Costa (Fi): «Scovare le intercettazioni prodotte dall’Ai»

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Scriveva martedì sul Giornale Stefano Zurlo che «la domanda più suggestiva è una e una sola: preferireste essere giudicati da un magistrato in carne e ossa o dall’intelligenza artificiale?». Non siamo ancora a quel punto (anche se c’è chi immagina programmi e algoritmi in grado di preparare e scrivere provvedimenti interpretando in modo uniforme la legge), ma recenti casi di cronaca hanno posto all’attenzione di tutti il ruolo che l’Ai potrebbe avere nel produrre intercettazioni false.

Nelle scorse settimane un finto ministro Guido Crosetto avrebbe telefonato ad alcuni imprenditori chiedendo loro di depositare denaro su un conto. Alcuni inquirenti sostengono che la voce di Crosetto fosse manipolata con l’intelligenza artificiale, altri no, ma sono sempre più numerose le truffe telefoniche fatte con voci reali clonate artificialmente. «Per anni ci siamo preoccupati della fedeltà delle trascrizioni delle intercettazioni telefoniche. Ora non basta più», dice a Tempi Enrico Costa, deputato eletto con Azione e passato a settembre in Forza Italia da sempre in prima linea nelle battaglie garantiste.

Il rischio delle intercettazioni fake

Costa ha in mente numerosi casi di arresti ordinati sulla base di trascrizioni errate di quanto detto da due interlocutori intercettati telefonicamente. «Per capire se c’è qualcosa che non va è sufficiente riascoltare le tracce, confrontare i dialoghi sentiti con quelli scritti, periziarli così, ma mai nessuno ha messo in dubbio il fatto che quella telefonata ci sia effettivamente stata». Oggi siamo davanti a un «upgrade di rischio», spiega l’ex ministro per gli Affari regionali. «Noi sappiamo che con programmi di intelligenza artificiale si possono riprodurre artificialmente le voci, dando così vita a una sorta di “alterazioni genetiche” dei risultati intercettativi».

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Banalmente, riproducendo la voce di un politico o di un imprenditore si possono richiedere o promettere tangenti al telefono a qualcuno. «Così come per qualsiasi documento venga utilizzato nella fase delle indagini c’è un vaglio di genuinità, lo stesso deve succedere per le intercettazioni», osserva il parlamentare piemontese. «E non soltanto per quel che riguarda la fedeltà della trascrizione. Le intercettazioni vengono utilizzate come mezzo di ricerca delle prove, se possono essere falsificate anch’esse, come un documento, bisogna fare in modo che vi sia una sorta di sigillo di autenticità anche per esse». Per farlo occorrono strumenti e programmi adeguati, ma «è necessario metterci la testa, introdurre un percorso normativo in questa direzione, la sola attestazione dell’agente di polizia che ascolta la registrazione non è più sufficiente a garantirne la genuinità».

Intercettazioni e Ai. Costa: «il governo approfondisca»

La gestione delle intercettazioni è da tempo un terreno di scontro aspro tra fazioni politiche, magistratura e media, ma almeno «su questo vedo una sensibilità e una disponibilità trasversale», dice Costa, che però aveva già presentato un ordine del giorno sullo stesso tema due anni fa alla Camera: «Anche allora fu accolto con disponibilità da tutti, poi è caduto nel vuoto. Ora è fondamentale che si intervenga, che quantomeno si approfondisca il tema: ci sono fior di università che hanno cominciato ad approfondirlo e hanno individuato programmi adatti». A fare una proposta concreta, poi, non possono essere solo i parlamentari, magari emendando qualche decreto, ma «il governo facendo approfondimenti e sentendo le autority competenti in materia».

Giriamo a Costa la domanda paradossale di Zurlo, e gli chiediamo se sarebbe meglio farsi giudicare da un giudice, magari ideologizzato e di parte, o da un’intelligenza artificiale. «Io penso che la valutazione sulla libertà di una persona è una valutazione che non può prescindere dall’analisi umana. Poi è chiaro che se l’intelligenza artificiale, di fronte a un caso concreto, sottopone al giudice l’evoluzione giurisprudenziale può essere utile, ma in ultimo sarà sempre il giudice che dovrà valutarla, non può diventare il passacarte Ai».

Il ddl in discussione alla Camera

Che siano artefatte con l’intelligenza artificiale o realmente avvenute, le intercettazioni telefoniche continuano a essere usate sui media per portare avanti battaglie politiche, colpire avversari mettendo in piazza fatti privati o frasi senza alcun rilievo penale. Il governo sta portando avanti una riforma della giustizia in più tappe, e proprio di intercettazioni si sta parlando alla Camera in questi giorni, anche se non della loro pubblicazione (quella in teoria è già vietata, ma nessuno viene punito se aggira il divieto).


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La discussione in corso riguarda soltanto il termine di durata delle intercettazioni, che sarà di 45 giorni, «salvo che l’assoluta indispensabilità sia giustificata dall’emergere di elementi specifici e concreti, che devono essere oggetto di espressa motivazione». Costa, che nei giorni scorsi ha fatto notare l’ipocrisia della sinistra che – durante il governo Prodi – fece la stessa proposta e oggi la osteggia, sottolinea come, anche con questa riforma in vigore, resta il rischio di elusione del termine dei 45 giorni. «Siccome si tratta sempre di una compressione di diritti costituzionali, quello alla privacy e alla riservatezza, è fondamentale che venga argomentato bene l’iter logico-giuridico che giustifica questa compressione e non soltanto richiamandosi a documenti esterni alla richiesta o a informative di polizia giudiziaria».



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