9 marzo 2012, vittoria e tragedia sul Gasherbrum I

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Tredici anni fa, alle 8.30 pakistane del 9 marzo 2012, due forti alpinisti polacchi, Adam Bielecki e Janusz Golab compiono la prima invernale del Gasherbrum I  (o Hidden Peak, 8068 metri) una delle vette più alte e imponenti del bacino del Baltoro. La cordata vittoriosa sale lungo la Via dei Giapponesi, sul versante nord-occidentale della montagna.
Nelle stesse ore tre alpinisti, che tentano di aprire una via nuova sul versante opposto della montagna, vengono visti per l’ultima volta a circa 250 metri di dislivello dalla cima, e poi scompaiono per sempre. Si tratta dell’austriaco Gerfried Göschl, dello svizzero Cedric Hählen e del pakistano Nisar Hussain.

L’impresa di Adam Bielecki e Janusz Golab

Bielecki e Golab, componenti di una spedizione diretta dall’esperto Artur Hajzer (il primo salitore dell’Annapurna d’inverno, nel 1987, insieme al grande Jerzy Kukuczka), riescono ad approfittare nel modo migliore dell’unica, breve finestra di bel tempo dell’inverno. 

La puntata verso la cima inizia dai circa 7000 metri del campo 3, e richiede ai due alpinisti, che non usano respiratori e bombole, di superare un migliaio di metri di dislivello, in buona parte di notte, con temperatura che scendono fino a 35 gradi sottozero. Un freddo che impedisce ai due di idratarsi, perché tutti i liquidi che hanno con loro si congelano. 

Dopo una brevissima sosta sulla cima, Adam e Janusz iniziano la discesa. Il tempo peggiora, nuvole e vento investono la montagna, ma i due, verso le 14, riescono a tornare al campo 3. Da qui, dopo un breve riposo, proseguono fino al campo 2, dove li attendono Hajzer e il pakistano Shaheen Baig. 

Il 10 marzo, la cordata che ha raggiunto la vetta è di ritorno al campo-base. Il gelo e la disidratazione, per loro, hanno avuto conseguenze tutto sommato accettabili, con un lieve congelamento a un alluce di Bielecki e delle bruciature sul volto di entrambi.

La tragedia sul versante meridionale

Mentre alla spedizione sul versante settentrionale del Gasherbrum va tutto bene, sul versante meridionale della montagna si consuma una tragedia di cui in Italia si parlerà molto poco.
Gerfried Göschl, Cédric Hählen e Nisar Hussain tentano la cima quasi in contemporanea con i polacchi.
La mattina del 9 marzo, mentre Bielecki e Golab arrivano in cima, Göschl chiama in Austria con il telefono satellitare e afferma di essere a 450 metri di dislivello dal punto più alto. Qualche ora dopo l’alpinista basco Alex Txikon, compagno di spedizione dei tre, li vede circa 200 metri di dislivello più in alto. Quando a metà della giornata il maltempo investe il massiccio dei Gasherbrum, però, i tre stanno ancora salendo. 

Le ricerche, che proseguono per una decina di giorni, non riescono a individuare le loro tracce. Anche i sorvoli degli elicotteri dell’Esercito pakistano hanno esito negativo. Alla fine della missione, uno dei velivoli atterra al campo-base dei polacchi, e riesce ad evacuare verso Skardu sia Bielecki sia Golab. 

Un anno prima, tra febbraio e marzo del 2011, Göschl, Txikon e il canadese Louis Rousseau avevano tentato di tracciare una via nuova sull’Hidden Peak, rinunciando a causa del ghiaccio durissimo dopo aver percorso 1500 metri di dislivello su terreno vergine. Nell’estate successiva, l’austriaco è tornato sulla montagna, e ha raggiunto la vetta per la via normale.  Prima del tentativo invernale, l’alpinista austriaco ha all’attivo sette “ottomila”, tra cui l’Everest senza ossigeno in bombole e una via parzialmente nuova sul Nanga Parbat. 

Cédric Hählen ha salito il K2, il Broad Peak e il Kangchenjunga, e nel 2006 ha compiuto la prima salita del versante cinese del Gasherbrum II East, 7772 metri, con i connazionali Hans Mitterer e Ueli Steck. Nizar Hussain è uno dei tre alpinisti professionisti del Pakistan ad aver raggiunto tutti e cinque gli “ottomila” del suo Paese. 

Le tragiche spedizioni invernali al Nanga Parbat che costano la vita a Tomasz Mackiewicz nel 2018 e poi a Daniele Nardi e Tom Ballard nel 2019 sono di là da venire, come le ascensioni invernali vittoriose dello stesso Nanga e del K2. Il cammino che conduce sugli “ottomila” d’inverno, però, è già lastricato di tragedie.   



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