L’economista Bruni: così il capitale globale sacrifica la democrazia

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L’economia come arma di guerra? I dazi come strumento di coercizione in una visione in cui la politica e la diplomazia hanno un ruolo secondario? Disorientati dalle scelte del neo presidente degli Stati Uniti Donald Trump abbiamo dimenticato che il rapporto tra economia, pace e democrazia è sempre stato complesso. Non ci ricordiamo che quello a cui stiamo assistendo è il vestito, neanche nuovo a dire la verità, con cui il capitalismo mira alla massimizzazione del profitto e delle rendite.

Una dimensione, disegnata in particolare negli ultimi 50 anni dal capitalismo del consumo, che ha eretto a totem la felicità del singolo, a scapito della felicità collettiva, che ci accompagnerà per i prossimi decenni e che considera «la democrazia un problema, perché pone vincoli e limiti. Anni in cui la libertà, il pluralismo e il rispetto delle minoranze, dei diritti e della pace saranno valori secondari», spiega Luigino Bruni, economista, professore ordinario di Economia Politica alla Libera università Maria Santissima Assunta di Roma, direttore del comitato scientifico de The economy of Francesco, autore di saggi dedicati ai temi dell’economia civile e dell’economia di comunione.

«Il capitalismo che si è fatto globale, anonimo e legato a interessi speculativi è cinico e pragmatico. Usa quello che trova per i propri interessi», incoraggiando anche «l’avvento di non democrazie e di regimi», sottolinea.

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E Trump? «Mi aspettavo i dazi e un atteggiamento così negativo e aggressivo verso l’esterno, anche verso l’Europa. Mi aspettavo meno questa violenza verbale e questa arroganza. Se dovessimo immaginare che quello stile diventi la normalità dei rapporti umani, ci divoriamo trecento anni di democrazia». 

Le scelte degli imprenditori

Sempre a proposito dei dazi, per Bruni sarebbe un errore per chi li subisce rispondere allo stesso modo. «Dobbiamo cercare di dialogare con Trump, con il governo americano e con le imprese. L’effetto di una guerra al rialzo dei dazi è un impoverimento globale del mondo, che non serve a nessuno». Quelle stesse imprese che, ricorda l’economista, si opposero durante il primo mandato di Trump al suo disimpegno green, continuando ad investire nella sostenibilità perché capivano che il mondo andava in quella direzione».

I dazi impoveriscono tutti. Chi li mette e chi li subisce. Non ha nessun senso economico imporre dazi, che non sia quello di brevissimo periodo e di propaganda politica come sta facendo Trump. Saranno gli imprenditori e i cittadini americani i primi a protestare quando gli effetti ricadranno su di loro

Luigino Bruni – professore ordinario di Economia Politica alla Lumsa

Le armi e la qualità etica di un paese

Contrario alle scelte europee che vanno nella direzione di un massiccio aumento degli investimenti in armi, Bruni chiarisce che questa direzione bellicista non solo toglie risorse ad altri settori. «La guerra e le armi alimentano imprese che vivono sulle paure. La qualità etica di un paese si misura anche sulla dimensione del settore economico militare. Dobbiamo assolutamente resistere e difenderci certo, ma con più politica e più diplomazia».

La crisi ambientale può convertirci

Se chi ama pace, democrazia e mercato civile deve, secondo il docente, aspettarsi anni difficili, lo stesso Bruni ha ribadito che questi saranno anche anni di resistenza. Da una parte, soprattutto in Europa e nei paesi del Mediterraneo, prendendo spunto dalla tradizione italiana, saremo chiamati a ridare nuovo valore alla felicità pubblica.

«La felicità o è di tutti o è di tanti o non è di nessuno». Saremo costretti, aggiunge l’economista, anche a cambiare il nostro rapporto con l’ambiente e le risorse, «perché è dalla catastrofe che si può cambiare direzione».

Reimmaginare valori collettivi

E poi, terzo pilastro, la scuola, soprattutto elementare e dell’infanzia. «È lì che bisogna reimmaginare valori più collettivi e legati al bene comune, di fiducia e di reciprocità. Veniamo da decenni di consumismo solitario e individualistico con tutta la tecnologia come alleata e con gli smartphone che hanno messo in grossa crisi il legame sociale e l’appartenenza ad un qualcosa di più grande che non sia la mia stanza e il mio telefonino».

Primo piano di Luigino Bruni con in mano un microfono durante un intervento
Luigino Bruni

L’alleanza bellica e illiberale del capitale

Nella sua analisi del presente, Bruni sostiene che stiamo attraversando una nuova fase di alleanza tra lo spirito capitalistico e quello bellico e illiberale, che sta lasciando le democrazie per le leadercrazie populiste nazionaliste e protezioniste. Dove per leadercrazie intende «il governo dei leader. Personaggi che si rapportano direttamente col popolo saltando i livelli intermedi».

Scegliamo la merce e non la libertà. «Dagli anni Settanta», spiega sempre Bruni, «il capitalismo dei consumi ha intaccato profondamente l’anima degli italiani. Ecco, le persone che vivono in uno shopping continuo non hanno gli anticorpi per amare la libertà e la democrazia perché sono drogate da da questa nuova forma di religione con miliardi di adepti in tutto il mondo e che preferiscono le merci alla libertà.

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Economia civile e resistenza

E l’economia civile? «Siamo una resistenza (civile, popolare, ma anche culturale, intellettuale. teorica e accademica) in direzione ostinata e contraria da trent’anni».

In apertura foto di Aditya Vyas per Unsplash

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