Fenomeni o meteore? Gli UHRIPUU |

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Ai primi di gennaio ci si imbatte spesso in classifiche di fine anno, poll, riepiloghi, graduatorie più o meno estese di quanto avvenuto l’anno precedente. È un universo vario e cangiante: noi qui indichiamo dieci dischi più quello dell’anno, altrove ci si azzarda a venticinque titoli, alcuni si spingono addirittura a 100, e i meno schematici lasciano campo libero, da N a NN vale assolutamente tutto.

È stato in questo modo che sono venuto a conoscenza di questo nuovo progetto solista finlandese, facente capo al solo M.M, cantante, compositore e polistrumentista come prassi quasi usuale nel black metal moderno. Prima del gennaio di quest’anno non avevo mai sentiti nominare gli Uhripuu, nati nel 2023, e ci sono discrete possibilità che pure voi veniate a sapere di loro ora, grazie a queste righe. Prolifico fin dai primi passi, M.M nel periodo tra il maggio 2023 e l’aprile dell’anno scorso ha fatto uscire quattro lavori: il primo s’intitola semplicemente Demo, con testi in inglese; i due successivi Illankoitto e Jäästä revitty maa sono invece in lingua madre. Un ritorno all’inglese è giunto nell’aprile 2024, con lo split con i conterranei Sumeus, altra band nata nel 2023 e decisamente più prolifica potendo già contare su non meno di dieci titoli in palmares. Anch’essa, ovviamente, una one-man band, il genere proposto dovrebbe essere black sperimentale/elettronico ma non ne ho ascoltato sinora neanche una nota. Se mi capita lo faccio, chissà mai che non mi piacciano. Scopro ora che poco più di una settimana fa, il 28 febbraio, è uscito il primo Lp ,Korpi kutsuu. Magari ne riparleremo.

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Ma torniamo ai nostri Uhripuu: complessivamente il nostro amico ha composto 18 canzoni nel giro di neanche un anno, e, come spesso mi capita di notare in situazioni simili, non si percepisce alcuna differenza tra il primo e l’ultimo pezzo, sembrano tutti scritti per un unico disco tanto è schematico il processo compositivo. Poi vengono pubblicati in diverse tranche, non si capisce bene per quale astrusa strategia commerciale – ammesso che ne esista una, va’ a sapere – ma quello che importa davvero è che, se uno si ascolta tutte le canzoni di fila, grosse differenze non ne nota. Tanto vale allora scriverne una volta sola per tutte: ecco perché questo articoletto ha ed avrà un tono abbastanza generico.

In effetti la formula usata da M.M. è sempre la stessa. È ancora più palese nello split, anche se è il suo quarto titolo e quindi, in teoria, già si dovrebbe notare un certo qual miglioramento dovuto alla maggior esperienza. Invece è proprio qui che troviamo i pezzi più basici – ma, ripeto, è molto probabile che i brani siano stati tutti scritti in un lasso di tempo anche più ridotto di un anno. Si parte con un riff piuttosto orecchiabile, caratteristica che si ripeterà, o con un’accoppiata di riff, su cui viene costruito l’intero pezzo, con una reiterazione insistita intercalata da un ponte impostato su un passaggio diverso, massimo due, sempre orecchiabile per quanto possibile, che si integri con il precedente riff portante che torna e ritorna fino a quando non viene deciso che la canzone è durata abbastanza.

A me questo modo di scrivere un brano ha ricordato tanto la musica dance anni ’90, ricordate? C’era il riff portante ripetuto N-mila volte in modo che entrasse in testa, un bridge diverso giusto per non rompere troppo l’anima ma alla fine il giro sul quale si reggeva il pezzo era uno ed uno solo. Facciamo un esempio a caso: Children di Robert Miles. Parte con quel riff, quello che conoscono pure i sassi anche a distanza di 30 anni ed è proprio questa la sua carta vincente: va avanti per un bel po’ di tempo fino allo stacco, e poi lo schema si ripete pari pari. Gli Urhipuu fanno la stessa cosa; in Demo i suoni sono un pelino più grezzi così come nello split, neanche fosse una chiusura del cerchio. Nei due dischi in finlandese la qualità sonora è, seppur di poco ,migliore, più curata. Le tracce sono più elaborate ma, fondamentalmente, grosse differenze tra esse, a livello tecnico-compositivo, non ci sono.

I pezzi non sono mai troppo lunghi, solo cinque si spingono oltre i 7 minuti e sono quelli in cui vengono azzardati arrangiamenti un po’ meno schematici: dalla tastierina dungeon synth, che purtroppo utilizza in prevalenza quel suono puerile alla Fra’ Martino Campanaro oggi fin troppo in voga, a qualcosa di acustico (The Descent to Torturous Rest, brano molto burzumiano), fino alla digressione epica e persino una spruzzatina di folk, che male non fa mai (Mustat tuulet kuljettavat minua, per esempio), scacciapensieri compreso. I tempi di esecuzione sono prevalentemente medio/veloci ma non ci si spinge mai al blast beat. Tra l’altro, la batteria è lo strumento più penalizzato in fase di registrazione: si sente bene il rullante che ha un suono secco e nitido, tuttavia i piatti praticamente non esistono (a mala pena si intuisce il ride) e meno che mai la grancassa, del tutto assente, tanto da domandarsi se sia presente nel drumkit. Non parliamo di fill o stacchetti stravaganti perché non è proprio questo il contesto, sembra di ascoltare un metronomo con il suono di un rullante, nulla più. Il basso è distorto e anch’esso fin troppo relegato nelle retrovie, anche se è la costruzione dei brani sui giri di chitarra non lo rende tale mancanza drammatica: le sei corde e la voce sono l’attrazione principale, tutto il resto non è indispensabile.

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Se vogliamo, riesco a comprendere l’entusiasmo che alcuni recensori hanno palesato per gli Uhripuu: è un tipo di black metal molto retrò, “facile”, immediato, di presa quasi istantanea perché semplice, poco rifinito, e le cose elementari alla fine ti entrano in testa in modo molto più immediato rispetto – che so – ad un Anthem to the Welkins at Dusk che sul piano squisitamente artistico è anni luce avanti ma che ci mette parecchio tempo in più a fare breccia, per forza di cose. Ora, a mio modo di vedere, questo è black metal di puro intrattenimento che non dispiace per qualche ascolto fino a quando non si trova in giro qualcosa di più consistente, non mi sembrano ‘sti gran fenomeni al punto da essere citati in posizioni di prestigio nelle classifiche. Lo vedo più come qualcosa di effimero che non è detto vada a durare nel tempo, tant’è vero che M.M. ha sì fatto uscire 4 titoli in undici mesi, ma poi si è fermato lì. almeno fino al full appena uscito. In ogni caso si trova tutto sul suo Bandcamp a prezzo simbolico, casomai voleste tentare l’avventura. Le edizioni fisiche invece sono le classiche cassette limitate ad un numero irrisorio di copie, giusto per creare un po’ di fomento nel mercato collezionistico, e non vale granché la pena sprecare troppo tempo a cercarle. (Griffar)





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