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Antonio Vivaldi
Concerto in fa maggiore per violino, violoncello, archi e continuo RV 544 (Il Proteo o sia il mondo al rovescio)
Allegro
Largo
Allegro
Concerto in re minore per 2 violini, violoncello, archi e continuo RV 565 (da L’estro armonico op. 3 n. 11)
Allegro – Adagio spiccato – Allegro
Largo e spiccato
Allegro
Concerto in si minore per 4 violini, violoncello, archi e continuo RV 580 (da L’estro armonico op. 3 n. 10)
Allegro
Largo
Larghetto – Adagio -Largo
Allegro
Le stagioni, 4 concerti per violino, archi e continuo (da Il Cimento dell’Armonia e dell’Inventione op. 8)
n. 1 in Mi maggiore, “La primavera” RV 269
n. 2 in sol minore, “L’estate”, RV 315
n. 3 in Fa maggiore, “L’autunno”, RV 293
n. 4 in fa minore, “L’inverno”, RV 297
Torino, Conservatorio Giuseppe Verdi, 5 marzo 2025
Les Musiciennes du Concert des Nations, Jordi Savall direttore, Alfia Bakieva violino, Olivia Maniscalchi voce recitante
L’orchestra dell’Ospedale della Pietà
Se “Les Musiciens du Louvre” (l’ensemble fondato da Marc Minkowski) e “Les Musiciens du Prince” (fondato questo da Cecilia Bartoli) sono formazioni di strumentisti dei due sessi, l’ultima creazione di Jordi Savall “Les Musiciennes du Concert des Nations” indica fin dal titolo trattarsi di un ensemble tutto al femminile. Un progetto speciale all’interno dello storico “Concert des Nations” fondato da Savall nel lontano 1989, qui soltanto di donne e di età inferiore ai 39 anni, con strumenti originali. Le intenzioni sono quelle di offrire un repertorio che spazi dal primo Seicento ai primi decenni dell’Ottocento, insomma, da Monteverdi a Beethoven.
Il programma che stanno portando in giro – ieri erano a Ferrara, l’altro ieri a Vicenza, il giorno prima ancora a Voghera, domani saranno a Brescia… – verte sulla figura di Antonio Vivaldi. Non si tratta allora solo di un omaggio al talento femminile in vista dell’8 marzo: Savall vuole anche onorare la memoria delle “putte” dell’Ospedale della Pietà che trecento anni fa intonavano le musiche del Prete Rosso che le istruiva. “Les Musiciennes du Concert des Nations” sono diciotto artiste di varie nazionalità guidate da Alfia Bakieva, violinista di origini tartare residente ora a Salisburgo e specializzata sia nel repertorio classico sia in quello folk. Ha fondato infatti un ensemble dedito alle tradizioni tartare e ha una forte passione per il tango. Suona un Francesco Ruggeri del 1680.
Apre la serata il Concerto in Fa per violino, violoncello, archi e continuo RV 544 (Il Proteo o sia il mondo al rovescio) e si prosegue con due dei concerti de L’estro armonico op. 3, l’undicesimo in re per due violini e violoncello e il decimo in si per quattro violini e violoncello, trascritti entrambi da Johann Sebastian Bach: quello in re per organo (BWV 596) e quello in si per quattro clavicembali, lo spettacolare BWV 1065. Soprattutto per il concerto in Fa l’esecuzione offerta dall’ensemble è in parte deludente per la povertà di colori e la monotonia del fraseggio, un Vivaldi tutt’altro che brillante. Ma anche nei due concerti de L’estro armonico i contrasti tra solisti e pieno orchestrale sono un po’ appiattiti, come se si volessero risparmiare le forze per il pezzo forte della serata, che infatti si risolleva musicalmente nella seconda parte.
Dal 1955, con I Musici diretti da Felix Ayo, migliaia sono state le registrazioni de Le stagioni, tanto da farne la più popolare composizione di musica classica. Nel 1957 fu la volta dei Solisti di Zagabria diretti da Antonio Janigro, seguiti da Neville Marriner con l’Academy of St Martin in the Field (1970), Trevor Pinnock e The English Concert (1982), Christopher Hogwood e l’Academy of Ancient Music (1982); Fabio Biondi e l’Europa Galante (2000) e molte altre. Ogni esecuzione riflette l’interpretazione della musica barocca del periodo e nel 1989 quella di Nigel Kennedy con l’English Chamber Orchestra fu considerata rivoluzionaria per quell’approccio all’esecuzione storicamente informata che poi divenne prassi comune. E certamente questa esigenza è presente anche nella tecnica esecutiva di Savall. Quello che non convince è l’aver previsto una voce recitante per i sonetti che hanno ispirato la composizione, una voce che non solo introduce, ma spesso è sopra la musica per declamare dei versi, anonimi o forse di Vivaldi stesso, di qualità letteraria tutt’altro che eccelsa, fraintendendo le indicazioni originali: i frammenti di testo scritti in partitura erano diretti all’esecutore per indicare il punto preciso dell’effetto, non certo all’ascoltatore, il quale doveva scoprire lui stesso nei virtuosismi strumentali i dettagli stagionali, magari dopo essersi letto, per conto proprio, i testi. Ogni tappa della tournée di questo concerto, già fissato su disco, prevede una voce recitante femminile e a Torino tocca a Olivia Manescalchi realizzare il collegamento tra le parole del sonetto e quello che si ascolta. Un espediente del tutto pleonastico, quasi come spiegare una barzelletta e l’effetto che si ottiene è quello di trasformare l’esecuzione vivaldiana in Pierino e il lupo, ma senza il pubblico di scolaresche.
Peccato, perché l’esecuzione è trascinante e a suo modo spettacolare: la solista dimostra una tecnica prodigiosa che le permette di affrontare gli effetti speciali con agilità e fantasia, creando suoni inediti e connotati da uno spirito quasi zigano. La violinista sottolinea nei gesti e nei movimenti quelli suggeriti dalle note, eccola quindi accennare passi di danza sull’Allegro finale de “La primavera”, quelli barcollanti dell’ubriaco de “L’autunno” o quelli incerti sul ghiaccio del Largo de “L’inverno”. A questo proposito non si può non ricordare lo Stabat Mater di Tiziano Scarpa dove la giovane Cecilia, “putta” dell’Ospitale, commenta l’esecuzione delle Stagioni del nuovo maestro Vivaldi: «Ha scritto un pasticcio di suoni che imitano i rumori delle stagioni. […] È un continuo gioco a mascherarsi, a fingere di non essere ciò che siamo, a imitare strumenti che non abbiamo mai sentito e non possediamo. […] Facciamo sembrare i nostri violini cose e paesaggi, animali e rumori, e perfino altri strumenti, e perfino altri violini, stravolti, suonati male da contadini che li strimpellano saltellando da una gamba all’altra, dopo aver bevuto troppo. […] Se vi dicessi che io ero tutte quelle cose, che ero gli uccellini e la tempesta e tutto il resto, non sarei sincera. […] Io ero la traduzione musicale di quelle cose, ero tutto il mondo in versione violinistica».
È con questo spirito che hanno suonato le Musiciennes e il pubblico lo ha capito e ne è stato coinvolto. Ai calorosi applausi Savall ha risposto con un fuori programma di lusso: le variazioni dell’Andante del Concerto per violino e archi in Si bemolle, RV 583.
⸪
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