIMENTO

 

Questo provvedimento mira a rafforzare la resilienza del sistema produttivo e a distribuire in modo più equo i costi della ricostruzione. Tuttavia, restano aperti diversi interrogativi: come influenzerà la sicurezza delle imprese? È una misura sufficiente per proteggere un territorio fragile come l’Italia? Ne parliamo con Mauro Dolce, presidente ReLUIS, esperto di sismica.

Andrea Dari:
L’Italia è un territorio altamente vulnerabile ai rischi naturali. Come valuti l’importanza di questo provvedimento nel contesto della prevenzione e della resilienza economica del sistema produttivo italiano? È giusto responsabilizzare maggiormente i privati e coinvolgere il settore assicurativo in un ruolo più attivo nella gestione del rischio?

Mauro Dolce:

La risposta, in termini positivi, è abbastanza scontata. L’esperienza degli eventi degli ultimi decenni ci insegna quanto sia grande l’impatto delle catastrofi naturali, non solo terremoti, sulle attività produttive. I costi conseguenti sono legati non solo alla riparazione delle costruzioni o alla perdita materiale dei prodotti, ma anche, e spesso soprattutto, all’interruzione delle attività e a tutto quello che ne consegue, fermo restando che il rischio di perdita delle vite umane, non risolvibile attraverso una semplice assicurazione, deve sempre rimanere in primo piano. Per questo è necessaria la piena consapevolezza da parte degli imprenditori dei rischi connessi alle catastrofi naturali, e tale consapevolezza passa anche attraverso l’obbligo assicurativo.

Quest’ultimo è sicuramente importante per lo Stato, che viene sgravato, almeno in parte, delle enormi spese legate al risarcimento dei danni dopo un evento, ma è importante anche e soprattutto per una crescita di consapevolezza che può indurre l’impresa ad adottare quelle azioni di prevenzione strutturale che devono rappresentare l’obiettivo vero della riduzione dei rischi.

Andrea Dari:
L’Italia è un paese a forte rischio sismico e il pericolo riguarda anche aree tradizionalmente considerate a bassa sismicità, ma caratterizzate da un’alta concentrazione industriale. Ritieni che l’obbligo assicurativo possa incentivare le imprese a investire in adeguamenti strutturali per ridurre la vulnerabilità sismica?

Mauro Dolce:

Sì, l’obbligo assicurativo può certamente incentivare le imprese a investire in adeguamenti strutturali per ridurre la vulnerabilità sismica. Quando le aziende si rendono conto del rischio economico associato ai danni da terremoto e delle conseguenti perdite finanziarie, sono più propense a intraprendere azioni preventive.

Gli interventi di miglioramento della sicurezza strutturale non solo proteggono le infrastrutture, ma garantiscono anche una continuità operativa, riducendo il tempo di inattività e le potenziali perdite economiche. Inoltre, un obbligo assicurativo ben strutturato include incentivi e sconti sulle polizze per le aziende che investono in misure di mitigazione del rischio, creando un ulteriore stimolo per adottare tali strategie.

 

Mauro Dolce – Presidente ReLUIS (Crediti: INGENIO)

 

Andrea Dari:
Il terremoto dell’Emilia del 2012 ha dimostrato quanto il rischio sismico possa avere impatti devastanti sul sistema produttivo. ReELUIS ha svolto un lavoro significativo sull’analisi della sicurezza strutturale crolli degli edifici industriali. Quali sono state le principali vulnerabilità emerse in quel contesto e cosa abbiamo imparato da quell’evento?

Mauro Dolce:

Il terremoto del 2012 ha colpito un territorio non classificato in zona sismica fino al 2003. Dunque, tutte le costruzioni realizzate prima di quell’anno, e anche per qualche tempo successivamente, erano concepite e progettate per sostenere i carichi verticali ma non le forze sismiche. Purtroppo, le strutture dei numerosi capannoni industriali prefabbricati presenti su quel territorio avevano schemi isostatici con dimensioni e capacità ottimizzate rispetto alle azioni di normativa, senza ridondanze né riserve di capacità rispetto alle azioni non previste.

