Scienza e umanesimo in dialogo

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Salute, ambiente, essere umano. Un rapporto legato da un filo rosso che si chiama “alimentazione”, che risente dell’impatto di fattori esterni che nel tempo hanno ispirato studi letterari, filosofici, sociologici, medici. E oggi? Qual è la prospettiva da cui si osserva questo legame? Se ne parlerà in un incontro a Palazzo Prodi martedì 11 marzo dal titolo “Il cibo e la nutrizione di fronte alle sfide globali dell’ambiente”. Intervengono Francesco Branca, direttore del Dipartimento Nutrizione, Salute e Sviluppo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e Carlo Brentari, professore di Filosofia morale al Dipartimento di Lettere e Filosofia. Il docente ci anticipa i contenuti dell’evento.

Professore in che modo si pongono in dialogo lo sguardo umanistico e quello medico/specialistico sull’argomento cibo, nutrizione e ambiente?

«L’evento si collocherà in una prospettiva di bioetica globale, più che di bioetica medico-clinica. Si potrebbe dire che torneremo alla prospettiva originaria di Van Rensselaer Potter, l’oncologo che, negli anni ‘70 del XX secolo, iniziò a usare il termine ‘bioetica’ per riferirsi all’insieme delle possibili linee di intervento indirizzate alla promozione della salute quotidiana. Anticipando molti futuri sviluppi, già nel 1971 Potter scriveva che gli esseri umani hanno bisogno di un’etica collettiva per il rapporto con la Terra, per l’interazione con la fauna selvatica e domestica. E ancora, di un’etica dell’autolimitazione demografica e dei consumi, di un’etica geriatrica e così via. Tutti questi problemi richiedono strategie di azione in cui vanno tenuti presenti, al tempo stesso, fatti e valori: fatti biologici, biomedici ed ecosistemici da un lato, valori culturali, religiosi, nazionali e anche individuali dall’altro. L’interazione tra fatti e valori è un tipo particolare di complessità, che già da sola richiede il dialogo tra le scienze naturali (medicina compresa) e le discipline umanistiche. Le scienze hanno il compito di individuare e descrivere le minacce per la salute globale e le possibili strategie risolutive, mentre le discipline umanistiche dovrebbero capire quali valori sociali e culturali ostacolano l’adozione delle strategie risolutive e su quali invece si può fare leva».

Quali sono le sfide dell’ambiente che hanno un impatto più importante sulla salute delle persone?

«La pandemia da Covid-19 è ancora ben viva nella memoria. Il Covid ha avuto origine zoonotica, ovvero è un caso di salto di specie di un microorganismo patogeno. Moltissime delle malattie infettive che interessano la nostra specie derivano da patogeni che abbiamo in comune con animali domestici o selvatici: oltre al Covid-19, la febbre emorragica Ebola, la sindrome da Hiv (alla sua prima comparsa), la toxoplasmosi e l’influenza da H5n1, un virus aviario che oggi è in grado di infettare i bovini e desta particolari preoccupazioni soprattutto negli Stati Uniti. È evidente che le epidemie di origine zoonotica sono sfide ambientali per la salute da molti punti di vista. La probabilità del loro verificarsi dipende dal modo in cui impostiamo il rapporto con gli animali e con l’ambiente: non solo dalle scelte in materia di allevamento (la concentrazione degli animali in allevamenti intensivi aumenta la variabilità dei patogeni), ma anche dal modello di agricoltura adottato. Il disboscamento a mosaico praticato in molte aree tropicali, per esempio, oltre a ridurre l’estensione delle aree non antropizzate fa sì che tra colture e zone di foresta non ci sia soluzione di continuità, esponendo i coltivatori alla possibilità di contagio. Tra le sfide ambientali alla salute va poi almeno menzionato il cambiamento climatico, sia per l’aumento diretto delle morti da calore, sia per le ricadute sull’agricoltura e sulla produzione alimentare in generale». 

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Secondo i dati aumentano le malattie non trasmissibili ma determinate dalla cattiva alimentazione (obesità in primis). Qual è il contributo che può dare la ricerca scientifica?

«Negli ultimi cinquant’ anni, a livello globale, l’obesità ha assunto proporzioni mai viste in precedenza. Ora, la pianificazione di azioni di contrasto alla cattiva alimentazione e all’obesità è un esempio particolarmente chiaro di quanto sia opportuno adottare l’approccio di ricerca multidisciplinare e multisettoriale di cui si parlava prima. I fattori che co-determinano l’obesità sono infatti eterogenei. Interessano non solo la sfera corporea ma anche quella psicologica del desiderio e dell’immagine di sé, nonché quella sociale ed economica della promozione degli stili di alimentazione. Come sottolinea Francesco Branca, ci sono dei momenti nella vita individuale, in primo luogo l’adolescenza, in cui un intero spettro di fattori può combinarsi in maniera esplosiva: la plasticità del corpo e del comportamento, la ricerca del cambiamento (a volte della trasgressione), l’esposizione alla promozione mediatica dei prodotti nocivi (alimenti ad alta densità calorica e iper-raffinati, tabacco). Solo l’interazione tra diverse prospettive di ricerca sull’adolescenza, da quella psicologica a quella neuroscientifica, può aiutare a orientare le persone verso stili di vita non autolesivi. E qui qualcosa da dire ce l’avrebbe anche la filosofia, che da molto tempo (almeno a partire da Epicuro) si occupa della comprensione e della gestione delle dinamiche del desiderio».

Il diritto al cibo (sano) dovrebbe essere garantito a tutti, e invece non è così. Anche l’alimentazione diventa un fattore di discriminazione. Come intervenire?

«Di questo parlerà Francesco Branca. Tanto il suo profilo professionale quanto le sue pubblicazioni e la sua attività di relatore in conferenze e festival sono improntati all’impegno per la promozione del diritto alla salute alimentare. Questo impegno prende le mosse dalla divulgazione dei dati disponibili e arriva alla definizione di linee guida internazionali per il contrasto della cattiva alimentazione e dell’obesità. Linee guida che si rivolgono ai Paesi membri dell’Oms e interessano i campi dell’educazione alla salute, della gestione delle policies di trasformazione dei sistemi di produzione e distribuzione alimentare. La sua attività contro la discriminazione alimentare comprende un ampio spettro di interventi a tutela della salute globale, da programmi di messa al bando di grassi industriali nocivi a iniziative internazionali per il monitoraggio dell’obesità infantile».



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