Da quando le donne sono entrate a far parte della Polizia di Stato sono trascorsi più di 40 anni. Eppure sono ancora molte le caratteristiche che le differenziano dai colleghi. “E non può continuare così”, dicono dal Gruppo Donne Silp Cgil.
Le gonne della divisa delle poliziotte, simbolo di un divario più ampio secondo il Gruppo Donne Silp Cgil.
Discriminazioni, molestie, mancanza di tutele. È quanto lamentano le poliziotte che lavorano negli uffici di polizia, come Lucia, che ha raccontato la sua esperienza a Fanpage.it: “Non mi sento tutelata dall’amministrazione – ha detto – A quaranta anni dall’ingresso delle donne in polizia di Stato ci sono stati pochi passi avanti. E spesso, come dimostra la mia storia, subiamo degli atteggiamenti e delle molestie inaccettabili”.
A lanciare l’allarme, in occasione della Giornata Internazionale dei Diritti delle donne dell’8 marzo, il Gruppo Donne Silp Cgil, sindacato stesso della Polizia di Stato. “Per le poliziotte esiste ancora un codice di abbigliamento obsoleto e troppa attenzione al lavoro di cura, sia nell’ambito lavorativo che all’interno della famiglia: spesso dire di essere madri o di volerlo diventare può rappresentare un freno nella propria carriera”, fanno sapere.
Le differenze iniziano dall’abbigliamento
Molestie e discriminazioni: questo è quanto vivono nell’ambito lavorativo all’interno degli uffici di polizia, secondo le denunce del Gruppo Donne Silp Cgil. Nessuna è esentata dal vivere situazione simili che si ripetono, di giorno in giorno e di grado in grado.
“In Polizia di Stato continua ad essere presente un codice di abbigliamento obsoleto, che obbliga le donne agenti in servizio di rappresentanza a indossare gonne, è ormai un simbolo di problemi sistemici più ampi e che ostacola la progressione delle donne a causa di restrizioni discriminatorie su tatuaggi e body art, in netto contrasto con la mancanza di restrizioni analoghe per il personale maschile (che, invece, indossano pantaloni lunghi, ndr)”. I problemi iniziano al concorso per diventare poliziotte, quando vengono analizzate tutte le parti del corpo che restano scoperte dalla divisa. Anche le gambe, per le donne. Non soltanto tatuaggi, ma anche le cicatrici derivanti dalla rimozione di essi può rappresentare un problema per chi decide di iniziare la carriera nelle forze di Polizia.
Le poliziotte con la divisa.
Il lavoro di cura: un freno nella carriera delle poliziotte
“Non c’è riconoscimento per il lavoro domestico e di cura non retribuito – continuano dal sindacato – Questa disparità è ulteriormente amplificata dalla mancanza di norme che permettano una condivisione proporzionale delle responsabilità tra i genitori, con ricadute inevitabili per le donne nella carriera“.
I problemi, infatti, dopo il concorso continuerebbero anche quando le poliziotte si propongono per ruoli più apicali, soprattutto nei reparti che prevedono trasferimenti frequenti o una maggiore operatività. In alcuni casi, secondo quanto appreso da Fanpage.it, sarebbe stato chiesto alle poliziotte se avessero o volessero avere dei figli. Una domanda del genere, oltre ad essere illegale, evidenzia la differenza di trattamento fra poliziotti e poliziotte: “Sappiamo per certo che ai colleghi non vengono poste queste domande – spiegano a Fanpage.it – È per questo che alcuni reparti finiscono per essere prettamente maschili, sebbene i colleghi siano padri di famiglia, anche loro con figli a carico”.
Gender pay gap: la disparità degli stipendi
Oltre al lavoro di cura e al codice di abbigliamento, negli uffici di polizia grava anche la disparità di retribuzione economica. “La struttura stipendiale, apparentemente paritaria, maschera profonde disuguaglianze derivanti dalle aspettative sociali, impedendo una giusta progressione di carriera per le donne – fanno sapere con una nota dal Gruppo Donne Silp Cgil – Per questo chiediamo l’implementazione di politiche per affrontare il divario salariale di genere e creare un ambiente di lavoro più equo, compresa una revisione del codice di abbigliamento e la promozione di una cultura che riconosca e valorizzi il contributo delle donne all’interno della Polizia di Stato. L’impegno deve essere quello di proseguire la propria attività di advocacy per un luogo di lavoro più giusto”, è l’esigenza, manifestata oggi.
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