Cosa si vede nei tour organizzati in Corea del Nord, raccontato da chi c’è stato

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La scorsa settimana un gruppo di 12 turisti occidentali ha visitato alcune aree della Corea del Nord con un tour organizzato: è stata la prima volta che delle persone di nazionalità non russa e non cinese sono entrate nel paese dall’inizio del 2020, quando tutti gli ingressi erano stati interrotti a causa della pandemia di Covid-19. Dopo il primo viaggio ne sono stati organizzati un paio d’altri, ma è possibile che siano gli ultimi, almeno per un po’: il 6 marzo le agenzie che li organizzavano hanno comunicato di aver sospeso di nuovo tutte le attività perché il confine tra Corea del Nord e Cina era «stato chiuso», per motivi che non sapevano spiegare.

La Corea del Nord è una dittatura estremamente repressiva e ostile alla maggior parte degli altri paesi del mondo. I turisti possono andarci solo con viaggi organizzati approvati dal regime del dittatore Kim Jong Un: si vede solo quello che il governo vuole mostrare, ma è anche l’unico modo per entrare nel paese. I turisti sono stati portati solo nella provincia nordorientale di Rason, un’area industriale vicina al confine con la Cina e con la Russia, priva di particolari attrattive turistiche. Non sono quindi andati nella capitale Pyongyang.

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Il primo viaggio è stato organizzato da Koryo Tours, un’agenzia britannica con sede in Cina, e i partecipanti sono stati selezionati da una lista di persone che da tempo attendevano di poter entrare in uno dei paesi meno conosciuti al mondo: appassionati di Corea del Nord, blogger di viaggi, viaggiatori che si definiscono “estremi” e collezionisti di primati legati ai viaggi. Simon Cockerell, il direttore di Koryo Tours, specifica che l’agenzia «non lavora col governo nordcoreano».

Gli organizzatori hanno scelto persone che avevano già fatto qualche esperienza in paesi molto sorvegliati, per essere sicuri che tutti seguissero le regole e nessuno prendesse iniziative personali. «Era importante che chi partecipava non commettesse nessun errore grave, altrimenti si rischiava che richiudessero tutto subito», dice Nicolas Pasquali, un turista italo-argentino di 32 anni che ha partecipato al viaggio.

Cartelloni di propaganda del regime a Rason (@nicopasqualiok)

Pasquali ha tre nonni italiani e un passaporto italiano («Che aiuta in quasi tutti i paesi del mondo»), ha vissuto per qualche mese in Italia ma normalmente risiede a Buenos Aires. Era lì quando Koryo Tours l’ha chiamato, dicendogli che poteva partecipare al viaggio, ma la partenza era fissata per appena tre giorni dopo: «Avevo 72 ore, ne ho passate 50 in volo con scali a San Paolo, Addis Abeba e Pechino. Ho fatto il giro del mondo, ma ero molto motivato», dice. La Corea del Nord era infatti l’unico paese al mondo che Pasquali non aveva ancora visitato: ora è a «196 su 196».

È arrivato a Yanji, città cinese vicina al confine, da dove partiva il viaggio e lì ha incontrato gli altri 11 partecipanti: una donna delle Filippine, per il resto uomini europei, un canadese, un neozelandese e un australiano.

Il viaggio è durato cinque giorni, tra il 23 e il 27 febbraio. È iniziato con l’attraversamento del ponte sul fiume Tumen, sul confine con la Cina: i partecipanti hanno raccontato che ogni loro strumento tecnologico è stato controllato, schedato e poi ricontrollato al ritorno, per evitare che telefoni o computer potessero essere lasciati nel paese. Era anche proibito portare con sé qualsiasi materiale che potesse essere valutato come politico e problematico, e c’erano ancora molti controlli per il Covid-19, con il bagaglio disinfettato e la misurazione della temperatura corporea.

Dentro i confini della Corea del Nord non c’è connessione internet, almeno per gli stranieri: i locali hanno a disposizione in determinate situazioni una rete interna, in cui è schermato tutto ciò che non è approvato dal regime. Zoe Stephens, una guida di Koryo Tours con una lunga esperienza nel paese, dice che la principale differenza notata cinque anni dopo l’ultimo viaggio in Corea del Nord è che «ora la gente usa molto gli smartphone e le app, con giochi e strumenti di messaggistica per parlare con persone di tutto il paese».

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«Il mio telefono invece serviva solo per fare foto e video», dice Pasquali. Ma anche a quel riguardo c’erano rigide regole da seguire. Racconta che era espressamente vietato fare foto di ciò che si vedeva dal bus (salvo eccezioni espressamente comunicate), che di fronte alle statue dei leader presenti e passati bisognava assumere delle pose predefinite e che se in una stanza c’erano foto di Kim Jong Un e del padre Kim Jong Il «non potevi tagliarle fuori dall’inquadratura. E c’erano praticamente in tutte le stanze».

Le statue di Kim Il Sung e Kim Jong Il, rispettivamente il nonno e il padre dell’attuale dittatore Kim Jong Un (@nicopasqualiok)

Il viaggio era organizzato in ogni sua tappa, i partecipanti non potevano muoversi da soli: è sempre stato così, anche prima della pandemia e con un numero di turisti maggiore (erano stati 350mila nel 2019, il 90 per cento cinesi). I 12 partecipanti al tour di febbraio sono stati accompagnati da quattro guide e un autista. Sono state le persone nordcoreane con le quali hanno avuto i maggiori contatti: i viaggiatori hanno raccontato che su alcune notizie di attualità sembravano piuttosto informati, ma anche che esprimevano una certa ammirazione per tutti i dittatori del passato, compresi Benito Mussolini e Adolf Hitler, definiti «grandi leader».

