«Amnistia per i detenuti. In Europa no alla logica delle armi»

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Il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, apre i lavori del Consiglio permanente della Cei – Agenzia Romano Siciliani

«Rinnoviamo la richiesta di iniziative che restituiscano speranza» ai detenuti. Come nuove «forme di amnistia o di condono della pena», ma anche come «percorsi di reinserimento nella comunità a cui corrisponda un reale impegno nell’osservanza delle leggi». Il cardinale Matteo Zuppi si rivolge a chi ha ruoli di responsabilità. E, parlando dei gesti del Giubileo perché «questa opportunità non si riduca a una successione di celebrazioni esteriori», riprende l’invito di papa Francesco nella bolla di indizione dell’Anno Santo a compiere azioni politiche e sociali a favore di chi vive dietro le sbarre, soprattutto in penitenziari come quelli italiani segnati dal sovraffollamento e diventati teatri di suicidi. Un appello che Zuppi lancia nella sua introduzione ai lavori del Consiglio permanente della Cei che si tiene da oggi a mercoledì a Roma. Nel suo intervento il cardinale presidente si sofferma sul «cantiere dell’Europa», come lo definisce, sull’impegno per la pace, sul Cammino sinodale della Chiesa italiana, ma anche sul «male dei nazionalismi», sulla crisi degli organismi internazionali, sul «linguaggio aggressivo» della politica, sull’urgenza di avere «uomini saggi».

Il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, apre i lavori del Consiglio permanente della Cei

Il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, apre i lavori del Consiglio permanente della Cei – Agenzia Romano Siciliani

Ma il primo pensiero, in apertura dell’incontro, va a papa Francesco ricoverato dal 14 febbraio al Policlinico Gemelli. «Vogliamo far arrivare al Papa l’attaccamento e la preghiera dell’intera Chiesa in Italia, perché senta forte la nostra vicinanza filiale insieme con la consolazione del Padre buono, che sempre si prende cura dei suoi figli, soprattutto nei momenti più difficili della vita», dice Zuppi. E aggiunge: «In questa condizione di fragilità la sua figura diventa ancor di più motivo di comunione». Poi sottolinea: «Il popolo cristiano lo ama e siamo colpiti dal fatto che pure non credenti e fedeli di altre religioni si uniscano all’invocazione per la sua salute, considerandolo un apostolo di pace e di spiritualità».

Tema a cui Zuppi dedica ampio spazio nell’introduzione ai lavori è quello della pace. Il cardinale arcivescovo di Bologna ribadisce che c’è «un popolo» che «non solo prega per la pace e la chiede con forza, ma anche pensa al post-guerra: se vuoi la pace, prepara la pace! È questo il vero investimento di cui oggi abbiamo bisogno». Il tutto mentre «il mondo si trova immerso nella tragedia della guerra». E spiega: «Trepidiamo per la situazione in Medio Oriente e temiamo per la fragile tregua su Gaza. Bisogna che tutti rispettino gli accordi». Inoltre, «ci sono guerre all’interno di un popolo, come in Sudan, nel nord del Congo e, nelle ultime ore, in Siria, paesi – tra l’altro – in cui l’impegno ecclesiale italiano è importante». Poi c’è il fronte dell’Ucraina, conflitto che vede Zuppi inviato del Papa cui ha affidato la sua missione di pace. «Guardiamo con attenzione e speranza al possibile dialogo tra Ucraina e Russia, mentre auspichiamo che questo possa segnare una nuova stagione per tutti quei Paesi – tra cui Stati Uniti, Europa e Cina – che, a vario titolo, sono coinvolti nella ricerca della pace. Finalmente si muovono passi per la pace». Quella del presidente della Cei è un’apertura di credito. Anche se aggiunge: «Il linguaggio, quello internazionale e quello della comunicazione, è divenuto molto duro, mirando a colpire o screditare più che a creare le basi del dialogo. Parole come armi e parole senza o con poca verità». Per questo, afferma Zuppi, «la via della pace è sempre quella del dialogo, che oggi assume anche i connotati del multilateralismo». Come a dire: non può essere solo un’intesa fra Stati Uniti e Russia a determinare le sorti di un Paese aggredito o, addirittura, quelle di gran parte del mondo. E il cardinale dice di apprezzare «lo sforzo del Governo italiano nel suo intento di connettere la crescita di responsabilità europea al dialogo intra-occidentale per la ricerca di una pace giusta e duratura e l’indispensabile visione multilaterale nella soluzione dei conflitti». Compito della comunità ecclesiale, chiarisce il cardinale, è promuovere una cultura di fraternità. «La Chiesa, tra la preghiera, la vita comunitaria e la solidarietà» intende formare «uomini e donne di pace» che rappresentano «vere risorse per la società, segnata da solitudine, competizione, conflittualità».

Il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, apre i lavori del Consiglio permanente della Cei

Il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, apre i lavori del Consiglio permanente della Cei – Agenzia Romano Siciliani

​Altro capitolo che sta a cuore a Zuppi è l’Europa. «Dobbiamo investire nel cantiere dell’Europa che non sia un insieme di istituzioni lontane», ma una «madre della speranza di un futuro umano» che «non rinunci mai a investire nel dialogo come metodo per risolvere i conflitti, per non lasciare che prevalga la logica delle armi, per non consentire che prenda piede la narrazione dell’inevitabilità della guerra, per aiutare i cristiani e i non-cristiani a mantenere vivo il desiderio di una convivenza pacifica, per offrire spazi di dialogo nella verità e nella carità». Insomma, un’Europa che non punta soltanto sul riarmo, come invece viene dichiarato in questi giorni. E il presidente della Cei rilancia una «Camaldoli europea» come risposta ai nazionalismi che sono «in contraddizione con il Vangelo», che vestono «nuovi panni», che soffiano «in tante regioni», che dettano «politiche», che indicano «nemici». Un «demone» che «non è amore per la patria, ma chiusura miope ed egoistica». In quest’ottica il cardinale valuta positivamente il nuovo protagonismo laicale scaturito dalla Settimana Sociale di Trieste dello scorso luglio: «Mi pare che, nei nostri ambienti, specie tra i giovani, ci sia voglia di dare un contributo in linea con il Vangelo, la nostra storia, il pensiero sociale della Chiesa. È il momento».

C’è, poi, il Cammino sinodale in Italia che sta compiendo i passi conclusivi. I prossimi sono la seconda Assemblea sinodale dal 31 marzo al 3 aprile a Roma; e l’Assemblea generale dei vescovi italiani a maggio, dal 26 al 29 maggio, dove sarà presentato il Documento finale. È «un lavoro corale» che «ci sta insegnando anzitutto un metodo ecclesiale, fatto di condivisione, partecipazione, pazienza e visione profetica», afferma Zuppi. Ed è anche una via nuova rispetto a «un mondo che cerca facili e rapide soluzioni e che tende a delegare ad un singolo le scelte che ricadono su tutti», un mondo «che ha come registro l’ignorante e rozza polarizzazione, l’esibizione della forza come metodo per risolvere i problemi». Invece, avverte il cardinale presidente, «il Cammino sinodale sta raccontando una possibilità diversa: quella di leggere e capire la realtà e di decidere insieme, nelle varie ma complementari responsabilità, ciò che è meglio per il futuro di tutti e che è chiesto a tutti».





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