Il caporalato nelle eccellenze del Nord: dalle Langhe alle terre del prosecco, i nuovi schiavi tra lavoro grigio ed emergenza abitativa

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Mancano i grandi ghetti, simboli del caporalato ‘classico’, mentre profitti e investimenti sono maggiori rispetto al Sud, ma anche la ricca agricoltura settentrionale fa i conti con lo sfruttamento. Anche nelle regioni del Nord chi vendemmia o raccoglie frutta e ortaggi nell’attesa, senza tempo, del proprio permesso di soggiorno, è facilmente alle prese con lavoro grigio, cooperative senza terra, nate per gestire la manodopera, modalità opache di reclutamento e condizioni precarie di trasporto e alloggio. Lo racconta l’associazione Terra! nel rapporto “Gli ingredienti del caporalato – Il caso del Nord Italia”, un’indagine sullo sfruttamento in agricoltura in Piemonte, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Lombardia, già al centro nel 2023 di un’inchiesta sulle filiere più importanti della regione, ossia meloni, insalate in busta e suini. La Lombardia, con i suoi 70mila lavoratori agricoli irregolari, è un ‘punto caldo’ nell’area del Nord Italia, con una maggiore concentrazione di casi tra Mantova e Brescia. Qui, tra cooperative spurie e turni estenuanti, con contratti pirata e lavoro grigio, che sono la regola, si raggirano i controlli, mostrando una parvenza di legalità. In Piemonte, mentre nel comparto vitivinicolo delle Langhe, noto in tutto il mondo, le nuove frontiere dello sfruttamento sono una realtà, nell’area della provincia di Cuneo dove si concentra la maggior parte della produzione agricola, la cittadina di Saluzzo si è trasformata in un modello sul fronte dell’emergenza alloggi. E se il Friuli Venezia Giulia oggi è punto di arrivo della ‘rotta balcanica’, in Veneto gli alti profitti legati al Prosecco cambiano la struttura di alcune economie locali, il mercato del lavoro e l’equilibrio ecologico del territorio.

I fattori del caporalato e lo strapotere dei supermercati – Il report si muove nel solco di alcune inchieste che nel 2024 hanno fatto luce sulle condizioni della manodopera nell’agricoltura, dove si contano circa 200mila lavoratori sfruttati. “Per comprendere il caporalato dobbiamo guardare quello che succede lungo la filiera, quali sono le distorsioni” racconta Fabio Ciconte, presidente dell’associazione Terra!, sottolineando che “anche nel ricco Nord, gli ingredienti del caporalato sono pressoché invariati”. Tra questi, ci sono le nuove forme di intermediazione illecita, la manodopera sempre più ricattabile, le condizioni abitative e lo strapotere della grande distribuzione organizzata. Tutti i produttori continuano a denunciare le politiche aggressive dei supermercati che dettano i prezzi. “Il problema è che decide tutto la Gdo quindi sono obbligato a vendere al di sotto del prezzo di produzione. Il mio ricavo è zero” racconta un produttore di frutta di Saluzzo. Secondo Ismea, per 100 euro di spesa che ognuno di noi fa al supermercato, all’agricoltura vanno 1,5 euro (che arrivano a sette se si parla di cibo fresco). La parte prevalente va alla logistica e alla distribuzione.

Forme di intermediazione illecita e manodopera sfruttabile – Poi c’è la gestione del rapporto di lavoro e delle condizioni di permanenza in Italia. Le cooperative senza terra o fittizie offrono un pacchetto completo. Spesso usano i codici Ateco che servono a classificare un’attività economica per camuffare le reali attività. Oltre ad organizzare in brevissimo tempo squadre di lavoratori necessarie nei momenti di picchi di raccolta, gli intermediari si occupano del trasporto, uno degli aspetti più problematici, e di dare un tetto (spesso poco dignitoso) a chi ne è sprovvisto. Nell’Albese, su circa 5mila addetti impiegati nel settore vitivinicolo, solo il 30-40% viene assunto direttamente dalle aziende agricole. E alle cooperative, vanno aggiungendosi nuove forme di intermediazione come partite Iva, srl e srls. Nel frattempo, in molte delle regioni analizzate, diminuiscono i lavoratori comunitari che preferiscono Paesi con salari più dignitosi. “Avevo un dipendente romeno bravissimo ma è andato in Germania perché lì lo pagano meglio e ora non riesco a trovare un sostituto” racconta un produttore. Al posto dei lavoratori comunitari, aumentano i cittadini provenienti dall’Asia meridionale e dall’Africa sub sahariana. Più vulnerabili, perché conoscono meno il mondo del lavoro in Italia, spesso vengono ridotti al silenzio.

