La Corte di Cassazione, con sentenza n. 5964 depositata ieri, ha ribadito il principio secondo cui, in tema di concorso di creditori ex art. 61 comma 2 del RD 267/42, il fideiussore che non ha adempiuto al pagamento del proprio debito nei confronti del creditore non ha un diritto al regresso e, quindi, non può essere ammesso con riserva al passivo del fallimento del debitore principale per un credito condizionale.
Il fideiussore, “considerata la natura concorsuale del credito di regresso”, può “essere ammesso al passivo” “solo se e nella misura in cui sia già avvenuto il pagamento” in favore del creditore, “che configura il fatto costitutivo del diritto al regresso (Cass. nn. 25317/2020; 22382/2019 e 19609/2017).
Nel caso di specie, si tratta di comprendere se il fideiussore (o altro coobbligato in solido con il fallito) possa insinuare con riserva il proprio credito di rivalsa nel passivo del fallimento del debitore principale prima di aver adempiuto il proprio debito nei confronti del creditore.
Secondo un primo orientamento, il fideiussore inadempiente al momento della formazione del passivo è un creditore sotto condizione ed è tenuto a iscrivere con riserva il credito di rivalsa ex artt. 61 comma 2 e 55 comma 3 del RD 267/42, potendo fare valere le proprie ragioni di regresso, in sede di ripartizione, soltanto a seguito dell’integrale soddisfacimento del creditore garantito (cfr. Cass. n. 6355/98).
L’insinuazione con riserva ha funzione “prenotativa” necessaria alla luce del principio della cristallizzazione della massa ex art. 52 del RD 267/42.
Secondo un altro orientamento, invece, il credito di “regresso” del fideiussore del fallito (che abbia pagato il creditore originario dopo il fallimento del debitore principale) non dipende dalla preventiva domanda di ammissione, ma dalla completa soddisfazione del creditore per effetto del pagamento del coobbligato (artt. 61 e 62 commi 1 e 2 del RD 267/42).
Il credito di “regresso” del fideiussore che ha pagato dev’essere ammesso al passivo del fallimento del debitore negli stessi limiti in cui era stato ammesso quello del creditore (che fuoriesce dal concorso o non può più accedervi) e può essere, quindi, esercitato dal solvens, secondo le regole del concorso, a prescindere dal fatto che lo stesso abbia in precedenza chiesto e ottenuto l’insinuazione al passivo della pretesa di rivalsa con la riserva ex art. 55 comma 3 del RD 267/42.
Il coobbligato, infatti, non è tenuto a insinuare al passivo il credito di “regresso”, nemmeno con riserva, potendolo far valere in sede fallimentare con l’istanza di ammissione, tempestiva o tardiva e inoltre matura il diritto ad esercitare l’azione di rivalsa a condizione dell’effettuazione del pagamento. Il pagamento del fideiussore si configura come il fatto costitutivo (insieme alla fideiussione) del diritto al “regresso”.
L’art. 55 comma 3 del RD 267/42, per contro, nella parte in cui prevede l’ammissione al passivo con riserva dei crediti soggetti a condizione, esprime, nel suo complesso, una disposizione eccezionale rispetto al principio della cristallizzazione della sentenza di fallimento e non è, pertanto, suscettibile di applicarsi in via analogica a diritti (come il “regresso” del fideiussore che non ha pagato) i cui elementi costitutivi non si siano realizzati in data anteriore all’apertura del concorso, come credito futuro ed eventuale che sorge con il soddisfacimento del creditore.
Il fideiussore, quindi, può insinuare al passivo il credito di “regresso” solo provando l’avvenuta verificazione del presupposto, ex art. 61 comma 2, di aver integralmente soddisfatto le ragioni creditorie (Cass. n. 26003/2018).
Il pagamento integrale attribuisce al fideiussore il diritto di regresso nei confronti del debitore fallito e lo legittima a proporre insinuazione del credito maturato, per cui, in mancanza di una diversa situazione, il garante che non abbia pagato non può dolersi del fatto che, prima di tale momento, il creditore principale abbia ritenuto di non insinuare al passivo il proprio credito, né che, in difetto di accantonamenti (come quelli cui avrebbe avuto diritto se fosse stato ammesso con riserva), subisca il rischio, una volta eseguito il pagamento ed ammesso al passivo il suo diritto di regresso, che i riparti medio tempore eseguiti abbiano esaurito l’attivo distribuibile in suo favore.
Eseguito il pagamento e conseguito il diritto di rivalsa verso il fallito, il fideiussore è legittimato a far valere tale diritto nei confronti del fallimento di quest’ultimo, mediante surrogazione “nella posizione creditoria già insinuata nel fallimento” dal creditore ex art. 115 del RD 267/42, ovvero, in difetto, con un’autonoma domanda di ammissione al passivo del credito maturato (anche tardiva), ma anche ad attivare, con l’ammissione provvisoria disposta in via cautelare in sede d’opposizione ovvero con l’ammissione definitiva a mezzo di decreto non definitivo, il diritto ai corrispondenti accantonamenti ex artt. 113 comma 1 n. 2 e 3 del RD 267/42.
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