Prima che la guerra civile facesse crollare tutto, economia, società civile, commerci e quel poco di diritto che c’era, il Sudan era il principale produttore mondiale di gomma arabica, con l’80% della produzione globale. Un primato che il Paese, caduto in una sanguinosa guerra civile, può vantare ancora oggi, anche se questa industria si è trasformata da opportunità economica a fonte di finanziamento per i gruppi armati. Con tutto ciò che (di male) ne consegue.
IL SUDAN PRODUCE ancora oggi circa l’80% della gomma arabica utilizzata nel mondo e ne è il principale esportatore. Per capire il valore che può avere questa materia prima, potremmo provare ad aprire il cassetto della scrivania alla quale siamo seduti, prendere il pacchetto di caramelle (o i biscottini o la barretta di cioccolato o le gomme da masticare o il burro cacao) al suo interno e leggere la lista degli ingredienti.
C’è certamente l’E414, l’eccipiente più famoso al mondo, che viene spesso indicato come «stabilizzatore» e che è un polisaccaride altrimenti chiamato, appunto, «gomma arabica», la più antica tra le gomme naturali, che si presenta come una polvere finissima contenente qualche minerale e priva di valore nutrizionale.
Prodotta da due diverse specie di acacia subsahariana, la gomma arabica è tra gli eccipienti più utilizzati dall’industria alimentare: caramelle gommose, budini, sorbetti, gelati, glasse per dolci, soft drink ma anche lucidanti per scarpe, leganti per cosmetici e colle per sigarette e cartine sono solo alcuni esempi di prodotti di larghissimo consumo contenenti E414.
Insomma, è una materia prima esattamente quanto lo sono il cacao e il caffè o, più famosi di questi tempi, il coltan e il litio: oggi, in Sudan, la gomma arabica è un prodotto da mercato nero e viene trafficata dalle zone di conflitto, garantendo importanti fonti di finanziamento ai gruppi armati che ne controllano la produzione.
Si stima siano circa 5 milioni i sudanesi, circa l’11% della popolazione, che dipendono direttamente o indirettamente dal reddito generato dalla produzione della gomma arabica
IN SUDAN l’albero della gomma d’acacia cresce spontaneo lungo una fascia di 500 mila chilometri quadrati che va da Gedaref, nell’est del Paese, al Darfur, a ovest. Si stima siano circa 5 milioni i sudanesi, circa l’11% della popolazione, che dipendono direttamente o indirettamente dal reddito generato dalla produzione della gomma arabica. Tuttavia, la guerra civile che dall’aprile 2023 vede contrapposte i paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf) all’Esercito nazionale sudanese ha cambiato assetti, rotte e logiche di questo mercato, stravolgendolo: la fascia di produzione della gomma arabica è oggi un territorio perlopiù sotto l’egida delle Rsf, che dagli ultimi mesi del 2024 hanno il controllo delle principali regioni di produzione, il Kordofan e il Darfur, nel Sudan occidentale.
Da ottobre, riferiscono fonti sudanesi al manifesto, informazioni confermate di recente anche da Reuters, le Rsf riscuotono una percentuale, «una commissione» dai commercianti sudanesi di gomma arabica che trafficano il prodotto grezzo con i paesi vicini, come il Ciad, e, sempre da ottobre, le Rsf hanno vietato le esportazioni di 12 prodotti verso l’Egitto, tra cui proprio la gomma arabica, come ritorsione per alcuni raid aerei. Meno di due settimane fa, a Nairobi in Kenya, le Rsf hanno firmato uno statuto con altri gruppi armati alleati, istituendo un governo parallelo nelle zone del Sudan sotto il loro controllo.
I MERCATI INFORMALI lungo i confini sono i luoghi perfetti per gli scambi e poi, una volta entrata in Ciad, la materia prima prende la via legale che deve prendere: secondo i dati della società di consulenza agricola N’kalo, le esportazioni di gomma arabica del Ciad verso gli Stati uniti hanno raggiunto le 2.041 tonnellate nel 2024, un aumento del 37% rispetto all’anno precedente.
La Francia, principale esportatore di gomma arabica lavorata (due terzi del mercato globale) ha aumentato le forniture dal Ciad del 40%, toccando quota 12.787 tonnellate. Si tratta principalmente di «gomma dura», più costosa di quella friabile, ma la cui provenienza non è chiara vista l’assenza di certificazioni, chiamate Sedex: in Ciad tradizionalmente la gomma arabica viene prodotta nelle regioni di Chari Baguirmi, Hadjer Lamis, Guéra e Salamat, la coltura fornisce reddito a più di 500mila persone ma i volumi di produzione non coincidono con le nuove capacità di export di gomma lavorata del Ciad.
Ma non è un problema solo ciadiano: come scrive la Reuters, negli ultimi mesi i commercianti di paesi con una produzione di gomma arabica inferiore a quella del Sudan, come il Senegal, o che prima della guerra la esportavano a malapena, come Egitto e Sud Sudan, hanno iniziato a offrire in modo aggressivo la merce a prezzi bassi e priva di certificazioni di provenienza.
TUTTAVIA, L’APPETITO GLOBALE per questo prodotto ha fatto chiudere tutti e due gli occhi agli acquirenti finali: il 27 gennaio, l’Associazione per la promozione internazionale delle gomme (Aipg), una delle lobby più potenti del settore, ha rilasciato una dichiarazione in cui dice di «non vedere alcuna prova di collegamenti tra la filiera di fornitura della gomma e le forze concorrenti» sul campo di battaglia, una rassicurazione che tuttavia non aiuta a dissipare le nubi attorno a questo mercato. O meglio, alla piega che il mercato della gomma ha intrapreso con la guerra civile in Sudan: ci sono acquirenti come Nexira, Alland & Robert e Ingredion che hanno spiegato a Reuters di star lavorando per arrivare a garantire la trasparenza delle sue forniture, mentre altri acquirenti di peso, come Coca-Cola, Nestlé, Mars e L’Oreal ancora tacciono.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link