Dalle cronache manoscritte del ‘400 ai sonetti romaneschi di Gioacchino Belli
Il recente evento sismico dello scorso 4 marzo che ha svegliato i folignati nel cuore della notte ha ricordato a tutti che la città convive praticamente da sempre con i terremoti. Un legame tutt’altro che piacevole, ma di fatto il ‘centro del mondo’ sorge in una zona altamente sismica. Non a caso, in tempi antichi la piana folignate era conosciuta nelle regioni vicine con l’appellativo di ‘terra ballerina’ proprio per i frequenti sciami sismici che da secoli l’hanno caratterizzata.
A tal proposito si narra ancora di un’antica leggendaria tradizione che riguarda l’etimologia stessa della città, secondo la quale, le case stesse venivano costruite in legno onde evitare i pericoli legate ai movimenti tellurici, da qui le origini del nome Foligno, ovvero ‘fu di legno’. Ma questa viene bollata dagli storici e dagli studiosi di storia locale come una suggestiva narrazione senza alcun fondamento di verità. Tanto basta però per far capire quanto la convivenza forzata con i terremoti faccia intrinsecamente parte della storia del territorio.
La ‘recente’ storia dei terremoti a Foligno
Le prime notizie scritte ufficiali, testimoniano un terremoto sin dal lontano 1477 durato da gennaio a maggio; tre secoli più tardi viene presa nota di uno sciame sismico durato dall’ottobre al dicembre del 1702 per poi tornare a farsi sentire il 14 e 16 gennaio ed il 2 febbraio dell’anno successivo.
Altra data funesta, quella del 27 giugno 1719, ed ancora il 27 luglio del 1751 per poi ripetersi quarant’anni dopo nel 1791 con scosse a partire dall’11 ottobre e proseguite per circa un anno e mezzo. Siamo ancora a ottobre, nel 1831 quando venne annotato che con “una violenta scossa alle 11.30 caddero tetti e pareti” successivamente il 6 novembre “in quasi tutte le case si aggravarono i danni”.
L’anno dopo, nel 1832 il 13 gennaio “divennero inagibili quasi tutte le abitazioni” e dal 18 gennaio “una forte scossa” avvio uno sciame sismico sino al mese di aprile con epicentro nella zona di Budino dove si registrarono 17 morti. Vennero allestite baracche di legno con pertiche e fascine e ai terremotati furono assegnati “casotti in spazi aperti”: una sorta di villaggi di emergenza d’altri tempi. L’elenco prosegue riportando altri anni: nel 1838, nel 1853 ed ancora nel 1878 e 1898 sino all’8 aprile del 1915.
Le testimonianze, tra sonetti e foto
Il “terremoto di Budino” del 1832 che si verificò di venerdì 13 gennaio divenne – ai tempi – tristemente celebre anche per quattro sonetti del celebre poeta dialettale romano Giuseppe Giaocchino Belli, dove – tra gli altri – viene descritto in lingua romanesca lo scampato pericolo del nonno di un certo ‘Raimondo’ detto ‘Rimonno’ al quale cadde in testa una trave che gli amputò la mano.
E nella poesia viene descritta anche la situazione dei terremotati sfollati. Sempre legato al sisma del 1832 anche un celebre ‘ex voto’ che per grazia ricevuta fece realizzare il cantante lirico Paolo Soglia, il quale si sarebbe dovuto esibire sul palco del Teatro Apollo, meglio conosciuto dai folignati come ‘Teatro Piermarini’. L’opera si trova alla Madonna del Monte di Cesena.
Tra quelli storici di cui ancora si hanno testimonianze più ‘fresche’, quello del 1935 che si sviluppò in estate nella piana cannarese: molti folignati allestirono una sorta di tendopoli all’interno del Parco dei Canapè.
E proprio nella Cattedrale di San Feliciano, vi era una statua di Sant’Emidio di Ascoli, protettore dai terremoti, particolarmente venerato dai folignati proprio per questo motivo.
Statua che venne polverizzata durante i bombardamenti alleati del 1943 e ricollocata in Duomo dopo oltre settantanni grazie ad una donazione dell’allora Arcivescovo di Firenze Cardinale Giuseppe Betori, folignate doc, che la fece realizzare dall’artista scultore americano Cody Swanson.
Una storia secolare di eventi sismici, in cui non c’erano ‘macchine dei soccorsi’ e assistenza nella ricostruzione, ma nonostante tutto i folignati sono sempre voluti restare attaccati alla propria terra, amandola nonostante le avversità.
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