8 marzo, stereotipi sulle donne e cultura patriarcale sono ancora tra i giovani, ‘Ma ti pare normale?’ – Società e Diritti

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Nella violenza maschile contro ragazze e donne non ci sono età specifiche coinvolte: per il genere femminile, ma anche per chi le maltratta, le perseguita, le violenta, cioè uomini e ragazzi. Questa ‘verità’ emerge anche dal monitoraggio costante che Telefono Rosa Piemonte fa avendo in particolare attenzione al mondo giovanile. “Siamo fermamente convinte che il cambiamento della cultura patriarcale e del predominio maschile, nonché l’abbandono degli stereotipi legati al genere, debba passare dai e dalle più giovani. E senza dimenticare che proprio alcuni di loro sono purtroppo protagonisti di episodi di violenza, come testimoniato anche dai dati del monitoraggio delle accoglienze della nostra Associazione per l’anno 2024”, dicono le rappresentati dell’Associazione.
L’anno scorso sono state 761 le donne accolte: di queste, il 3,42% ha meno di 16 anni e il 21,81% tra i 16 e i 29 anni. Sono poi stati registrati 5.116 contatti nella sezione aiuto on line (email, chat, messaggistica istantanea e SMS). Per il 68,5% delle donne accolte e prese in carico, il livello di rischio è stato valutato come alto o altissimo. Il 36,01% ha dichiarato violenza fisica, il 47,96% violenza verbale/minacce, il 5,39% violenza sessuale e ben il 18% altre forme di violenza sessuale, comprese quelle on line. Il 13,93% riferisce di subire stalking o cyberstalking, il 63,34% dichiara violenza psicologica e infine il 33,38% patisce violenza economica. Il 25,23% ha meno di 29 anni, tra i maltrattanti solo il 16,5% appartiene alla stessa fascia di età: ragazze e donne sovente subiscono violenza da parte di ragazzi o uomini di età maggiore rispetto alla loro.

Se le giovani generazioni devono essere protagoniste del cambiamento, dobbiamo però considerare dati inequivocabili. Secondo una ricerca della Fondazione Libellula (Survey Teen 2024) che ha riguardato un campione di 1.592 soggetti tra i 14 e i 19 anni di età, il 29% dei ragazzi ritiene che non sia violenza toccare una persona senza il suo consenso. E inoltre: per il 20% dei maschi non è violenza chiedere con insistenza foto intime alla partner, per il 21% non è violenza isolare la partner mettendole contro amici e amiche e per il 26% non è violenza baciare una persona senza il suo consenso. E purtroppo per il 56% dei ragazzi la gelosia è una forma di amore.

Ci sembra quindi quanto mai opportuno porsi una domanda, che è esattamente quella che caratterizza il manifesto per l’8 marzo 2025: Ma ti pare normale?

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Pare normale che ci siano convinzioni di questo tipo?  E’ normale che ci siano atteggiamenti che condizionano e rendono precarie le relazioni tra i generi? E che mettono ancora al primo posto un sostanziale predominio maschile? Perché il problema, così come dichiarato da giovani e giovanissimi, ci rimanda ad una cultura maschilista, imperante e ben lontana dai diritti paritari di donne e ragazze. Le quali, se non accettano tali atteggiamenti, diventano potenzialmente esposte a prevaricazioni e soprusi di ogni tipo, fino a determinare conseguenze gravi o gravissime. 

 Le pari opportunità, in queste condizioni, restano un obiettivo ancora lontano.

Le famiglie sono in difficoltà e apprezzerebbero un contributo competente: e chiedono aiuto a altre agenzie educative, in particolare la scuola. Lo stesso fanno i giovani e le giovani: per 3 su 4 le attese per una educazione sessuale e affettiva sono proprio legate al contesto scolastico. Viene quindi spontaneo chiedersi se può essere ritenuto normale che l’educazione all’affettività e alla sessualità debba ancora essere volutamente esclusa dalle scuole.
In Europa è obbligatoria in 19 Stati, e l’Italia non è tra questi. Bisogna che sia chiaro: “per noi l’educazione affettiva e sessuale non significa affrontare solo gli argomenti legati alla biologia, alla contraccezione o al piacere (anche se ci chiediamo per quale motivo queste aree debbano essere demonizzate). Significa piuttosto poter parlare anche di emozioni, di relazioni, di rispetto, di consenso, di ruoli, di civiltà e riconoscimento dell’ “altro” o “altra”. No, noi non pensiamo che siano tematiche educative così insensate e superflue da dover essere estromesse dal luogo educativo per eccellenza, tanto da non essere considerate obbligatorie e curricolari”.

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