Fraternità della Visitazione, una casa di accoglienza dove tutti si sentono come in famiglia – ValdarnoPost – Notizie Valdarno

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Se dovessi parlare della Fraternità come associazione, direi che essa non è un’associazione statica ma è un luogo circolare, dove la vita entra e esce in tante modalità, in tante culture, in tante lingue e colori, modi di mangiare e odori. Questa casa è nata perché la vita ci potesse circolare.”

Così Suor Simona introduce Fraternità della Visitazione, la casa di accoglienza fondata da lei e altre due suore, Suor Letizia e Suor Lucia a Pian di Scò.

Siamo nati nel 2001 da un’intuizione con l’aiuto del vescovo Giovannetti che ha creduto in questa intuizione e ha fatto sì che questa piccola casa abbandonata, una piccola canonica in punta a una collina, diventasse un punto focale per vivere con le porte aperte.”

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Da allora questa piccola casa è divenuta rifugio per chiunque avesse veramente bisogno d’aiuto, ha visto passare più di 800 persone e nascere circa 40 bambini.

Noi siamo quattro suore, ma la Fraternità si chiama così perché non dipende solo dalle suore, laici, famiglie, volontari, persone di altre religioni che vivono insieme non come in comunità, ma proprio come fratelli. Un modo di vivere che ha anticipato diciamo la “Fratelli Tutti” di papa Francesco. Questo è fondamentale, perché quando è uscita questa enciclica mi sono messa proprio a ridere, ho pensato che forse il papa aveva letto nella nostra vita.”

Nonostante sia stata fondata da cattolici, la comunità è aperta a persone di qualsiasi religione e attualmente ospita sette religioni diverse.

“Per noi non è un problema vivere insieme, non c’è una discordia, è il contrario di quello che sta succedendo nel mondo ora, il confine della diversità diventa un luogo d’incontro, non di scontro. Un luogo di appartenenza e famiglia.”

Proprio la parola “famiglia” è il collante che tiene insieme tutto ciò: non ci sono differenze fra le persone all’interno della comunità, tutti si trattano come fossero parenti, come fratelli o cugini, con le suore che fanno da nonne o da zie per tutti.

“Come vedete noi non siamo vestite da suore, anche se lo siamo, per scelta proprio: la nostra scelta è vivere in mezzo alle persone come ha fatto Gesù.”

Un traguardo notevole, poiché nonostante questo quadretto appaia idilliaco, non bisogna dimenticare che molte delle persone accolte all’interno di questa comunità sono scappate da veri e propri inferni. Il fatto che riescano a ritrovare il sorriso grazie al lavoro delle suore, dei volontari e al clima di convivialità che permane nell’area è prova lampante che l’intuizione alla base della Fraternità stia funzionando. A tal proposito, Suor Simona parla delle prime persone a cui fornirono rifugio:

“Una mattina alle 07:00 ha suonato il campanello e una donna con una bambina di 5 anni per mano ha suonato chiedendo aiuto perché scappava da una situazione famigliare violenta. Quando sono andata ad aprire la porta ho incontrato questa donna che mi ha colpito, mi ricorderò sempre questa faccia, perché non mi ero accorta dalla terrazza che in braccio aveva una bambina e la sua vita era dentro una borsa dell’Esselunga. Una busta di plastica che noi buttiamo conteneva la vita di questa persona. Quello è stato il primo contenitore che abbiamo visto come vita vera. Da lì sono passate circa altre 370 persone donne vittime di abusi, poi ci sono stati sfratti esecutivi, allontanamenti, bambini nati qui perché le mamme sono arrivate con la pancia di 9 mesi. Cose che hanno costruito questa Fraternità.”

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Quella che una volta era una piccola canonica abbandonata è così divenuta una casa dove “vive l’uomo” e questo contesto attira non solo attira chi si ritrova a dover chiedere aiuto, ma anche molte persone che desiderano dare una mano, tra cui molti ragazzi e ragazze come Sofia, che svolge il servizio civile nella Fraternità da maggio dello scorso anno e racconta la sua esperienza:

Una volta entrata qua mi sono resa conto di cosa significa vivere ciò che vivono loro tutti i giorni, una realtà bella ma anche dura da comprendere, perché secondo me una persona da fuori non se ne rende conto. Ciò che mi ha fatto capire queste cose, questa responsabilità, è guardare i bambini, che è ciò che facciamo più spesso e quando una mamma all’interno della Fraternità lascia un bambino nelle tue mani ti da tanta responsabilità, capisci ciò che hai intorno, le realtà che ti puoi immaginare, ma che se non vivi non puoi veramente capire.”

Proprio questa realtà, spesso dura da digerire ma comunque innegabilmente vera, è quello che si portano dietro i molti volontari come Sofia nel loro bagaglio di esperienze, addolcita dal fatto che grazie ai loro sforzi sono riusciti ad alleggerire il peso che altri portano sulle loro spalle. Un’esperienza di vita vera, in tutto il bene e il male che c’è.



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