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Per essere modifiche legittime, le difformità rispetto al progetto originario devono rientrare entro determinati limiti percentuali, peraltro modificati dal recente Decreto Salva Casa. Il recupero dei sottotetti termici è ammesso solo se l’immobile è stato realizzato legittimamente o sanato, con rispetto delle altezze dettate dalla norma regionale di riferimento.
Come capire se una modifica edilizia rientra nei parametri delle tolleranze costruttive? Cosa è cambiato dopo il Decreto Salva Casa? Quali regole urbanistico-edilizie devono rispettare i sottotetti termici che diventano abitazioni?
Ad alcune di queste domande risponde il Tar Campania nella sentenza 1121/2025 dello scorso 10 febbraio, relativa al ricorso contro l’ordine di demolizione comunale per alcune opere edilizie eseguite in difformità al permesso di costruire.
Tolleranze costruttive e sottotetti termici: il ricorso
Secondo il ricorrente:
- il contestato incremento volumetrico rientrerebbe nell’ambito del 2% e dunque, ai sensi dell’art. 34 bis del dpr 380/2001 (tra l’altro modificato dal recente Decreto Salva Casa), nell’ambito delle tolleranze costruttive; gli ulteriori interventi sarebbero qualificabili, poi, come interventi di manutenzione ordinaria (quelli riguardanti i divisori interni) o straordinaria (gli altri interventi) per i quali non è prevista la necessità neppure della previa comunicazione o, in subordine, sarebbe applicabile la sola sanzione pecuniaria per omessa presentazione della relativa comunicazione; quanto poi ai sottotetti: si contesta il calcolo effettuato dall’Amministrazione circa le altezze interne, mentre le ulteriori difformità sarebbero, al più, sanzionabili con sanzione pecuniaria; quanto alla modifica della destinazione d’uso, essa sarebbe consentita sia dalla l. r. Camp. 15/2000, sia dai commi 4 e 7 dell’art. 2 della l. r. Camp. 13/2022;
- in ogni caso, la demolizione non potrebbe avere luogo senza pregiudizio delle parti del fabbricato legittimamente edificate;
- infine, non sarebbe stata accertata la sanabilità delle opere contestate.
Tolleranze costruttive e Decreto Salva Casa: come è cambiata la regola
L’art. 34-bis del dpr 380/2001 stabilisce che è possibile accettare minime difformità rispetto al progetto autorizzato, purché queste non comportino modifiche rilevanti in termini di volume, funzionalità o sicurezza.
In generale, la tolleranza costruttiva è fissata al 2%, ma il Salva Casa ha innalzato tale limite per gli interventi effettuati entro il 24 maggio 2024, arrivando a percentuali che possono raggiungere fino al 6%, a seconda della superficie utile dell’immobile.
Sono state introdotte deroghe percentuali alle misure previste dal titolo abilitativo che regolano parametri come altezza, distacchi, volume, superficie coperta e altri dettagli delle unità immobiliari.
In pratica:
- è rimasta invariata la norma che considera non illecito l’abuso edilizio qualora la difformità rispetto al progetto autorizzato rientri nel 2%;
- è stata introdotta una nuova disciplina che si applica solo agli interventi eseguiti entro il 24 maggio 2024, con soglie di tolleranza variabili in base alla superficie utile dell’unità immobiliare interessata dall’intervento (comma 1-bis).
Il nuovo regime delle tolleranze è il seguente:
- 2% per superfici utili superiori a 500 metri quadrati;
- 3% per superfici comprese tra 300 e 500 metri quadrati;
- 4% per superfici comprese tra 100 e 300 metri quadrati;
- 5% per superfici fino a 100 metri quadrati;
- 6% per superfici fino a 60 metri quadrati.