Ripetevano inoltre la teoria falsa, promossa del regime, secondo cui il Covid si sarebbe diffuso in Corea del Nord a partire da un pallone aerostatico lanciato dalla Corea del Sud, ma sarebbe stato debellato dal governo nordcoreano in poco più di un mese. Il regime ha negato per oltre due anni di avere avuto contagi, poi ha ammesso i primi casi nel maggio del 2022 (la reale entità dei contagi e dei morti è sconosciuta).

Poster di propaganda in una scuola nordcoreana (@nicopasqualiok)

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Rason, l’area visitata dal gruppo, è una sorta di esperimento capitalista dentro la repubblica socialista della Corea del Nord: nell’area è permesso ad aziende straniere, soprattutto cinesi ma anche russe, di avviare attività commerciali. Ci sono quindi frequenti scambi con la Cina, in alcuni negozi di “souvenir” si può pagare con valuta cinese. È possibile che Rason sia stata scelta perché ritenuta un’area controllabile, vicina al confine e relativamente abituata a vedere persone straniere. 

Il tour prevedeva anche una visita a una farmacia nuova e piuttosto fornita (cosa che succede raramente nel paese almeno in base alle informazioni pubbliche) e a un centro commerciale, frequentato da russi, cinesi e qualche nordcoreano, dove ci sono negozi all’occidentale in cui viene venduta anche merce con marchi contraffatti.

Il viaggio di Koryo Tours prevedeva per il resto visite più tradizionalmente nordcoreane: scuole, centri sportivi, una fabbrica di birra, una sartoria di uniformi scolastiche, un centro di potabilizzazione dell’acqua, scuole di arte e di musica, un parco divertimenti, una struttura che celebrava l’amicizia fra Corea del Nord e Russia, e il punto di frontiera tra Corea del Nord, Russia e Cina. I video postati online mostrano strutture preparate apposta per essere visitate, spesso vuote, e alcuni edifici di nuova costruzione che spiccano in mezzo ad altri più fatiscenti. Per le strade non c’erano quasi auto, se non qualche taxi, e non si vedevano nemmeno mezzi agricoli nei campi.

Joe Smith, un altro dei partecipanti, ha detto a BBC: «I posti spesso erano scarsamente illuminati e non c’era quasi mai il riscaldamento, a parte nelle nostre camere d’albergo». Nelle scuole bambini e ragazzini «cantavano sempre canzoni di elogio a Kim Jong Un», dice Pasquali, e «tutti sembravano essere stati sottoposti a un lavaggio del cervello impressionante. Mi hanno detto: “So che non hai la fortuna di avere un leader come il nostro, ma spero che tu sia felice comunque”».

Molti dei partecipanti citano come momento notevole uno spettacolo teatrale in cui bambini di otto-dieci anni cantavano e ballavano in complesse coreografie: dietro di loro su uno schermo di dimensioni cinematografiche scorrevano immagini che volevano esaltare il paese. Lo spettacolo si chiudeva coi bambini davanti a immagini di missili balistici in partenza, bombe ed esplosioni.

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La chiusura dello spettacolo teatrale (@nicopasqualiok)

Il tour a cui ha partecipato Pasquali è costato circa 700 euro, e anche quelli successivi si aggiravano su cifre simili: i prezzi salgono fino a 1.200-1.300 euro se si sceglie di partire da Pechino o di avere una camera singola. Ha partecipato almeno un altro italiano, Nicolò Balini.

Come detto, il 6 marzo il gruppo di agenzie che organizzano i viaggi ha sospeso tutte le attività a seguito della chiusura del confine tra Cina e Corea del Nord. Non è chiaro se o quando le attività turistiche riprenderanno. Cockerell, il manager di Koryo Tours, dice che prima della repentina chiusura era previsto che nei prossimi mesi partissero gruppi più numerosi, in occasione di alcune festività: il 15 aprile per esempio in Corea del Nord si festeggia il compleanno di Kim Il Sung, nonno dell’attuale leader e padre fondatore del paese.

Nicolas Pasquali durante una visita a una scuola nordcoreana (@nicopasqualiok)

L’agenzia nei giorni scorsi aveva anche aperto le iscrizioni per la maratona di Pyongyang, che prima del 2020 era diventata un appuntamento piuttosto popolare fra i turisti che visitavano la Corea del Nord.

Allora c’erano state molte discussioni sul fatto che questo tipo di turismo potesse favorire e normalizzare una dittatura rigida, crudele e violenta, che mantiene la maggior parte della sua popolazione in estrema povertà. Le discussioni potrebbero riprendere se il paese dovesse riavviare i viaggi turistici ed eventualmente estenderli ad altre zone della Corea del Nord. Anche nelle due settimane in cui i tour sono stati attivi era vietato l’ingresso nel paese a sudcoreani e statunitensi, oltre che ai giornalisti: qualche americano con un doppio passaporto in realtà è riuscito a partecipare ai primi viaggi, usando la seconda nazionalità per ottenere il visto.

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