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Lo sfruttamento nelle Langhe e i progressi del settore ortofrutticolo – Terra! analizza il comparto vitivinicolo nelle Langhe, mettendo a confronto la zona patrimonio Unesco nota per la produzione di Barolo, Barbaresco, Dolcetto di Diano d’Alba, Moscato d’Asti e Asti Spumante e quella di Saluzzo, dove si concentra gran parte della produzione frutticola regionale. Nel 2023, le esportazioni di vino hanno raggiunto 1,36 miliardi di euro, con il Piemonte secondo solo al Veneto. Nonostante i profitti, però, in provincia di Cuneo, il numero di lavoratori in nero è aumentato del 115% rispetto al 2022. Il reclutamento dei lavoratori si è spostato nei Centri di accoglienza straordinari ed è affidato perlopiù a cooperative senza terra gestite da stranieri, ma non c’è un incontro tra domanda e offerta. “Il ruolo degli intermediari è diventato così forte anche a causa dei vuoti dello Stato” racconta il report. E poiché mancano i lavoratori, il costo da corrispondere ai contoterzisti spesso diventa più alto di un’assunzione diretta. L’alloggio resta uno dei fattori determinanti dello sfruttamento, ma il report racconta dell’esempio virtuoso di Saluzzo. Se nel 2009, i primi lavoratori di origine subsahariana dormivano presso la stazione ferroviaria dismessa, dopo una serie di inchieste e interventi, nel 2020 è stato siglato un protocollo d’intesa per la messa a disposizione di 115 posti letto per l’accoglienza dei lavoratori stagionali contrattualizzati o in cerca di lavoro. Quel protocollo è stato rinnovato ogni anno, fino a raggiungere nel 2024 la capienza di 250 posti dislocati in 10 Comuni, pagati in parte dall’azienda in cui il lavoratore è contrattualizzato (4 euro più Iva al giorno), in parte dallo stagionale (1,50 euro al giorno) e in parte con un contributo forfettario da parte delle organizzazioni di categoria.

Friuli Venezia Giulia, il punto di arrivo della Rotta balcanica – Nel report si analizza anche il comparto vitivinicolo del Friuli, sia quello ricco dei Colli Orientali (Gorizia) che quello dei piccoli produttori del Friuli occidentale delle barbatelle (Pordenone). È il settore in cui è impiegata oltre la metà della manodopera agricola in regione, per il 53% costituita da stranieri. Qui arrivano migliaia di persone provenienti dal Medio Oriente e dall’Asia. Lavoratori facilmente assoldabili anche senza competenze e, quindi, più ricattabili. Anche qui il lavoro è ormai del tutto esternalizzato, ma più che a cooperative senza terra, a partite IVA individuali, che spostano i lavoratori anche fuori confine. Solo nel 2023, a Pordenone sono nate 73 nuove partite Iva intestate a cittadini stranieri. Secondo alcune fonti intervistate nel report, in questa zona esisterebbe anche un “caporalato di secondo livello”, che vede l’interposizione di un quarto soggetto, anche straniero, fra chi gestisce le squadre dei lavoratori e le aziende. E questo allontana sempre di più il datore di lavoro dal lavoratore.

Veneto, lo sfruttamento nell’area del Prosecco – Dati il successo e gli alti profitti legati al Prosecco, la superficie vitata di Glera tra Veneto e Friuli-Venezia Giulia ha raggiunto circa i 38mila ettari, un’area che potrebbe coprirebbe l’isola di Malta. “Con conseguenze nel mercato del lavoro e nell’equilibrio ecologico del territorio – spiega il report – visto che richiede ingenti quantità di prodotti fitosanitari e manodopera a poco prezzo, specie nelle zone dove la raccolta è manuale”. Anche in Veneto è diffuso il contoterzismo. Nell’area trevigiana del Prosecco, l’aumento di lavoratori non assunti direttamente dall’azienda dal 2010 al 2020 è aumentato del 251%. E recentemente sono aumentate le srls gestite perlopiù da stranieri, la forma più semplificata possibile per creare una società, anche a partire da soli 500 euro.



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