Tolleranze costruttive: se si sfora la demolizione è inevitabile
La ricorrente ha dunque contestato l’ordine di demolizione sostenendo che l’aumento volumetrico realizzato rientrasse nei limiti del 2% previsti dall’art. 34-bis del D.P.R. 380/2001 sulle tolleranze costruttive (oggi, come abbiamo visto, si può – in determinati casi – arrivare fino al 6%).
Tuttavia, il TAR ha respinto questa argomentazione rilevando che:
- l’incremento volumetrico effettivo superava il limite del 2%, calcolato sui volumi autorizzati;
- il sopralluogo comunale ha riscontrato nuove superfici e nuovi volumi rispetto al progetto approvato;
- gli abusi edilizi devono essere valutati unitariamente e nel loro impatto complessivo, senza una frammentazione artificiale degli interventi (Consiglio di Stato, n. 2990/2024).
Poiché l’ampliamento volumetrico è risultato ben oltre la soglia consentita, il TAR ha confermato la legittimità dell’ordine di demolizione.
Sottotetti termici e cambio di destinazione d’uso
Il TAR ha inoltre esaminato la trasformazione non autorizzata dei sottotetti termici in unità abitative, evidenziando che:
- il cambio di destinazione d’uso è stato negato poiché le altezze interne erano superiori a quelle autorizzate, impedendo l’applicazione della L.R. Campania 15/2000 sul recupero abitativo dei sottotetti.
- il Regolamento Edilizio prevedeva per i sottotetti termici un’altezza massima di 2,70 metri al colmo e 2,00 metri alla gronda, mentre i rilievi hanno accertato altezze fino a 3,23 metri, con modifiche alla sagoma dell’edificio;
- il Consiglio di Stato ha chiarito che il recupero dei sottotetti è ammesso solo se l’immobile è stato realizzato legittimamente o sanato, condizione non rispettata nel caso in esame (Cons. Stato, n. 6000/2021).
- Il mutamento della destinazione d’uso non poteva essere sanato poiché l’area era classificata zona B1 (satura), dove non è consentito alcun incremento volumetrico a uso residenziale.
Ricordiamo, in materia di sottotetti, l’importanza di verificare, a seconda della regione in cui ci si trovi, la possibilità di rendere abitabile un sottotetto.
Infatti, in virtù delle nuove norme del Decreto Salva Casa è consentito, a determinate condizioni, il recupero dei sottotetti, nei limiti e secondo le procedure previste dalla legge regionale, anche quando l’intervento di recupero non consenta il rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini. Ma la disposizione vale solo nelle Regioni che sono intervenute con propri regolamenti sugli interventi di recupero dei sottotetti.
La decisione finale
Il TAR ha confermato la validità dell’ordine di demolizione, ritenendo infondate le contestazioni della ricorrente. Ha inoltre chiarito che:
- la demolizione non può essere evitata sostenendo che arrecherebbe pregiudizio alle parti legittimamente costruite. Infatti, “ai sensi dell’art. 34 del d.P.R. n. 380 del 2001 la possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria deve essere valutata dall’Amministrazione competente nella fase esecutiva del procedimento, successiva ed autonoma rispetto all’ordine di demolizione: fase esecutiva che costituisce presupposto per l’applicazione della sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria, nella quale le parti possono dedurre in ordine alla situazione di pericolo di stabilità del fabbricato, con la conseguenza che tale valutazione non rileva ai fini della legittimità dell’originario ordine di demolizione. Quanto poi alla competenza in merito ai problemi statici conseguenti alla demolizione l’amministrazione procedente non è tenuta a valutare, prima dell’emissione dell’ordine di demolizione dell’abuso, se essa possa essere applicata, piuttosto incombendo sul privato interessato la dimostrazione, in modo rigoroso e nella fase esecutiva, della obiettiva impossibilità di ottemperare all’ordine stesso senza pregiudizio per la parte conforme“;
- il comune aveva già respinto un’istanza di sanatoria per il medesimo immobile, con decisione confermata in giudizio.
LA SENTENZA INTEGRALE E’ SCARICABILE IN ALLEGATO
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