a cura di Souad Sbai – Ex leader del Fronte al-Nusra, Joulani ha annunciato alcuni anni fa la sua rottura con al-Qaida e ha iniziato a usare il suo vero nome, Ahmed al-Sharaa. Ha inoltre abbandonato il turbante afghano e l’uniforme militare per indossare abiti formali, nel tentativo di convincere i leader stranieri e i siriani di essere in grado di ricostruire il suo paese devastato e di guidarlo verso la democrazia.
JIHADISTI A DAMASCO
Tre giorni prima del suo arrivo nella capitale, Tahrir al-Sham annunciò ufficialmente che il suo leader, Abou Mohammed al-Joulani, avrebbe abbandonato il suo pseudonimo jihadista per riprendere il suo nome di nascita: Ahmed Al-Sharaa. Quest’ultimo è ora designato come leader della transizione in Siria. Con questa presa di potere Al-Sharaa inizia un nuovo capitolo del suo percorso, assumendo il controllo del futuro dello Stato siriano. Appena giunto alla guida del Paese ha incontrato Barbara Leaf, sottosegretario di Stato Usa per gli Affari del Vicino Oriente dell’amministrazione presieduta da Joe Biden. La donna è stato uno dei primi funzionari americani a confrontarsi con lui a Damasco dopo la caduta del clan Assad. In un’intervista rilasciata alla stampa, la Leaf l’ha in seguito descritto come un «uomo metodico dotato di un pragmatismo notevole».
UOMO METODICO DOTATO DI PRAGMATISMO NOTEVOLE
In quei giorni, un comandante militare di Tahrir al-Sham venne filmato mentre liberava ufficiali e soldati dell’esercito siriano, dicendo loro: «Andate, siete liberi», riferendosi egli a una scena celebre della storia islamica. Tuttavia, alcune contraddizioni permangono evidenti. Durante gli incontri con le delegazioni europee al-Sharaa ha rifiutato di stringere la mano alla ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock e ha preteso che una cittadina siriana indossasse il velo prima di posare con lui per una foto. Nel corso di una successiva intervista televisiva, a questo proposito ha dichiarato che «la società siriana è completamente diversa nella sua composizione, nella sua natura e nel suo modo di pensare», mentre più di recente ha affermato che «se la democrazia significa che il popolo sceglie chi lo governa e chi lo rappresenta in parlamento, allora sì, la Siria sta andando in questa direzione».
NOMINE AI LIVELLI APICALI DELLE FORZE ARMATE
Ma pochi giorni dopo ha riunito i leader di diciotto fazioni islamiste alleate, note per la loro radicalità, che lo hanno immediatamente proclamato presidente della transizione, in assenza di alcun processo democratico o di una consultazione con l’opposizione siriana, i capi tribali, le minoranze o altri gruppi armati. Parallelamente, la sua amministrazione ha posto diversi jihadisti stranieri in posizioni militari apicali, una decisione che ha generato preoccupazioni per la sicurezza, rischiando di danneggiare la propria immagine a livello internazionale. Tra i nuovi reclutati vi sono combattenti provenienti da Cina, Asia centrale, Turchia, Egitto e Giordania. Tre di loro sono stati promossi al grado di generale e almeno altri tre hanno ottenuto quello di colonnello. Il quotidiano statunitense “New York Times” ha recentemente pubblicato un’inchiesta su di lui, riprendendone le dichiarazioni del passato, quando affermava che «i musulmani non dovrebbero sedere in parlamento né giurare su una costituzione scritta dagli uomini, poiché devono seguire esclusivamente la legge di Dio».
LE AMBIGUITÀ DI AL-JOULANI
Questa ambiguità tra il suo passato jihadista e il suo pragmatismo nazionalista lascia molti osservatori perplessi sulle sue reali convinzioni e sulla sua capacità di governare con moderazione un paese che riveste importanza strategica come la Siria. La storia personale di al-Sharaa si caratterizzata infatti per i continui mutamenti di schieramento. È giunto in Siria dall’Iraq grazie al sostegno ricevuto da Islamic State (Isis), per poi rompere con quella organizzazione. Quindi ha giurato fedeltà ad al-Qaida, salvo poi annunciare la sua separazione dal gruppo nel 2016. Ad avviso di Arwa Ajoub, dottorando all’Università di Malmö, in Svezia, ed esperto di terrorismo in Siria, «la storia di Ahmed al-Sharaa è emblematica di una costante ricerca del potere, più che della rigida adesione a un’ideologia. È profondamente cambiato e questo cambiamento è sincero. Da un lato, il suo pragmatismo è incoraggiante e offre un po’ di speranza, dall’altro il livello di concessioni che è disposto a fare per restare al potere è però inquietante».
QUANTO È DAVVERO COESO IL NUOVO REGIME SIRIANO?
Finora, gli impegni del nuovo regime faticano a concretizzarsi. Una delle principali promesse fatte da al-Sharaa era quella relativa alla formazione di un governo inclusivo entro il primo marzo 2025, ma questa scadenza è trascorsa senza che al riguardo venisse fatto alcun annuncio ufficiale. Un ritardo che solleva interrogativi sulla credibilità della sua leadership, indice inoltre delle profonde divisioni tra le fazioni che lo sostengono. L’inclusione nel sistema di potere di laici o di appartenenti alle minoranze appare altamente improbabile, aspetto questo che rende la situazione maggiormente complessa. Il ministro degli Esteri, Assad al-Shaybani, ha cercato di rassicurare i siriani della diaspora dicendo loro che «il futuro governo sarà una sorpresa», tuttavia si nutrono seri dubbi su tale ottimismo. Al riguardo, l’esperto di governance Zaidoun al-Zoubi ha ammonio sui rischi conseguenti a una esclusione delle correnti politiche e sociali, sostenendo che una mancanza di diversità potrebbe compromettere la stabilità del regime.
IL VENTO DEL DESERTO
Sulla piattaforma social “X” il giornalista siriano Ayman Abdel Nour ha riassunto la situazione con le seguenti parole: «Le promesse senza azioni sono come il vento nel deserto: sollevano la polvere, ma non placano la sete». Un’affermazione che riflette il crescente scetticismo nei confronti di un potere i cui fondamenti appaiono ancora fragili e le cui alleanze potrebbero divenire un ostacolo a qualsiasi reale cambiamento».
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