A questo si aggiungono le caratteristiche peculiari del moto sismico in pianura padana, determinate dal tipo di suolo, ossia dalla coltre alluvionale di spessore anche di centinaia di metri che filtra le onde sismiche amplificando il moto nell’intervallo di periodi tra 1 e 3 secondi. Ed è proprio in questo intervallo che ricade tipicamente il periodo proprio di vibrare dei capannoni industriali, a causa della snellezza delle colonne, e in generale delle strutture verticali. Il moto sismico ha perciò determinato ampi spostamenti e, conseguentemente, effetti disastrosi, spesso a causa della caduta delle strutture di copertura semplicemente appoggiate alle strutture verticali, con sovrapposizione di appoggio molto limitato e senza dispositivi che potessero limitare gli spostamenti relativi.

Tale effetto era, talvolta, aggravato da inadeguatezza delle fondazioni e fenomeni di liquefazione legati alla natura dei terreni e alla falda superficiale. Si sono così riscontrati crolli e danni gravi per perdita di appoggio e danni alle connessioni tra elementi strutturali, collassi di elementi di tamponatura, danni ai pilastri, nonché danni a scaffalature con conseguente perdita dei contenuti portati.

A seguito di un’analisi attenta dei danni e traendo spunto dai risultati delle ricerche sviluppate in questo settore negli anni precedenti, ReLUIS, insieme al Dipartimento della Protezione Civile, al Consiglio Nazionale degli Ingegneri e ad ASSOBETON, mise immediatamente a punto un documento, le “Linee di indirizzo per interventi locali e globali su edifici industriali monopiano non progettati con criteri antisismici”.

La prima versione in bozza veniva rilasciata un mese dopo la prima scossa del terremoto del 20 maggio 2012, per fornire un supporto al tecnico che doveva affrontare il delicato problema degli interventi locali e globali sugli edifici prefabbricati con carenze nei riguardi dell’azione sismica. Il documento, molto utilizzato dai tecnici che hanno operato nel dopo terremoto sul territorio, individua le principali vulnerabilità di queste strutture progettate per soli carichi verticali e propone interventi di facile e rapida esecuzione e di grande efficacia, inquadrabili anche nell’ambito degli interventi locali previsti dalle Norme Tecniche per le Costruzioni.

Andrea Dari:
Il patrimonio edilizio industriale italiano è in parte vetusto e caratterizzato da una grande variabilità costruttiva. Inoltre, negli ultimi anni le mappe sismiche e le norme tecniche sono cambiate, imponendo nuovi criteri di valutazione della sicurezza. Quali segnali dovrebbero far scattare un campanello d’allarme per un imprenditore e spingerlo a verificare le condizioni strutturali del proprio capannone?

Mauro Dolce:

A prescindere dai casi specifici che richiedono accurati sopralluoghi, indagini e valutazioni, alcuni elementi di carattere generale e di facile verificabilità devono rappresentare punti di attenzione per avere una prima idea generale della vulnerabilità di un edificio e, più in particolare, di un capannone industriale. Fermo restando che la pericolosità, sia essa sismica, che idraulica o idrogeologica, del sito della costruzione in esame è il primo aspetto da porre in attenzione, l’anno di progettazione dell’edificio è fondamentale per quanto riguarda il rischio sismico, e va confrontato con alcune date nelle quali si sono avuti cambiamenti radicali in termini di criteri di classificazione sismica del territorio e di criteri e regole di progettazione.

In particolare, per quel che riguarda la classificazione, nel 2003, con l’Ordinanza del Presidente del Consiglio n. 3274 del 20 marzo 2003, venivano introdotti nuovi criteri di classificazione sismica che ampliavano le zone 1, 2 e 3 dal 45% al 75% del territorio nazionale introducendo anche la zona 4 nel restante 25%. In quell’occasione veniva sancito che tutto il territorio italiano è interessato dai terremoti, come qualche mese prima il terremoto di S.Giuliano di Puglia aveva tristemente evidenziato e poi il terremoto del 2012 in Emilia confermato, e, dunque, che tutte le costruzioni devono essere progettate con criteri antisismici.

