Tra i giardini del quartiere residenziale di Glen Iris, a sudovest di Melbourne, la casa una e trina progettata dallo studio di Dominic Pandolfini non passa inosservata, catturando lo sguardo e l’immaginazione. La sua spiccata personalità è il frutto della cooperazione tra gli architetti e i clienti; questi ultimi, in fase di concept, avevano avanzato una serie di richieste precise e piuttosto originali.
«Due le indicazioni mandatarie», racconta Pandolfini, «la prima chiedeva di utilizzare materiali resistenti, ruvidi, di un’onestà semplice e non artefatta, una richiesta in linea con il nostro modo di concepire l’architettura. La seconda, più insolita, riguardava l’idea di riprodurre all’interno della casa l’esperienza del fluire del paesaggio e del mutare degli scenari, qualcosa di sperimentato dalla famiglia durante una recente vacanza sul fiume».
Pandolfini e la sua équipe hanno sfruttato l’andamento allungato del terreno per sviluppare un organismo architettonico multiforme e complesso, giocato sulla contrapposizione ruvido/rifinito e scomposto in tre volumi distinti ma fluidamente collegati fra di loro.
Ognuno di essi è un microsistema con caratteristiche, materiali e funzioni proprie, ma tutti insieme originano una sequenza di prospettive sempre cangianti, che si susseguono in un flow senza soluzione di continuità. La residenza si annuncia con le sagome scultoree di due cubi sovrapposti lievemente slittati, di colore e di materiali differenti.
«I mattoni della parte superiore sono rettangolari e inclinati di 45 gradi così da creare una superficie complessa su cui può danzare la luce. Poiché è orientata a ovest, alla base abbiamo usato un brise-soleil fitto di elementi cilindrici in rame verde, che schermano la luce diretta per definire una zona di privacy all’altezza delle camere», precisa Pandolfini.
Sulla facciata in cotto le iconiche aperture ad arco invertito anticipano il motivo ricorrente del padiglione successivo, visibile sullo sfondo. Nel secondo edificio lo studio di Melbourne ha realizzato un cambio-scena radicale, abbandonando le soffuse atmosfere urbane per ricreare un contesto più caldo e più rurale, che ricorda le architetture rustiche di Glenn Murcutt.
Il grande open space del fienile, sotto il tetto in lamiera foderato in rovere e i pavimenti di un elegante travertino, dischiude un universo luminoso, informale e confortevole. Un sistema di grandi archi in cemento, simile a una colonna vertebrale primordiale, domina e scandisce il ritmo dello spazio, prolungandosi all’esterno dove disegna il portico del piccolo ma accogliente giardino.
«La suggestione degli archi è un elemento ricorrente di tutto il progetto e ci ha aiutato a introdurre movimento, leggerezza e varietà, sdrammatizzando la regolarità della struttura: non volevamo che la casa apparisse troppo austera» ci spiega ancora l’architetto.
Ma ci sono anche altri elementi eterodossi inseriti per spezzare la continuità degli ambienti, come la piccola vetrata anomala del breakfast corner, disegnata a forma di cellula semicircolare e dilatata oltre la linea di perimetro, verso la piscina; oppure il camino gigante con le sue forme morbide, posizionato strategicamente al centro della zona giorno, così da delimitare e riorganizzare gli spazi del living e del dining tutt’intorno.
A conclusione della traversata fra i paesaggi domestici, il trittico di Glen Iris House si chiude con un garage-officina realizzato in stile brutalista, interamente in cemento bocciardato, dove è custodita l’amata collezione di auto d’epoca della famiglia.
Tra i molti dettagli sorprendenti della casa colpiscono le porte mimetizzate nella boiserie, da cui si aprono percorsi segreti, e le due luminose serre-corridoio, completamente vetrate, che accompagnano la transizione da un edificio all’altro, mostrando squarci panoramici verso i giardini e il paesaggio circostanti.
«Sebbene la composizione sia un tema costante del nostro lavoro, di solito la tavolozza dei nostri elementi è molto più ridotta», confessa Pandolfini. L’esito del programma può considerarsi raggiunto: Glen Iris House è un’esperienza ricca di invenzioni, di biodiversità architettonica e di colpi di teatro. L’unica cosa che manca è la monotonia.
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