È morto in ospedale dopo essere stato trasportato dai colleghi di lavoro, ormai agonizzante, con gravissime lesioni riportate precipitando dal tetto di un capannone dove erano in corso lavori di ristrutturazione. L’ennesima vittima di un incidente sul lavoro, questa volta a Leini, in provincia di Torino.
A perdere la vita è stato Ramadan Abdelkarim Alaa Ragarb, trentacinque anni, di origini egiziane. Un’altra croce che si aggiunge alla lunga lista di morti bianche, un’altra tragedia che riaccende il dibattito sulla sicurezza nei cantieri, tra norme spesso disattese e controlli insufficienti.
Ma questo episodio solleva anche interrogativi inquietanti, perché la vittima non è arrivata in ospedale su un’ambulanza del 118, ma trasportata d’urgenza dai compagni di lavoro. E, come se non bastasse, una volta al pronto soccorso, questi ultimi hanno persino tentato di depistare i medici, raccontando che l’uomo era caduto in casa.
La verità è venuta a galla poco dopo. Un volo di dieci metri dal tetto del capannone di via Edoardo Agnelli 20 a Leini si è rivelato fatale per il giovane operaio. Ramadan Abdelkarim Alaa Ragarb viveva a Torino e lavorava per un’azienda esterna incaricata del montaggio di un ponteggio. Secondo le prime ricostruzioni, l’uomo stava camminando sul tetto quando, sotto il suo peso, la struttura ha ceduto. Non c’erano protezioni. Nessuna imbracatura, nessuna rete di sicurezza: un salto nel vuoto senza appigli, una caduta senza speranza.
A quel punto, invece di chiamare immediatamente i soccorsi, i colleghi di lavoro hanno scelto un’altra strada, carica di ombre e di domande ancora senza risposta. Hanno caricato il 35enne su un’auto e lo hanno portato direttamente al pronto soccorso dell’ospedale San Giovanni Bosco di Torino. Un gesto disperato, forse dettato dalla paura di conseguenze legali. Ma quella bugia, raccontata ai medici, non ha retto a lungo. Le fratture e le lesioni riportate dalla vittima non erano compatibili con una caduta domestica. Sono stati proprio i sanitari a intuire che qualcosa non tornava e ad allertare i carabinieri.
Purtroppo, per Ramadan Abdelkarim Alaa Ragarb non c’era più nulla da fare. Le sue condizioni erano troppo gravi e, nonostante gli sforzi dei medici, è morto poche ore dopo il ricovero. Solo allora, davanti alle insistenze delle forze dell’ordine, è emersa la drammatica realtà: non era stato un incidente domestico, ma un incidente sul lavoro.
Ora il capannone dove è avvenuta la tragedia è stato posto sotto sequestro. Questa mattina la procura di Ivrea, i carabinieri e i vigili del fuoco, con l’ausilio di droni, hanno effettuato un lungo sopralluogo per ricostruire l’accaduto. Toccherà agli ispettori dello Spresal dell’Asl To4 verificare il rispetto delle norme di sicurezza. Da un primo esame, appare evidente che le misure di protezione fossero inesistenti. Una negligenza che potrebbe costare molto cara ai responsabili.
La procura sta ora vagliando la posizione dei colleghi della vittima e del datore di lavoro, a carico del quale sarà probabilmente aperto un fascicolo per omicidio colposo. Gli inquirenti stanno cercando di capire se un intervento tempestivo del 118 avrebbe potuto salvare l’operaio. Un altro elemento da chiarire è la posizione lavorativa della vittima: secondo gli accertamenti, era impiegato in un’azienda di impalcature di proprietà di un parente. L’assunzione era regolare? La ditta rispettava le normative sulla sicurezza? E, soprattutto, perché i colleghi hanno scelto di nascondere la verità ai medici?
Un episodio che ricorda da vicino un altro caso avvenuto solo un mese fa nel Torinese, a Collegno. Allora la vittima fu un operaio edile di 22 anni, di origine peruviana, rimasto gravemente ferito in un cantiere e abbandonato davanti al pronto soccorso di Rivoli dai suoi datori di lavoro. Anche in quel caso la verità emerse solo dopo i primi rilievi medici. Il titolare della ditta è ora indagato.
Ancora una volta, si parla di sicurezza nei cantieri. Ancora una volta, si piangono vittime che potevano essere evitate. Ancora una volta, si tenta di nascondere la realtà, come se negare l’evidenza potesse cancellare le responsabilità.Ma di fronte alla morte di Ramadan Abdelkarim Alaa Ragarb, ci si chiede fino a quando dovremo assistere a questo scempio. Fino a quando il profitto conterà più della vita.
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