Altra data fondamentale è il primo luglio 2009, data di entrata in vigore dell’adozione obbligatoria delle nuove Norme Tecniche per le Costruzioni emanate con DM 14 gennaio 2008, che stabilivano un quadro normativo chiaro e completo per quel che riguarda la progettazione sismica, e introducevano nuovi criteri e regole di dettaglio che superavano significativamente quelli contenuti nelle norme del 1996.

Dunque, a prescindere da situazioni favorevoli specifiche, per scelta individuale del progettista dell’epoca, il confronto con la classificazione sismica del territorio e con il tipo di norma utilizzato per la progettazione, semplicemente sulla base dell’anno di progettazione del manufatto in oggetto, può sicuramente fornire un primo importante elemento di giudizio dell’adeguatezza della costruzione. L’entità dei terremoti attesi è, come detto, anch’essa un aspetto fondamentale di valutazione del rischio ed è commisurata al livello di classificazione sismica (zona 1, 2, 3, 4) o, ancor meglio, al livello di pericolosità sismica (parametro ag), così come definita dal modello di pericolosità emanato con l’OPCM 3519/2006 e adottato dalle NTC 2008.

Andrea Dari:
L’obbligo assicurativo potrebbe effettivamente spingere le imprese a investire in misure di prevenzione e mitigazione dei rischi. Tuttavia, per rendere questa transizione più efficace, pensi che sarebbero necessari nuovi strumenti di supporto o incentivi per le aziende che adottano strategie di riduzione della vulnerabilità?

Mauro Dolce:

Non c’è dubbio che per intraprendere azioni onerose per la riduzione del rischio occorre averne piena consapevolezza. In questo senso, l’obbligo assicurativo svolgerà sicuramente una funzione positiva, non solo perché evidenzia il problema in maniera ineludibile, ma ancor più in quanto, come recita l’articolo 4 comma 1 del regolamento, “il premio è determinato in misura proporzionale al rischio, anche tenendo conto della ubicazione del rischio sul territorio e della vulnerabilità dei beni assicurati…“. Un effetto positivo lo potrà produrre anche il comma 2 dello stesso articolo, che impone di tener conto delle misure adottate dall’impresa per prevenire i rischi e proteggere i beni.

È peraltro evidente che, mentre l’adozione dell’assicurazione trasferisce il rischio economico, totalmente o parzialmente, essa non risolve il problema fondamentale della protezione della vita o, rimanendo ancora in campo economico, quello dell’interruzione delle attività produttive.

Pertanto, la soluzione vera rimane sempre, soprattutto per il rischio sismico, quello dell’intervento strutturale di miglioramento o adeguamento che, grazie a una drastica riduzione della vulnerabilità e quindi dei possibili danni prodotti dal sisma e dei conseguenti tempi di ripristino delle attività, sia capace di consentire la continuità operativa anche dopo l’evento.

Sarebbero sicuramente utili supporti tecnici che possano indicare alle aziende quali potrebbero essere le azioni di tipo strutturale e non strutturale da adottare ai fini della riduzione del rischio, come avvenuto nel post-terremoto del 2012, fornendo soluzioni semplici e facilmente applicabili anche senza l’interruzione delle attività. L’occasione della stipula del contratto assicurativo potrebbe, in tal senso, essere sfruttata per sensibilizzare ancor di più l’imprenditore sull’opportunità di effettuare prevenzione strutturale, anche con l’utilizzo di opuscoli appositamente concepiti per mostrare a interlocutori non competenti come l’intervento potrebbe essere non costoso e di facile applicazione.
Naturalmente, ulteriori incentivi economici sarebbero estremamente utili, ma devono essere compatibili con la complessa normativa sugli aiuti di Stato alle imprese.



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