Museo Diocesano. Il fascino di un Canova mai visto

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È la loggia dalla quale sono affacciati i primi cento vescovi di Padova – scena cinquecentesca dipinta da Bartolomeo Montagna su commissione di Pietro Barozzi – a contornare, nel salone al terzo piano del Palazzo vescovile, la ricostruzione di uno scorcio cittadino andato ormai perduto. È questo il cuore pulsante della mostra “Il Canova mai visto. Opere del seminario vescovile di Padova e della chiesa degli Eremitani” aperta dall’8 marzo fino all’8 giugno e rientrante tra i grandi eventi della Regione Veneto anche data la concomitanza con il venticinquesimo anniversario del museo diocesano che ha sede proprio nel Palazzo. Nel salone, dunque, per questa primavera è visibile la ricostruzione del complesso funebre della contessa Louise von Callenberg – ubicato in origine nel giardino retrostante alla chiesa degli Eremitani – comprensivo dell’elemento centrale dell’intera esposizione: il vaso cinerario con il profilo della donna realizzato da Antonio Canova, per la prima volta ammirabile dal pubblico dopo il suo ritrovamento. L’opera canoviana è posta su un cippo su cui campeggiava una scritta attribuibile a Johann Wolfgang von Goethe. Altri elementi del monumento sono la stele con l’epigrafe redatta dall’abate Stefano Antonio Morcelli e sette candelabre con altrettante iscrizioni di personaggi illustri, anch’esse protagoniste di una vicenda di recupero interessante, che verrà ricostruita nell’esposizione. Preceduto nel percorso dai ritratti dello scultore di Possagno e di Abbondio Rezzonico – probabilmente colui che mise in contatto la famiglia della defunta con l’artista – lo spazio ricreato ripropone tutti gli elementi pensati per commemorare la nobildonna defunta, incluso quel cipresso ancora presente in loco e rievocato in mostra dall’installazione di Valeria Carmignan. «Realizzato allora dall’architetto veneziano Giannantonio Selva e dallo scultore Domenico Fadiga, il monumento è ora nuovamente ricostruito in tutte le sue parti, ben riconoscibili nelle integrazioni da quanto recuperato e restaurato dalla ditta Passarella, e con elementi che in sintesi rievocano alcune candelabre mancanti – spiega il direttore del museo Andrea Nante – La storia conservativa dell’opera funebre è particolare, essendo stata dapprima molto ammirata e successivamente segnalata a rischio di atti vandalici, fino alla sua distruzione durante il bombardamento degli Alleati dell’11 marzo 1944». Proprio a seguito di questo avvenimento l’urna venne ritenuta erroneamente perduta fino a quando non fu ritrovata – ricoverata negli ambienti parrocchiali – grazie al lavoro di ricerca congiunto dei curatori della mostra Elena Catra, Vittorio Pajusco e lo stesso Nante. «Venni contattato dai primi due studiosi mentre erano impegnati nella scrittura di una raccolta sulle opere canoviane in Veneto – ricorda il direttore – Mi chiesero infatti dove si trovasse il vaso cinerario censito nel catalogo Beweb, l’inventario dei beni culturali ecclesiastici Cei, e da questo incontro si pensò di organizzare una mostra sull’artista di Possagno, unendo anche il mio approfondimento sul medagliere del seminario vescovile di Padova». Proprio quest’ultimo pezzo – che custodisce oltre tremila monete dell’antica Roma in parte fornite proprio dallo stesso Canova – accoglie i visitatori nella prima parte dell’esposizione presentando così la figura del fratellastro dello scultore, mons. Giovanni Battista Sartori Canova. «Abbiamo da poco scoperto che uno dei busti presenti in sala Barbarigo ritrae proprio il presule, del quale ricorrono i 250 anni dalla nascita – ricorda Nante – Qui, oltre al medagliere che non possiamo tenere aperto per ovvie ragioni conservative, sarà comunque possibile ammirare alcune monete, oltre ai successivi cataloghi manoscritti e a stampa. Ricorderemo così la storia di questa donazione operata dal Sartori a favore del seminario comprendendo l’importanza della stessa, che ha tutte le caratteristiche per non essere considerata squisitamente autocelebrativa ma finalizzata anche all’educazione. In questo contesto verranno approfonditi i legami tra gli altri protagonisti della vicenda, ovvero il vescovo Modesto Farina e i docenti incaricati al suo studio». Completano il percorso espositivo – nelle sale del palazzo – una collezione di stampe Manfredini, oltre a calchi, gessi, incisioni, dipinti e documenti attraverso i quali “il Canova mai visto” si rivela ai visitatori nel suo fascino artistico e nella sua rete di contatti con gli ambienti culturali europei. Questa esposizione inedita è stata possibile anche grazie alla generosità di privati e l’impegno di aziende e professionisti aderenti al progetto “Mi sta a cuore”, promosso dal Museo diocesano e dall’ufficio Beni culturali della Diocesi già nel 2013: «Il coinvolgimento della comunità non è mirato solo al recupero del patrimonio, ma anche a quello valoriale – conclude il direttore – La storia della tomba della contessa permette di attualizzare il fenomeno della distruzione provocato dalla guerra in un momento, come quello attuale, caratterizzato da vari conflitti nel mondo»

