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“Non vi sono elementi tecnico-scientifici che supportino l’ipotesi del suicidio”, ma gli elementi raccolti “convergono a delineare uno scenario in cui solo una dinamica omicidiaria”, avvenuta attraverso “soffocazione esterna diretta, trova “una motivazione tecnica”. Sono le conclusioni dei consulenti Cristina Cattaneo, Stefano Tambuzzi, Stefano Vanin e Biagio Eugenio Leone, nella super perizia – che LaPresse ha potuto visionare – sul corpo di Liliana Resinovich, scomparsa a Trieste il 14 dicembre 2021 e ritrovata senza vita il 5 gennaio 2022, nella zona dell’ex ospedale psichiatrico di San Giovanni. La morte della donna è avvenuta “con elevatissima probabilità nella mattinata del 14 dicembre 2021”: dagli accertamenti effettuati “non è emerso alcun elemento contrastante con questa ricostruzione che trova conferma nelle evidenze ambientali, naturalistiche, anatomopatologiche e medico legali”.
La donna, al momento del ritrovamento, aveva la testa in due sacchetti trasparenti di tipo alimentare fissati al collo con un cordino e il corpo in due grandi sacchi neri, di quelli utilizzati per la raccolta dei rifiuti solidi urbani, uno infilato dall’alto e dal basso l’altro. La tesi del suicidio sostenuta dalla Procura – che dopo vari mesi di indagine e tanti esami eseguiti aveva chiesto l’archiviazione del caso – da sempre aveva suscitato forti dubbi. Non aveva nemmeno convinto il gip del Tribunale, Luigi Dainotti, che l’aveva praticamente smontata. Il giudice per le indagini preliminari aveva individuato in oltre venti i punti da approfondire. A cominciare dal reato cui intestare il fascicolo fino alla riesumazione delle spoglie dal cimitero di Sant’Anna dove erano state seppellite (riesumazione avvenuta il 13 febbraio 2024). Il fascicolo era stato aperto il 22 dicembre 2021 per il reato di sequestro di persona; nel giugno 2023, il giudice aveva indicato che il reato da imputare era omicidio.
“È molto probabile” per i super consulenti che il corpo della donna “sia sempre rimasto nello stesso luogo in cui è stato trovato“, una tesi suffragata “dalle evidenze scientifiche e dall’assenza di elementi significativi di permanenza in altro luogo”. Nel corso della super perizia sul corpo sono emersi “elementi piliferi” su indumenti e i sacchetti che avvolgevano la testa; inoltre alcuni peli pubici della vittima “suggeriscono approfondimenti genetici” con “tecnologie di sequenziamento ultramassivo (Ngs) nell’ottica della ricerca di terze persone coinvolte”. La Next Generation Sequencing (Ngs) è un metodo di sequenziamento del Dna che ha la capacità di processare milioni di frammenti ed è considerato al momento il metodo di analisi del Dna con il più basso tasso di errore per base.
Servono, inoltre, anche approfondimenti in merito agli elementi relativi alle indagini genetiche già effettuate e per “le formazioni pilifere già precedentemente campionate dalla polizia scientifica”. Non esistono elementi, nemmeno “lontanamente suggestivi del fatto che il corpo” della vittima “possa essere” stato “sottoposto a procedura di congelamento”. La causa della morte di Resinovich è avvenuta per “asfissia meccanica esterna contestuale o immediatamente successiva” alle lesioni riportate e riscontrate sul corpo della donna: “Certamente al capo, alla mano destra e molto probabilmente ad altre sedi del corpo” come torace e arti.
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