«No all’uso dei fondi di coesione»

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Assistenza per i sovraindebitati

Saldo e stralcio

 


Un passo in più per la flessibilità, per arginare quelle ferree regole di bilancio che inchiodono l’Italia. Anche sulla difesa. Al Consiglio europeo straordinario, convocato a Bruxelles per parlare di Rearm e di Ucraina guardandosi finalmente tutti e 27 negli occhi, Giorgia Meloni arriva con le idee ben chiare sul Piano targato von der Leyen. Presentato martedì scorso, la premier si è ben guardata da lasciarsi sfuggire commenti a caldo, al contrario dei suoi due vicepremier che sin dalle prime ore hanno fatto volare stracci. L’asse che non ti aspetti, impensabile fino a una manciata di giorni fa, è con la Germania del cancelliere in pectore Friedrick Merz, che ha chiesto – subito in scia l’uscente Olaf Scholz presente ieri all’European Building – di allentare il freno al debito, al grido di un «whatever it takes» per la difesa. Liberandosi del tabù, caro ai conservatori e irrinunciabile per i tedeschi, del principio del pareggio di bilancio, il famigerato “zero nero”. L’Italia guarda oltre e, al summit a porte chiuse, chiede di intervenire sul Patto di stabilità approdando a una «revisione organica» che non si limiti alle spese per armi e sicurezza, ma coinvolga altri beni pubblici europei. A partire dalla competitività, per ridare gas al motore di un’Europa che arranca e che ora è chiamata a fare i conti con la minaccia dei dazi caldeggiati da Trump. Prematuro forse, in un tavolo in cui non mancano le divisioni, con i paesi frugali – anche se ormai a remare contro sono rimaste solo Olanda e Austria – che chiedono di porre dei “limiti”, ed altri Paesi che invece si appellano a gran voce a maggiori disponibilità. «Saluto positivamente il fatto che all’indomani della proposta di Ursula von der Leyen di aprire allo scomputo delle spese di difesa dal calcolo deficit/Pil, ci sia anche un dibattito su una revisione complessiva del Patto di stabilità», dice la premier, concedendosi una pausa dai lavori per un breve punto stampa. «Probabilmente se alcune delle cose che avevamo detto quando è stato varato il nuovo Patto fossero state ascoltate, oggi non saremmo in questa situazione..», si toglie un sassolino dalla scarpa, pur consapevole di aver votato quel Patto.

Prestito personale

Delibera veloce

 

Sull’assunto, caro all’Italia, che le spese per la difesa vadano lasciate fuori dalla stretta dei vincoli ormai nessuno sembra nutrire più dubbi, compresi i paesi con i conti in regola e gli investimenti sulla sicurezza già ritoccati all’insù. Ora c’è da capire se passerà il “lodo von der Leyen”, ovvero un tetto massimo di spesa in deroga – ma solo per la difesa – pari all’1,5% del Pil, o se si riuscirà ad andare oltre, rimettendo mano al Patto: la Commissione avrà tempo fino al 20 marzo per formulare una proposta.

Dei 5 pilastri del Piano Rearm, Meloni solleva dubbi sulla possibilità di accendere prestiti per 150 miliardi, una delle fiche che l’Ue ha calato sul tavolo e che per Roma si traduce nei timori per un debito che ha già superato i livelli di guardia. «Quando nazioni come la nostra si approcciano alla materia del debito – osserva la premier – ci sono dei rischi che vanno tenuti in considerazione». Si tratta di problemi reputazionali o di mera sostenibilità. Ecco perché al summit Meloni propone un’altra opzione, una possibile garanzia europea per gli investimenti nel comparto difesa, così da non gravare sui bilanci di Stato. «Stiamo elaborando una proposta che sarà portata dal ministro Giorgetti all’Ecofin di martedì», annuncia. Un’alternativa al famigerato schema degli eurobond tanto caro a Bruxelles. La premier rivendica poi la «battaglia» portata avanti sui fondi di coesione. Con il vicepresidente della Commissione Raffaele Fitto che è riuscito a convincere in zona Cesarini von der Leyen a sbianchettare, dalla lettera inviata ai 27, «l’obbligo di spesa» che avrebbe significato dirottare parte dei fondi di coesione alla difesa. Se l’Italia ha non si è schierata contro il principio di volontarietà al loro utilizzo, è per consentire agli Stati al confine con la Russia di spenderli per puntellare la loro difesa, ha chiarito Meloni. «Ma io – annuncia – proporrò al Parlamento di chiarire che l’Italia non intende dirottare i fondi di coesione, importantissimi, all’acquisto di armi». L’altra partita di Meloni è far rientrare ogni centesimo destinato alla difesa nel calcolo delle spese NATO, contribuendo a far lievitare quella percentuale sul Pil oggi fissata al 2% (Italia è ferma all’1,56), ma destinata a salire al 3,6-3,7% al summit dell’Aia in agenda a giugno.

UCRAINA

Quanto all’Ucraina, Meloni ribadisce il no convinto all’invio di truppe europee sul territorio. Tornando a battere sull’estensione dell’articolo 5 della Nato a Kiev, «soluzione più efficace di altre». In questo quadro, la premier rilancia l’impegno dell’Italia per un vertice Usa-Ue, al momento in stand-by. Ma non ammette giudizi di chi punta il dito contro una guerra che, per alcuni, non andava combattuta. «In questi tre anni gli sforzi fatti erano per arrivare a una pace giusta e oggi, grazie a quel lavoro, ci sono le condizioni». Quanto agli affondi di Putin su Macron, paragonato a Napoleone, «manifestazioni verso il proprio pubblico», taglia corto. Ma quando un cronista le riporta le parole del leader del Cremlino sulla volontà di prendersi tutto ciò che è suo, la premier non riesce a non toccarla piano. «L’ho gia sentita in una famosa serie Tv», dice con un sorriso. Da Mosca alla Napoli di Gomorra è un attimo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

Source link