Quest’anno la Cina punta a mantenere la crescita “attorno al 5 per cento”, investendo nella creazione di nuovi posti di lavoro, nell’incremento della spesa fiscale e nello sviluppo dell’economia privata, con particolare attenzione al comparto tecnologico. Allo stesso tempo, aumenterà il budget per la difesa del 7,2 per cento e continuerà ad “avanzare con fermezza” nell’obiettivo di “riunificazione” con Taiwan. Questi i principali obiettivi del rapporto di lavoro presentato dal primo ministro Li Qiang alla riunione dell’Assemblea nazionale del popolo (Anp, il parlamento cinese), al via oggi a Pechino. Il premier ha aperto l’annuale incontro dei circa 3 mila delegati dell’Assemblea illustrando i risultati raggiunti nell’anno appena trascorso, segnato da “crescenti pressioni esterne” e “difficoltà interne” che il Paese ha superato garantendo “una prestazione complessivamente stabile e una crescita costante dell’economia”.
Quest’anno, la Cina punta a mantenere lo stesso tasso di crescita del 2024 e a contenere la disoccupazione al 5,5 per cento, con la creazione di oltre 12 milioni di posti di lavoro e aiuti mirati per neolaureati e migranti. È stato stabilito un deficit record al 4 per cento del Prodotto interno lordo (il più alto degli ultimi trent’anni) e abbassato il tasso di riferimento per l’inflazione al 2 per cento, dopo che l’Indice dei prezzi al consumo (Ipc) è rimasto fermo allo 0,2 per cento sia nel 2023 che nel 2024. Tutte le misure, secondo gli analisti, segnalano la rinnovata attenzione al sostegno della spesa delle famiglie e potrebbero contribuire a contrastare il calo delle esportazioni colpite dai dazi statunitensi applicati dall’amministrazione di Donald Trump.
Nel 2025, la spesa fiscale sarà ampliata con l’emissione di buoni speciali del Tesoro a lunghissima scadenza per 182 miliardi di dollari (circa 42 miliardi di dollari in più rispetto allo scorso anno) e con altri 69 miliardi di dollari di obbligazioni speciali a sostegno delle banche commerciali. L’emissione di obbligazioni speciali da parte delle amministrazioni locali, in particolare, è stata fissata a circa 606 miliardi di dollari (in aumento di 399 miliardi di dollari rispetto allo scorso anno), il che innalzerà il debito pubblico a 1.651 miliardi di dollari. È previsto anche lo stanziamento di 101 miliardi di dollari per gli investimenti (soprattutto quelli infrastrutturali) e la ricostituzione dei fondi di assicurazione dei depositi e di stabilità finanziaria.
In generale, ha spiegato Li Qiang, la politica monetaria del 2025 sarà “moderatamente allentata” per affrontare le problematiche interne (tra cui una ripresa instabile, una domanda debole, pressioni occupazionali e inefficienze di governance) e un ambiente esterno segnato da tensioni geopolitiche e da un “aumento del protezionismo” che potrebbe avere ripercussioni sullo sviluppo del commercio, della scienza e dell’industria tecnologica cinese. La strategia di sviluppo di Pechino per il 2025 fa infatti leva sulla stabilizzazione degli investimenti esteri, promesse di maggior apertura nei confronti delle aziende straniere, una rafforzata collaborazione tra l’industria nazionale e gli istituti di ricerca, oltre che su una compenetrazione più forte tra tecnologia e manifattura. “Sosterremo l’applicazione di modelli d’intelligenza artificiale (Ia) su vasta scala”, “promuoveremo un’applicazione più ampia (della tecnologia) 5G” e la creazione di “cluster industriali digitali in grado di competere a livello internazionale”, ha anticipato Li.
Sarà inoltre istituito un meccanismo dedicato alle “industrie del futuro” (che include settori come la tecnologia 6G, la produzione di biomateriali e la tecnologia quantistica) e dedicato ampio spazio alla promozione dell’economia privata, con Pechino pronta ad adottare “provvedimenti concreti” per “l’efficace protezione dei legittimi diritti e interessi” degli operatori del settore. A contribuire a nuovi fattori di crescita saranno soprattutto le potenze economiche nazionali, tra cui l’Area della Grande Baia di Guangdong, Hong Kong e Macao (Greater Bay Area, Gba). Uno degli aggiornamenti più attesi comunicati da Li è stato tuttavia quello relativo alla spesa per la Difesa, che quest’anno ammonterà a 245 miliardi di dollari contro i 99 miliardi di dollari del 2013, anno dell’ascesa al potere di Xi Jinping. L’incremento del 7,2 per cento è in linea con quello degli ultimi due anni e con l’obiettivo del leader cinese di completare l’ammodernamento dell’apparato militare entro il 2035.
L’annuale rapporto di lavoro sottolinea soprattutto la necessità di “migliorare la condotta politica delle forze armate”, in un velato riferimento ai numerosi scandali di corruzione che hanno coinvolto i vertici della gerarchia militare negli ultimi anni e che hanno portato a purghe eccellenti come quelle degli ex ministri della Difesa Li Shangfu e Wei Fenghe. La promessa d’intensificare “l’addestramento militare e la prontezza al combattimento” sembrano inoltre preannunciare nuove esercitazioni nelle acque al largo di Taiwan, considerata dal Partito comunista “una provincia ribelle da riunificare con la forza, se necessario”. Le rivendicazioni sull’isola autogovernata sono state ribadite con convinzione anche oggi dal premier cinese, il quale ha sottolineato che “sarà fermamente portata avanti la spinta alla riunificazione”.
Nel quadro delle tensioni con gli Stati Uniti, i principali fornitori d’assistenza militare a Taiwan, la Cina ha ribadito di essere contraria alle “ingerenze esterne” sulla questione e di essere a favore della “promozione di uno sviluppo pacifico delle relazioni intra-Stretto”. La visione strategica a breve termine della seconda economia mondiale, contraddistinta da un aggressivo impulso alla spesa per stimolare la crescita, diverge nettamente da quella del presidente statunitense Donald Trump, che ha intrapreso una campagna di forti tagli nell’apparato del governo federale per pareggiare il bilancio.
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