Gli abusi e le molestie nelle università italiane

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La Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI), un’associazione che riunisce 85 università italiane statali e private riconosciute dallo Stato, ha presentato i risultati di un’indagine sul numero di segnalazioni per abusi, molestie e violenze di genere nelle università italiane. Da marzo a novembre del 2024 la CRUI ha rilevato 243 segnalazioni: mediamente 30 al mese, cioè praticamente una al giorno. All’indagine hanno partecipato 80 delle 85 università italiane aderenti alla CRUI, che non include le 14 università telematiche riconosciute, quindi solo quelle che lavorano in presenza.

La CRUI ha inviato alle università un questionario telematico in cui chiedeva di inserire il numero di segnalazioni ricevute per molestie e abusi e la loro tipologia: quindi da chi erano state presentate, nei confronti di chi e attraverso quali canali (alcune università hanno centri antiviolenza, altre sportelli di ascolto, altre ancora servizi di consulenza psicologica). Il questionario includeva sia risposte multiple che spazi in cui inserire descrizioni. I dati sono aggiornati al 4 novembre del 2024.

Secondo i risultati dell’indagine il numero maggiore di segnalazioni (51) ha riguardato accuse di molestie sessuali. La maggior parte delle segnalazioni (77) sono arrivate da studenti, e le persone individuate come responsabili delle molestie e abusi segnalati sono sia docenti e ricercatori (55) che studenti (54).

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Alessia Conti è presidente del Consiglio nazionale studenti universitari (CNSU), un organo di rappresentanza di studenti delle università italiane. Ritiene che sia necessaria una seconda indagine, più mirata e approfondita, che analizzi nello specifico le condizioni dei e delle studenti e l’impatto che ha su di loro il problema della violenza di genere. Conti dice che è già in programma un secondo questionario preparato in collaborazione da CRUI e CNSU, sulla base del quale mettere poi a punto un documento che raccolga proposte sugli strumenti che le università dovrebbero adottare per contrastare la violenza di genere all’interno delle università, e renderle luoghi più sicuri.

L’indagine della CRUI ha mappato anche gli strumenti di cui sono dotate le università per il contrasto alla violenza di genere: secondo i dati raccolti circa il 25 per cento delle università italiane, tra quelle che hanno partecipato all’indagine, si è dotato di un centro antiviolenza. Sono tutte università pubbliche. I centri antiviolenza sono soprattutto nelle università del Centro: il 55,6 per cento contro il 22,2 per cento sia nel Nord che nel Sud. Per il resto, la maggior parte delle rilevazioni e segnalazioni è gestita da sportelli di ascolto che si occupano anche di altro (il 65,4 per cento degli atenei partecipanti) e da servizi generici di counselling (l’80,3 per cento del totale).

Tra questi servizi più generici rientra anche la figura del consigliere o consigliera di fiducia, che serve a raccogliere e gestire le segnalazioni fatte dal personale riguardo a molestie o mobbing. Secondo Conti questa figura è presente in circa metà delle università italiane. Altre segnalazioni riguardano accuse di molestie psicologiche (43), stalking (32), “cyber-molestie”, cioè abusi facilitati dalla tecnologia o portati avanti per via informatica (27), altri tipi di molestie fisiche (25) e mobbing (19).

Al questionario al centro dell’indagine hanno risposto 64 atenei statali e 16 privati: la maggior parte degli atenei partecipanti (33) sono al Nord, seguiti dal Sud (25) e dal Centro (20). Le segnalazioni sono state fatte soprattutto nelle università del Nord e del Centro. Il Sud risulta invece essere la parte d’Italia nelle cui università si denunciano meno episodi di molestie e abusi: il 60 per cento delle università del Sud ha detto di non aver mai ricevuto una segnalazione.

– Leggi anche: A che punto è l’indagine sugli abusi sessuali nella diocesi di Bolzano-Bressanone

L’idea di avviare un’indagine estesa a più università possibili è nata dopo le grandi manifestazioni organizzate in tutta Italia per il femminicidio di Giulia Cecchettin, alla fine del 2023. Ci furono pressioni di diverse associazioni studentesche, che chiedevano più strumenti per prevenire la violenza di genere negli atenei.

A marzo del 2024 l’Unione degli universitari, un’associazione studentesca di ispirazione sindacale, aveva fatto un questionario nazionale raccogliendo testimonianze ed esperienze di persone che lavorano nelle università: il questionario aveva raccolto 1.500 risposte nell’arco di un mese, e aveva concluso che il 20 per cento delle persone  che avevano risposto non riteneva le università un luogo sicuro, e che il 34,5 aveva sentito parlare almeno una volta di molestie e abusi all’interno degli spazi universitari. Quell’indagine aveva però alcuni limiti: essendo la partecipazione su base volontaria, avevano risposto persone verosimilmente già sensibili al problema della violenza di genere. Tuttavia era servito ad aumentare le attenzioni sul tema, e aveva contribuito ad avviare lo studio più sistematico e capillare fatto dalla CRUI.



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