Il flop del G20, Occidente stanco di aiutare l’Africa a fondo perduto

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Carta di credito con fido

Procedura celere

 










Dalla fine della colonizzazione europea, a partire dagli anni 60 del secolo scorso, i paesi africani hanno fatto pesantemente affidamento su finanziamenti esteri: per progetti di sviluppo, assistenza umanitaria, ordinaria amministrazione, gestione delle crisi. È ora di cambiare. Di questo si è discusso durante il 38° vertice dell’Unione Africana svoltosi nella capitale dell’Etiopia, Addis Abeba, dal 14 al 16 febbraio, durante il quale i 54 paesi membri hanno eletto il nuovo presidente dell’organismo.


Dilazione debiti

Saldo e stralcio

 

Si tratta di Mahamoud Ali Youssouf, già ministro degli esteri di Gibuti. Sotto la sua presidenza – questo afferma il documento programmatico diffuso al termine del vertice – l’Africa deve ridurre in maniera significativa la propria dipendenza dagli aiuti stranieri. Non è la prima volta che questo proponimento viene enunciato. Dichiarazioni simili sono frequenti, proferite coralmente al termine di vertici internazionali oppure da singoli leader che orgogliosamente sostengono di voler fare a meno degli aiuti internazionali, soprattutto se offerti a determinate condizioni come  il rispetto dei diritti umani, la lotta alla corruzione, la salvaguardia delle istituzioni democratiche. Però di solito, per non dire sempre, sono dichiarazioni alle quali non fanno seguito azioni concrete. Durante la pandemia di COVID-19, ad esempio, alcuni paesi, tra i quali l’Uganda, il Kenya e il Sudafrica, hanno annunciato che intendevano costruire dei laboratori nei quali produrre i vaccini per non dover più dipendere dal resto del mondo. Poi però hanno chiesto – e ottenuto – i fondi necessari per costruirli, attrezzarli e farli funzionare.


Il fatto è che i governi africani hanno assoluto bisogno di finanziamenti, doni, prestiti, investimenti esteri. È essenzialmente il risultato di decenni di corruzione eretta a sistema, persino ostentata, di malgoverno rivendicato come diritto scontato, dello scandaloso spreco pubblico e privato di risorse. Dovrebbero cambiare molte cose in Africa perché il continente potesse fare a meno degli aiuti internazionali. Gli Africani intenzionati a cambiare ci sono, ma non sono ancora abbastanza numerosi, non hanno la forza e il potere di imporsi.


Eppure adesso, per la prima volta, gli africani forse dovranno davvero passare dai propositi di indipendenza e autonomia ai fatti, che lo desiderino o no. Le Nazioni Unite lamentano una crescente reticenza dei paesi occidentali a finanziare le agenzie umanitarie delle quali sono i maggiori sostenitori: Oms, Alto commissariato Onu per i rifugiati, Unicef, Unaids (Programma delle Nazioni Unite per l’HIV e l’AIDS), e via dicendo. Anche i paesi ricchi che aderiscono alla COP, la Conferenza Onu sui cambiamenti climatici, all’ultimo vertice svoltosi nel a fine 2024 in Brasile, si sono mostrati meno disposti a onorare gli impegni assunti, sempre più spesso disattesi e sostituiti da vaghe promesse. Il continente che ne risente maggiormente è l’Africa.


Nel frattempo il presidente Donald Trump è uscito dall’Oms e dalla COP e inoltre ha sospeso temporaneamente tutte le attività di cooperazione allo sviluppo e di assistenza internazionali, a eccezione dei progetti salva vita, per dare modo di verificarne l’effettiva corrispondenza agli interessi e ai valori degli Stati Uniti. Sembra che il 92% dei progetti finanziati dall’Usaid, l’agenzia Usa per lo sviluppo internazionale che finora ha amministrato 40 dei 70 miliardi destinati ogni anno alla cooperazione internazionale, saranno sospesi o non rinnovati. Di nuovo, l’Africa è di gran lunga il continente che ne farà maggiormente le spese, nel breve e nel medio periodo. 


Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 

Si direbbe oltre tutto che le decisioni prese dell’amministrazione Trump stiano innescando reazioni che vanno o potranno andare nella stessa direzione. L’Unione Europea ha già fatto sapere che terrà fede ai propri impegni umanitari, nel 2025 per un totale di 1,9 miliardi di dollari un quarto dei quali destinati all’Africa, ma che non riempirà il vuoto lasciato dagli Stati Uniti. Un segnale importante è arrivato anche dal G20. L’annuale vertice del G20 si è svolto il 20 e 21 febbraio in Sudafrica che ne ha assunto la presidenza per il 2025. Il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha voluto farne l’occasione perché i paesi ricchi prestassero attenzione alle preoccupazioni dei paesi più poveri: “peggioramento delle disuguaglianze, azioni inadeguate sul cambiamento climatico e un sistema finanziario che favorisce gli istituti di credito rispetto ai debitori poveri”. “Diversità, equità, inclusione” erano le parole chiave dell’agenda del vertice. Ma gli Stati Uniti il 6 febbraio hanno detto che non intendevano partecipare. Il segretario di Stato Marco Rubio ha spiegato che, oltre ai problemi insorti tra il suo paese e il Sudafrica in seguito all’approvazione nel paese africano di una legge che consente l’esproprio di terre senza risarcimento, la sua assenza era dovuta al pessimo programma concordato per il vertice.


Uno dei punti chiave dell’incontro era la richiesta di ridurre i tassi di interesse dei prestiti concessi ai governi africani, rinegoziarne e ristrutturarne i debiti, attuare altri provvedimenti intesi ad alleggerire il peso del debito estero africano e avviare una riforma globale del sistema finanziario internazionale. Una proposta in tal senso è stata presentata da nove ex capi di Stato africani. «Ora è più importante che mai che i membri del G20 lavorino insieme – ha dichiarato il Presidente Ramaphosa nel discorso di apertura, invitando alla cooperazione multilaterale – è fondamentale garantire che i diritti e gli interessi dei vulnerabili non vengano calpestati dalle ambizioni dei potenti».


Ma al vertice non mancavano solo gli Stati Uniti. Erano assenti anche i ministri delle finanze di Cina, Giappone, India e Canada, l’Unione Europea non ha mandato i suoi massimi rappresentanti e alcuni dei ministri presenti se ne sono andati prima della fine. «L’assenza di funzionari chiave sottolinea ulteriormente il calo dell’impegno per la riduzione della povertà in un momento in cui è più necessario – ha commentato Dirk Willem te Velde, docente presso la SOAS (Scuola di studi orientali e africani) di Londra – e il taglio degli aiuti è una notizia devastante». Quasi tutti sono di questo parere. Pochi fanno eccezione e tra questi l’italiano Martino Ghielmi che da anni assiste gli italiani che intendono avviare delle attività economiche in Africa. Ghielmi sostiene che la sospensione degli aiuti, e non solto per 90 giorni, offrirebbe proprio all’Africa in particolare una opportunità importante. Può indurre gli Africani – dice – a riconsiderare la loro dipendenza dal sostegno esterno e fungere da catalizzatore per un cambiamento necessario: “i leader africani dovrebbero essere responsabili dei loro paesi. È ora di smetterla di andare con il cappello in mano a chiedere l’elemosina”.




Source link

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

 

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link