Sciopero dei minatori britannici contro il governo Thatcher

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Negli anni Ottanta, il Regno Unito fu teatro di uno dei conflitti sociali più aspri del secolo: lo sciopero dei minatori britannici del 1984-1985. La protesta nacque dall’opposizione ai piani del governo Thatcher, che prevedevano la chiusura di molte miniere e la riduzione dei posti di lavoro. Lo sciopero si protrasse per un anno, con tensioni altissime tra operai, governo e forze dell’ordine, lasciando un segno profondo nella storia economica e politica del paese. I lavoratori lottarono per moltissimo tempo, e per un lungo periodo l’unica risposta del governo fu quella di emanare legislazioni repressive e violenze contro chi protestava. Violenze, abusi e blocchi illegittimi furono molteplici e sistemici nella società di allora, tanto nei confronti dei minatori britannici, quanto nei confronti del loro sindacato di riferimento, il NUM.

Le origini del conflitto dei minatori britannici

Nel marzo del 1984, il Regno Unito fu travolto da uno dei più lunghi e significativi scioperi della sua storia: quello dei minatori. L’industria mineraria britannica, che per decenni aveva rappresentato il cuore pulsante dell’economia del paese, era ormai in declino.

Il governo conservatore di Margaret Thatcher, determinato a ridurre il potere dei sindacati e a privatizzare le industrie statali, annunciò un piano per la chiusura di numerose miniere considerate non più produttive. Questo provocò l’immediata reazione del sindacato dei minatori britannici(NUM), guidato da Arthur Scargill, che indisse uno sciopero nazionale.

Fu proprio contro il NUM che si scatenò un’aperta campagna di sequestri, repressioni e abusi delle forze dell’ordine: il sindacato fu anche multato di un’importante somma di denaro per vari reati, il più delle volte non specificati. L’obiettivo era, ovviamente, quello di limitare l’autonomia economica del sindacato, e quindi la sua longevità nel dibattito e nella contrattazione politica.

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In quegli anni si sviluppò un’importantissima e larga solidarietà nei confronti dei minatori britannici, che riuscì a superare anche i confini inglese grazie all’uso dei social media e dei mezzi di comunicazione – come le televisioni. Furono molte le persone che parteciparono a raccolte fondi e a iniziative di sostegno economico nei confronti dei lavoratori in sciopero. In questo modo, il sentimento del movimento operaio ebbe un’importante adesione a livello europeo.

Lo sciopero dei minatori britannici si protrasse per un intero anno e divenne rapidamente un duro scontro politico e sociale. Da un lato, i minatori lottavano per la difesa dei loro posti di lavoro e delle loro comunità; dall’altro, il governo Thatcher era determinato a non cedere e a imporre le proprie politiche economiche neoliberiste. La protesta sfociò spesso in episodi di forte tensione, con scontri tra lavoratori e forze dell’ordine. Il governo mise in campo misure repressive senza precedenti, tra cui l’uso della polizia per bloccare i picchetti e il taglio dei sussidi per i minatori in sciopero.

Le divisioni interne e la crisi del sindacato

Uno degli elementi chiave che portarono al fallimento dello sciopero fu la mancanza di unità all’interno del movimento operaio. Non tutti i minatori aderirono alla protesta, e alcune regioni del paese, come il Nottinghamshire, continuarono a lavorare, indebolendo il fronte sindacale.

Inoltre, il NUM decise di non indire un voto nazionale tra i suoi iscritti prima di avviare lo sciopero, scelta che fu criticata da alcuni settori della classe lavoratrice e dagli oppositori del sindacato. La crescente pressione economica sulle famiglie dei minatori, lasciate senza stipendio per mesi, contribuì a minare il morale e a rendere insostenibile la lotta.

La fine dello sciopero e le sue conseguenze

Nel marzo del 1985, dopo dodici mesi di resistenza, il sindacato dovette arrendersi: i minatori tornarono al lavoro senza aver ottenuto concessioni dal governo. La sconfitta segnò una svolta epocale nella storia britannica, ridimensionando drasticamente il potere dei sindacati e accelerando la chiusura delle miniere. Le comunità minerarie, un tempo prosperose, furono travolte dalla disoccupazione e dalla crisi economica.

Il trionfo di Margaret Thatcher su uno dei settori più combattivi della classe operaia sancì definitivamente l’affermazione del modello neoliberista nel Regno Unito.

A distanza di decenni, lo sciopero dei minatori britannici del 1984-85 resta un simbolo della lotta tra i lavoratori e il potere politico: fu infatti uno degli eventi di protesta più lunghi nella storia dell’Occidente e, nonostante la sua sconfitta, crebbe una successiva classe operaia molto più consapevole. Il suo esito ha avuto un impatto duraturo sulla politica e sull’economia britannica, contribuendo a plasmare il paese come lo conosciamo oggi, ma sopratutto il modo delle soggettività e delle classi sociali di percepirsi davanti allo Stato come struttura burocratica di potere.

Il sacrificio e la determinazione dei minatori britannici rimangono impressi nella memoria collettiva, ricordando quanto sia ardua la battaglia per la giustizia sociale e la difesa dei diritti dei lavoratori.

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Lucrezia Agliani



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