Crescita Economica: il Ruolo Cruciale di Formazione, Produttività e Innovazione!

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Secondo i dati provenienti dall’Osservatorio Excelsior (gestito dal ministero del Lavoro e da Unioncamere), nel mese di gennaio le imprese avevano previsto di effettuare circa 500.000 nuove assunzioni. Tuttavia, metà di queste posizioni non sono state coperte a seguito dei processi di selezione. Le difficoltà di reclutamento non riguardano esclusivamente ruoli altamente specializzati, ma anche professioni meno qualificate come fonditori, saldatori e manutentori. Questo evidenzia una forte crescita nella richiesta di lavoro che rimane insoddisfatta, mentre l’offerta di lavoro stenta a tenere il passo.



Il nostro ritardo nel rispondere alle esigenze del mercato del lavoro deriva sia dalla scarsa aderenza dei profili professionali richiesti sia dalla mancanza di strumenti adeguati nelle politiche del lavoro, che potrebbero facilitare l’incontro tra domanda e offerta, intervenendo anche nella formazione dei lavoratori fin dai percorsi di istruzione, ormai obsoleti rispetto all’evoluzione rapida del contesto lavorativo.

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È imperativo un immediato ripensamento dei programmi di studio e, ovviamente, la fornitura di formazione continua e aggiornamenti per gli insegnanti, in collaborazione con le aziende, le scuole professionali rinnovate e le università. Questo attraverso lo sviluppo di un sistema duale che, non ancora pienamente implementato, potrebbe rinvigorire la forza lavoro giovane e quella di mezza età, incrementando così la produttività e sostenendo economicamente il sistema del welfare.



La produttività del nostro sistema industriale è in calo, e il blocco della Transizione 5.0 richiede interventi di supporto dal Governo. Le politiche sono mutate, il paese è statico e dobbiamo evitare una recessione. Questa situazione prolungata richiede un’analisi che vada oltre le circostanze momentanee e consideri un cambiamento strutturale dell’industria italiana e delle politiche del lavoro, in un periodo di incertezza dove una visione chiara è fondamentale.

L’Italia, ad esempio, è un importante fornitore di componentistica per la Germania e altri paesi; quindi, dovremmo essere capaci di elaborare una visione anche a livello comunitario e non solo nazionale. Se mancano le competenze professionali, a chi esportiamo? L’innovazione è oggi essenziale, e dobbiamo investire in essa per superare anche la crisi reputazionale, affrontando le sfide poste dall’innovazione tecnologica internazionale, come l’intelligenza artificiale, che sta trasformando il settore manifatturiero.

Un punto di luce può emergere considerando non solo i fattori esterni, ma anche la capacità di adattarsi internamente. I dazi imposti dall’amministrazione Trump, per esempio, non favoriscono un clima di investimenti, influenzando negativamente la nostra industria manifatturiera. Le aziende italiane devono essere in grado di diversificare l’offerta di prodotti e contare su una politica industriale che supporti tecnologicamente le imprese a costi accessibili.

La legislazione sul Made in Italy è troppo limitata e non considera adeguatamente l’ambito internazionale europeo. Dobbiamo sapere come gestire e spendere efficacemente le risorse finanziarie europee, partendo dalla formazione. L’innovazione deve passare attraverso una politica economica che sia sia italiana che europea, generando e applicando tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale, soprattutto nel settore manifatturiero.

Il sistema capitalista italiano non è sufficientemente attrezzato per le sfide attuali, e gli imprenditori italiani nel settore bancario rappresentano una risorsa di risparmio vitale per il paese. Sebbene le grandi aziende tecnologiche siano dominate da monopoli americani e cinesi, le nostre menti creative e capaci possono competere anche e soprattutto nel campo della ricerca. Non c’è tempo da perdere: più presto ne prendiamo coscienza, più rapidamente possiamo ripartire.

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