Possagno e Bassano del Grappa. La testa di Teseo e il Cavallo colossale

A Possagno, nella Gypsotheca canoviana, dal 23 marzo al 21 giugno, viene esposta per la prima volta al pubblico un’opera di Canova proveniente da una collezione privata. Si tratta della testa di Teseo in gesso, oltre al calco e al modellino in gesso del gruppo scultoreo con il Minotauro, a fianco di incisioni, documentazioni e pubblicazioni storiche relative all’opera dell’artista veneto. Capolavoro giovanile di Antonio Canova, il Teseo sul Minotauro, realizzato a Roma nel 1783, riveste nella storia dell’arte e della scultura, una importanza capitale; l’opera, infatti, segna il passaggio dagli ideali barocchi ai principi estetici neoclassici e sarà il fulcro di una mostra-dossier dal titolo “Canova e la nascita della scultura moderna”, curata dalla prof.ssa Elena Catra. Il percorso si completa con una sezione allestita nella casa natale di Antonio Canova dove si troveranno incisioni, come l’acquaforte Teseo sul Minotauro, documentazioni e pubblicazioni storiche. A Bassano del Grappa, ai Musei civici invece, tornerà a risplendere, dopo un importante progetto di restauro, un capolavoro “perduto” di Antonio Canova: il modello in gesso del Cavallo colossale, una delle ultime imprese del genio di Possagno e certamente tra le più grandiose, oltre che unica al mondo per imponenza ed eccezionalità. Fu realizzato da Canova tra il 1819 e il 1821 come modello per una scultura equestre in bronzo commissionata dal re di Napoli Ferdinando I (IV) di Borbone, e venne completato per la sola parte dell’animale alla sopraggiunta morte dello scultore, nell’ottobre del 1822. L’imponente opera si caratterizza per la dimensione colossale e la coloritura superficiale a finto bronzo, stesa per volere dello stesso Canova.

Louise von Callenberg, una figura culturale importante

Il nome della contessa Louise von Callenberg è legato soprattutto all’attività musicale nella quale eccelleva nell’esecuzione, come confermato da testimoni durante il suo grand tour europeo che la portò anche ad esibirsi in città come Vienna e Roma. In Italia conosce il senatore Abbondio Rezzonico e nel 1788 suona anche davanti a Goethe, amico della nobildonna e del marito. La coppia nel 1803 trascorre alcuni giorni nella villa di Rezzonico a Bassano del Grappa, dove Louise morirà all’improvviso per poi essere tumulata a Padova in un luogo caro alla comunità tedesca, la chiesa degli Eremitani. Qui già riposava anche il principe Guglielmo d’Orange, il cui monumento funebre è opera di Canova. La figlia della contessa decise quindi contattare Canova per la realizzazione dell’urna con il ritratto della madre, fiancheggiato da genietti afflitti.

Un’opera data per perduta, poi ritrovata e ora valorizzata

Busto-di-Giambattista-Sartori-Canova

Sebbene l’amico Daniele Francesconi avesse espresso a Canova perplessità sulla collocazione del monumento nel giardino della chiesa degli Eremitani – essendo il vicino convento destinato a una conversione in caserma – il complesso funebre venne lo stesso realizzato lì. La costruzione si componeva di un’iscrizione latina – collocata sopra un basamento e sormontata da un timpano – di fronte alla quale si trovava l’urna decorata da Canova e il cipresso. Lo spazio era delimitato da una catena dorata che univa sette candelabre con fiamme di pietre e incisioni riportanti dediche di amici della defunta. Solo dal 2017 vennero ritrovati alcuni di questi piedistalli, uno tra i beni recuperati durante la Seconda guerra mondiale e nelle successive campagne di restauro e altri tre nella basilica e monastero di Santa Giustina.

La mostra di Possagno e i lavori a Bassano

La mostra di Possagno sarà aperta dal martedì al venerdì, 9.30-18; sabato, domenica e festivi, 9.30-19. Per informazioni tel. 0423-544323; posta@museocanova.it. Per il lavoro di restauro del Cavallo invece, dal sito www. museibassano.it, sarà possibile partecipare a delle dirette streaming e assistere a due fasi salienti e particolarmente significative dei lavori.

Riccardo Rocca





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