Teatrino Giullare: il Finale di Partita di Samuel Beckett al Teatro delle Moline di Bologna

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“Finale di partita” è forse il testo più importante della produzione drammatica e di tutta l’opera di Samuel Beckett (Dublino, 13 aprile 1906 – Parigi, 22 dicembre 1989), al punto che Theodor W. Adorno[1] partì proprio dall’analisi di questa pièce per articolare la sua interpretazione dello scrittore da lui considerato come il più rappresentativo delle complesse vicende dell’arte nella seconda metà del Novecento. Secondo il celebre filosofo, sociologo e musicologo tedesco, questo lavoro teatrale rispecchiava appieno la sua concezione dell’opera d’arte, fatalmente destinata a dichiarare la negatività del presente e a trarre la propria positività proprio da tale dichiarazione. Per lo studioso, “Finale di partita” era emblema di uno dei postulati centrali della sua teoria estetica[2], ovvero l’affinità del non dire di un linguaggio lontano dal significato con l’ammutolire. In base a questo concetto l’opera, attraverso l’autonomia della sua forma dalla dimensione empirica, si presenta come sua negazione, dando espressione, nei termini del possibile, a quanto non è, ma potrebbe essere. In altre parole, il fatto che l’opera esista e configuri un diverso orizzonte rispetto al mero esistente, rappresenta la possibilità stessa del possibile. E nel lavoro di Beckett questa possibilità di continuo vagheggiata, procrastinata e vanificata è l’affrancamento della vita offesa, una sorta di utopico risarcimento della storia catastrofica del mondo, di cui l’arte nel suo anelito al bello rappresenta la speranza.

Teatrino Giullare, “Finale di partita”, foto di Mauro Oggioni, courtesy ERT-Emilia Romagna Teatro Fondazione

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“Finale di partita” fu in origine scritta in francese e poi, secondo l’abitudine del premio Nobel per la letteratura irlandese, tradotta in inglese; venne pubblicata nel 1957 e debuttò lo stesso anno al Royal Court Theatre di Londra. Come in altre pièce dello stesso autore, in primis “Aspettando Godot” composto a cavallo tra il 1948 e il 1949 e pubblicato nel 1952, la trama è assurdamente claustrofobica e fondata sul dialogo quasi privo di azione di pochi personaggi intrappolati nel circolo vizioso della loro aspirazione a una nuova e differente realtà, sempre frustrata da misteriosi alibi paralizzanti. I due protagonisti qui sono Hamm, anziano cieco e incapace di reggersi in piedi, e il suo servo Clov, a lui complementare per la sua incapacità di sedersi. Dipendenti l’uno dall’altro e alternativamente vittima e carnefice (come Pozzo e Lucky in “Aspettando Godot”), conducono la loro esistenza litigando in una casa all’esterno della quale sembra non esserci nulla, dove abitano assieme ai vecchissimi genitori di Hamm, privi di gambe e alloggiati dentro due bidoni della spazzatura. Clov vorrebbe andarsene, ma non pare riuscirci e rimane ad obbedire agli ordini irosi e contraddittori del suo padrone, per il quale non prova nessuna pietà o affetto. Il titolo di questo enigmatico capolavoro fa riferimento alla terza e ultima parte del gioco degli scacchi, una fase caratterizzata dal ridotto numero di superstiti sulla scacchiera e dalla presenza del Re che non è più un pezzo da difendere, ma una figura di attacco. L’affinità tra il testo e il gioco degli scacchi, suggerita dallo stesso drammaturgo, è il cardine dello spettacolo attualmente in scena al Teatro delle Moline di Bologna dalla compagnia bolognese Teatrino Giullare (Giulia Dall’Ongaro ed Enrico Deotti).

Teatrino Giullare, “Finale di partita”, foto di Mauro Oggioni, courtesy ERT-Emilia Romagna Teatro Fondazione

Teatrino Giullare, “Finale di partita”, foto di Mauro Oggioni, courtesy ERT-Emilia Romagna Teatro Fondazione

Il duo, noto per la sua ricerca teatrale basata sull’idea di attore artificiale, ha infatti interpretato la pièce come allestimento per burattini senza fili in qualità di pedine su una scacchiera-palcoscenico, e due giocatori-burattinai mascherati ad animarli. Il piccolo Teatro delle Moline, situato nel cinquecentesco Palazzo Bentivoglio, oltre a essere una vera e propria perla nel cuore del quartiere universitario, è l’habitat ideale per far vivere quest’ulteriore traslazione tra il personaggio, l’attore e le sue protesi sceniche amplificando con le sue dimensioni miniaturizzate e minimali il gioco di scatole cinesi in cui la commedia ci intrappola fin da subito. Al centro della scena, un tavolo con in mezzo una possente e polverosa scacchiera, su cui i manichini si muovono facendo rimbombare i loro passi (legno su legno) e i loro gesti, manovrati da due attori dotati di maschera. Questi ultimi sono a loro volta doppiati dalle grandi ombre che la luce proietta sul fondale, che assimila il teatro a un cubo nero, una scatola magica in cui micro e macro si confondono e includono anche le poche schiere di poltroncine in cui siedono gli spettatori, ormai parte di quel mondo sarcasticamente angoscioso. Molto efficace è l’interpretazione degli attori (considerati senza distinzione tra burattini, burattinai, ombre e addirittura oggetti di scena), nel suo scandire ogni battuta del perenne alterco tra i personaggi con l’attrito delle loro traiettorie sulla scacchiera e il tonfo sordo del loro posizionarsi sulla casella al termine della mossa. Non c’è via d’uscita da quel ristretto perimetro dove i due sono condannati a odiarsi e la schematicità dei movimenti degli attori artificiali amplifica il senso di coercizione e di follia di cui il dialogo è intriso. Uno spettacolo consigliatissimo da vedere, in cui l’originalità dell’espediente scenico utilizzato si dimostra particolarmente funzionale a valorizzare le atmosfere e le specificità drammaturgiche del dramma brechtiano, senza alterarne l’essenza.

[1] Theodor W. Adorno, Tentativo di capire il “Finale di partita”, in Noten zur Literatur (1974), trad it., Note per la Letteratura, Einaudi, Torino, 2012
[2] T. W. Adorno, Ästhetische Theorie, Suhrkamp, Frankfurt a. M. 1970 (ora in Gesammelte Schriften, VI, a cura di R. Tiedemann, Suhrkamp, 1973), trad. it. Teoria estetica, Einaudi, Torino 2009, p. 381

Info:

Teatrino Giullare. Finale di Partita
Dal 06/03/2025 al 08/03/2025 h21:00
09/03/2025 h18:30
Teatro delle Moline
Via delle Moline, 1/b – Bologna
www.bologna.emiliaromagnateatro.com




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