Rapporto annuale di intelligence, sicurezza e sviluppo si giocano in Africa

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di: Domenico Bruno | 6 Marzo 2025

L’Africa e il Mediterraneo sono sempre più centrali per la sicurezza e l’economia dell’Italia e per gli effetti che producono sull’Europa, non solo a causa della guerra Israele-Hamas, ma anche per il confronto di influenza con la Russia e la Cina, sia dal punto di vista commerciale che militare. È quanto emerge dalla relazione 2025 dell’intelligence italiana “sulla politica dell’informazione per la sicurezza”, inviata al Parlamento dalla Presidenza del Consiglio.

Il Mediterraneo allargato, che comprende Nord Africa, Vicino e Medio Oriente e l’area del Golfo Persico, “riveste assoluta centralità per gli aspetti della sicurezza, dell’approvvigionamento energetico, del contenimento della pressione migratoria, dello sviluppo delle opportunità e delle sinergie che si schiudono per il sistema politico e produttivo nazionale”, sottolinea la relazione. Negli ultimi 12 mesi, l’area – i cui mutamenti si riflettono sull’Italia più velocemente che in passato – si è “confermata scenario di elevate vulnerabilità e teatro di competizione tra attori regionali ed extra-regionali”. Le crisi in corso, a partire da quella libica, cui si sono aggiunti i conflitti in Medio Oriente, le tensioni nel Mar Rosso e, da ultimo, il collasso del regime siriano, hanno creato le condizioni per un’elevata e inedita incertezza, “su cui la guerra in Ucraina agisce da cassa di risonanza, rimescolando le posizioni dei principali attori coinvolti lungo ideali linee di faglia tra realtà filo-occidentali e altre più sensibili alle istanze russe”.

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In questo contesto, l’intelligence ha fatto sapere di aver seguito attentamente gli sviluppi politici e di sicurezza del Maghreb, che vede Marocco, Algeria e Tunisia tra i Paesi pilota del Piano Mattei. Sono stati monitorati – spiegano i servizi segreti italiani – gli sviluppi politici della regione, a partire dalle elezioni presidenziali di settembre e ottobre in Algeria e Tunisia, “Stati in cui permangono difficoltà economiche e di sicurezza”. In particolare, Algeri “deve far fronte a potenziali problemi derivanti dall’area di instabilità saheliana, che contribuisce ad alimentare insicurezza anche sulle coste africane, con l’aumento di flussi illegali e di traffici di varia natura, il movimento di forze mercenarie e la conflittualità tra etnie”. A sua volta, anche la Tunisia risente di una pressione migratoria difficile da gestire. Inoltre, la contrapposizione tra Algeria e Marocco intorno al Sahara Occidentale ha minato le prospettive di cooperazione a livello regionale.

Il Sahel si è confermato “estremamente instabile” per la diffusa povertà e per “un quadro securitario ormai gravemente compromesso”, ricordano gli analisti. Alle azioni di gruppi jihadisti e criminali si aggiunge la presenza di diversi gruppi armati ribelli e di forze mercenarie che destabilizzano l’area. Inoltre, l’ultimo anno ha visto un nuovo protagonismo in politica estera delle giunte militari di Mali, Niger e Burkina Faso che, all’interno della neo-costituita Alleanza degli Stati del Sahel (Aes), hanno rotto il sistema di interlocuzione e cooperazione con i tradizionali partner africani ed euro-occidentali in favore di nuove intese regionali e con attori internazionali considerati più vicini alle proprie istanze, a partire dalla Russia. La decisione di far cessare le missioni di peacekeeping e di allontanare il personale militare occidentale presente nel Paese (a eccezione di un ridotto contingente italiano nell’ambito della missione bilaterale Misin in Niger) ha comportato, peraltro, “un ulteriore indebolimento della cornice regionale, vanificando anche gli sforzi di mediazione condotti negli ultimi anni”, evidenzia la nostra intelligence.

Anche il Corno d’Africa ha continuato a evidenziare “preoccupanti dinamiche di contrapposizione interna e tra Stati” nel corso del 2024. Il quadro politico-sociale dell’Etiopia si è rivelato “sempre più complesso”, anche a causa dei contrasti con Eritrea e Somalia a seguito della firma, nel gennaio 2024, del Memorandum di Intesa tra l’Etiopia e l’autoproclamata Repubblica del Somaliland, tramite il quale Addis Abeba vorrebbe garantirsi uno sbocco sul Mar Rosso. In Somalia preoccupano le crescenti tensioni tra Mogadiscio e i suoi Stati federati: le istituzioni somale non sono riuscite a finalizzare la riforma costituzionale per avviare una ridefinizione dell’impalcatura istituzionale del Paese. In parallelo, anche la situazione di sicurezza somala è rimasta precaria a causa dei jihadisti di al-Shabaab che, soprattutto nelle zone rurali, sono ancora radicati. L’intelligence ha continuato inoltre a monitorare il conflitto in Sudan, che dura dal 2023 ed è segnato da un preoccupante innalzamento dei livelli di violenza tra le parti e da una situazione umanitaria al collasso. La guerra ha diviso in due il Paese, costringendo il governo a spostare la capitale da Khartoum a Port Sudan, sul Mar Rosso. Le principali iniziative di mediazione si sono rivelate fallimentari, mentre è cresciuta l’influenza di attori esterni interessati a sostenere le parti in campo, in un conflitto sempre più simile a una guerra per procura.

Infine, particolare attenzione è stata riservata alla regione dei Grandi Laghi, che ha registrato un inasprimento delle tensioni, soprattutto a causa della precaria situazione di sicurezza nelle province orientali (Nord e Sud Kivu e Ituri) della Repubblica Democratica del Congo (RDC). In questo contesto, sono aumentate le tensioni tra Rdc e Ruanda. Nella seconda parte del 2024, sottolinea la relazione, la regione è divenuta teatro di violenti scontri “tra le Forze Armate del Congo e le milizie ribelli sostenute da Kigali”, poi esplosi nel 2025 con l’occupazione di Goma da parte del gruppo M23.

Un capitolo dell’analisi è dedicato alla minaccia jihadista in Africa. Attualmente, più di dieci organizzazioni di matrice jihadista affiliate ad al-Qaida o all’Isis (Daesh) sono attive nel continente africano, a conferma di un trend che negli ultimi anni ha visto “la minaccia jihadista nell’area in costante crescita”. Anche a seguito del ritiro dei contingenti internazionali, il radicamento e l’espansione di queste sigle, sia nel Sahel che in Africa occidentale, pongono sfide crescenti ai governi locali, che non sembrano avere le capacità per contrastarle.

Un ulteriore fattore di complessità è costituito dall’aumento del livello di interconnessione tra varie organizzazioni terroristiche “sorelle” attive nel continente africano, dinamica che facilita la mobilità di combattenti e il trasferimento di armi lungo due direttrici: quella nord-sud (verso la Libia) e quella est-ovest (in direzione della Somalia).

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