Perché il Modello Sala a Milano è un problemone per il centrosinistra

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Che cosa sta succedendo a Milano? Il punto di Stefano Feltri, curatore di Appunti.

Sappiamo dall’inchiesta della Procura di Milano e dalle ultime ordinanze di arresto che le cose sono ben diverse: tutti i protagonisti dell’intreccio tra funzionari comunali responsabili di approvare i progetti, architetti e costruttori sapevano che quello che si è fatto a Milano negli ultimi anni era illegale, e di una illegalità così palese da risultare perfino imbarazzante per loro stessi.

E per questo i protagonisti di quel sistema hanno scritto e dettato la legge Salva Milano ai loro referenti politici che poi dovevano farla passare in Parlamento e rendere il “modello Milano” un modello nazionale.

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A Milano si abbattevano capannoni di due piani e si costruivano torri di 23 e 16 piani, senza autorizzazioni, soltanto con mere comunicazioni, con una Scia. La legge nazionale lo impedisce ma a Milano – sostevano tutti gli esponenti del sistema e il sindaco Sala fino all’altro giorno – non vale la legge, prevale un’altra interpretazione. Perché soltanto a Milano? Lo spiega Marco Daniele Engel presidente dell’Istituto Nazionale di Urbanistica della Lombardia, intercettato: “E’ solo Milano che si sente forte abbastanza da dire chi se ne fotte”.

La procura di Milano ha chiesto e ottenuto dal giudice l’arresto di un ex dirigente del Comune, il 68enne Giovanni Oggioni: era stato direttore dello Sportello unico per l’edilizia del Comune, nel 2021 è andato in pensione e poi è diventato vice presidente della Commissione per paesaggio e al contempo segretario dell’Ordine degli Architetti, oltre che consulente dell’associazione di imprese Assimpredil che sottopone i suoi progetti al Comune.

La figlia è stata assunta da una delle aziende impegnate nei progetti immobiliari per i quali serviva il via libera del Comune, e i pm considerano quell’assunzione una specie di ricompensa per Oggioni.

Proprio Oggioni, insieme all’architetto Emilio Marco Cerri, si vanta di aver trasmesso direttamente il testo della legge Salva Milano ai loro referenti politici, Tommaso Foti, l’ex capogruppo di Fratelli d’Italia, ora ministro per le Politiche europee, al leghista Alessandro Morelli e al leader di Noi Moderati Maurizio Lupi, aspirante candidato sindaco per tutto il centrodestra alle imminenti elezioni comunali di Milano.

È chiaro che la svolta nella vicenda, con la probabile fine di ogni tentativo di condonare il modello Milano e dunque il modello Sala, è un problema soprattutto per il centrosinistra.

Per due ragioni. La prima è che il centrosinistra è al governo della città dal 2011, prima con Giuliano Pisapia, poi con Giuseppe Sala. Dunque non può certo prendere le distanze da un modello di sviluppo della città fondato sull’edilizia illegale che finora ha non soltanto difeso ma celebrato.

La seconda ragione è che il Movimento Cinque stelle è sempre stato molto critico su quel modello urbanistico. E’ vero che a Milano i Cinque stelle sono sempre stati marginali, ma ora che questo caso è nazionale scava un solco profondo tra due leader già distanti su molti argomenti, cioè Giuseppe Conte ed Elly Schlein.

Conte rivendica la fondatezza della posizione dei Cinque Stelle. Schlein, che negli ultimi mesi ha evitato con cura di schierarsi su una vicenda che riguardava soprattutto il partito che guida, adesso si limita a constatare che “non ci sono più le condizioni” per procedere con la legge Salva Milano. Ma quello che l’inchiesta rivela è che le condizioni non c’erano mai state, cioè che non c’è mai stata l’ambiguità normativa rivendicata dal sindaco Sala, non c’è mai stata una necessità di proteggere investimenti avviati: c’era soltanto un gruppo di potere che cercava di fare cose che non si potevano fare.

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Pierfrancesco Majorino, responsabile delle politiche per la casa del Pd, capogruppo in Regione Lombardia e uno dei possibili candidati alla successione di Sala, in una intervista a Repubblica continua a negare la gravità delle evidenze emerse.

Parla del sindaco Sala come “oggetto di manovre nell’ombra”, una formula quantomeno singolare visto che il sindaco è stato il primo promotore del tentato maxi condono e ha cercato in ogni modo di silenziare chi denunciava l’illegalità del sistema, fino a spingere la Giunta comunale a votare una azione legale contro il giornalista Gianni Barbacetto, una cosa senza precedenti.

E’ molto improbabile che i grattacieli abusivi costruiti forse soltanto grazie alla corruzione siano abbattuti. Ma gli abitanti di Milano possono almeno pretendere che venga rasa al suolo l’intera classe dirigente che dalla maggioranza e dall’opposizione ha supervisionato a questo scempio e ha provato a sanarlo con la legge Salva Milano che speriamo sia davvero abbandonata per sempre.

(Estratto da Appunti)



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