Lavoro, sicurezza, dignità, cittadinanza e democrazia. Il cammino della Cgil verso il referendum che sottoporrà ai cittadini ben 5 questi che contemplano questi capisaldi parte da Avellino. Nella cornice dell’Hotel de la Ville, la segreteria provinciale guidata da Italia D’Acierno ha ospitato i massimi riferimenti regionali e nazionali: al fianco del segretario regionale Nicola Ricci, Maurizio Landini che torna in Irpinia dopo circa dieci anni di assenza.
Sono tante le tematiche che leader sindacale ha messo sul campo, partendo dal settore cuore dell’industria avellinese e nazionale: l’automotive e Stellantis. «Come è noto i sindacati stanno chiedendo da tempo che ci sia un intervento diretto della Presidenza del Consiglio e che ci sia la convocazione di un tavolo per concertare le scelte e gli investimenti da fare. Cosa che finora non è avvenuta ed è un elemento di grande preoccupazione. Siamo in un momento in cui la potenzialità produttiva di 1 milione e mezzo di auto non si sta utilizzando e anche il 2024 si è chiuso con una produzione sotto le 500mila unità. È il momento di chiedere a Stellantis di fare gli investimenti che non sono stati fatti. C’è stato anche uno sciopero unitario di tutta la categoria come non succedeva da anni. È sotto gli occhi di tutti che il settore dell’automotive e della mobilità è strategico per ogni Paese che voglia continuare ad essere definito industriale».
Altra piaga delle aree interne, ma non solo, è lo spopolamento: sono sempre più numerosi i giovani che abbandonano l’Italia, con intelligenze che vanno ad arricchire economicamente e culturalmente altre nazioni. «Si tratta di un problema generale. Negli ultimi anni sono quasi 500mila i giovani che vanno via a lavorare in altri Paese. Spesso si tratta di figure laureate, diplomate. Vanno dove possono realizzarsi e ed essere pagati di più. Parliamo di un problema serio dovuto oltre alla scarsità di investimenti ma anche ai livelli di precarietà che si sono determinati in Italia».
Ed è proprio in questa direzione che si muovono i quesiti referendari, sottolinea Landini: «Nei prossimi giorni ci incontreremo con il governo per fissare la data per i referendum. Le leggi e la logica che hanno prevalso negli ultimi venti anni, dove si è pensato di ridurre e togliere diritti – spiega il segretario -, hanno prodotto un modello fondato sullo sfruttamento. Il sistema industriale e il lavoro sono stati impoveriti. È un modo attraverso il quale giovani e cittadini hanno la possibilità di cambiare le cose».
Non si tratta di una critica a questo governo o ai partiti, ma alla totalità di amministratori e politici che negli ultimi decenni hanno contribuito a creare le difficoltà odierne: «Chiunque dovrebbe valutare cosa è successo negli ultimi 25 anni: sono calati i salari, è aumentata la precarietà, i giovani se ne vanno, il Paese sta invecchiando. Hanno raccontato che con la cancellazione dell’articolo 18 ci sarebbero state frotte di investitori pronti a sbarcare in Italia, ma a distanza di anni tutto ciò non è avvenuto. È evidente che ci sia bisogno di un cambiamento. Hanno arretrato ulteriormente il nostro Paese. Non abbiamo bisogno di investire per aumentare la spese nelle armi, abbiamo bisogno di investimenti per creare lavoro con processi di innovazione e nuovi processi di sviluppo».
Il problema resta il quorum, croce e delizia dei referendum, che se raggiunto ha effetti immediati: «Si raggiunge il quorum portando a votare 25 milioni di persone, il giorno dopo ci sono già dei risultati. Vuol dire che 4 milioni di persone che non hanno la tutela dell’articolo 18 tornano ad averla; chi lavora in imprese sotto i 15 dipendenti, ovvero altri 4 milioni di persone avranno delle tutele contro i licenziamenti che oggi non avrebbe; se parliamo delle morti sul lavoro, le troviamo nelle lunghe catene di appalti e subappalti e non potrà più farlo scaricando anche le responsabilità. Con il nostro referendum, inoltre, 2 milioni e mezzo di persone che sono da noi e lavorano da anni in Italia avranno il diritto alla cittadinanza. Non siamo contro questo o quel partito o contro il governo: bisogna cambiare quanto di sbagliato fatto da tutti nel corso degli anni. Rimettere al centro il lavoro e la persona, non il profitto. I soldi bisogna andarli a prendere dove sono, qui si continua a tassare il lavoro dipendente, le pensioni e aumenta solo l’Irpef e non si tassano i profitti, le rendite finanziarie. Siccome siamo nel Mezzogiorno – conclude Landini – senza investimenti e infrastrutture non si crea lavoro. Non si possono prendere i soldi per le armi dai Fondi di Coesione. È una follia che non possiamo accettare».
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