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Abbiamo chiesto al Prof. Piercarlo Fabbio un intervento in merito al rapporto tra il Moncalvo e Alessandria in occasione della mostra in svolgimento a Palatium Vetus.
Ringraziamo il Sindaco Emerito per la consueta disponibilità e attenzione per il nostro giornale.
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A quattrocento anni dalla morte di Guglielmo Caccia, detto il Moncalvo, Alessandria rende omaggio a uno dei più grandi maestri del Seicento piemontese con una mostra presso Palatium Vetus, organizzata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. L’evento, che si inserisce nelle celebrazioni dell’anniversario, si propone di riscoprire e valorizzare l’opera del pittore attraverso un’esposizione di oltre quaranta opere, molte delle quali provenienti da collezioni private e dunque raramente visibili al pubblico.
Fin qui la notizia, nuda e cruda, dell’iniziativa culturale della Fondazione. Ma se noi volessimo ampliare la nostra conoscenza sul Moncalvo, avremmo ghiotte occasioni di approfondimento che quotidianamente ci appaiono e che, proprio in questa occasione, possiamo riscoprire a favore di un itinerario cittadino di grande valore. Del resto, la scoperta del patrimonio culturale alessandrino sembra non affascinare in tempo ordinario e questo è uno dei nostri più cocenti difetti. Ma andiamo con ordine…
Guglielmo Caccia (Montabone 1568, Moncalvo 1625) è anche noto come il Raffaello del Monferrato, artista tra i più influenti della sua epoca, interprete elegante e ricercato della pittura sacra nel periodo della Controriforma. Il suo stile, caratterizzato da una grande dolcezza espressiva e da un uso sapiente della luce, ha lasciato un segno indelebile nelle chiese del Piemonte e della Lombardia. La mostra ripercorre le tappe della sua carriera, con puntuali riferimenti alla sua bottega e all’opera della figlia Orsola Maddalena. Proprio le precarie condizioni di salute negli ultimi anni di vita del pittore avevano acuito tale collaborazione. Molte sono le sue opere ad Alessandria, Valenza, Casale (La conversione di San Paolo), San Salvatore, Mortara, Tortona, tanto per arricchire l’itinerario extra moenia.
Il legame con il capoluogo è di rilievo e ci fa immergere in un’atmosfera tra fede ed arte, atta non solo a riscoprire il codice pittorico del maestro, ma ad approfondire la lettura dei vangeli apocrifi, da cui il Caccia pesca soggetti e narra vicende che probabilmente, nella sua epoca, potevano essere assai più conosciuti di ciò che oggi avviene. Del resto, la pittura sacra integra, nelle chiese, le interpretazioni dei predicatori e aiuta chi – sono la maggioranza – non sa leggere e attraverso la multimedialità del figurativo impara, manda a memoria, individua particolari, ne fa discussione di fede, precetto di vita.
Il percorso cittadino da noi consigliato parte dal Duomo di Alessandria, che custodisce due importanti dipinti nella sacrestia capitolare: Lo sposalizio della Vergine, una tela di grandi dimensioni (253×465), e La morte di Maria, affissa di fronte alla prima. Gli episodi legati all’esistenza della Vergine sono disseminati nella Cattedrale e visibili ogni giorno: la Presentazione di Maria al Tempio, la Presentazione di Gesù al tempio, la visitazione della cugina Elisabetta, la Fuga in Egitto. Come dicevo, le tele sono anche occasione per scorrere le pagine del Protovangelo di Giacomo e di altre fonti come il Transitus Mariae, attribuito a Giuseppe d’Arimatea oppure la Dormitio Virginis. È particolare il racconto dello sposalizio di Maria: cresce nel Tempio e ad esso viene consacrata da bambina. Vi rimane fino all’età di circa 12 anni. I sacerdoti, preoccupati per la sua pubertà (poiché il sangue mestruale non poteva stare nel Tempio), cercano un marito adatto a prendersi cura di lei. Si convoca un gruppo di uomini della casa di Davide, ognuno porta un bastone. Un segno divino (in alcune versioni una colomba che esce dal bastone, ma nella versione moncalviana il bastone è fiorito con i gigli) indica Giuseppe come il prescelto, nonostante la sua età avanzata. L’uomo inizialmente è riluttante, ma alla fine accetta.
È un episodio nodale, ma delicato che il Moncalvo rende esplicito con la scelta di figure tenui e luminose.
Un altro capolavoro imperdibile è costituito da Le Nozze di Cana, conservato presso l’Ospedale SS. Antonio e Biagio di Alessandria. Questa imponente tela, realizzata tra il 1623 e il 1625, e conservata appunto nella Sala Moncalvo dell’Azienda Ospedaliera, raffigura il celebre episodio evangelico della trasformazione dell’acqua in vino.
Non ci resta che utilizzare questa occasione unica di riscoperta del grande maestro, pur partendo dalla considerazione che tali capolavori, specie nella cattedrale, sono ogni giorno visibili e soprattutto narrano la simbiosi tra arte, fede e bellezza orientandoci all’approfondimento dei temi evangelici come parte indispensabile del nostro patrimonio culturale.
Piercarlo Fabbio
Il Moncalvo e la sua bottega. Movimento e sentimento nella Controriforma è il titolo della mostra che è stata inaugurata venerdì 7 marzo a Palatium Vetus, organizzata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria.
Si potrà visitare al sabato e alla domenica dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 19 fino al 30.09.2025.
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