L’evoluzione della politica commerciale di Trump non lascia spazio a dubbi: la guerra dei dazi è iniziata nel peggiore dei modi e rischia di mettere a repentaglio la crescita globale. L’impatto si sentirà prima in Europa che in USA e condizionerà anche l’inflazione, che risalirà a causa delle politiche protezionistiche.
Questo avrà importanti risvolti sulle scelte di politica monetaria di Fed e Bce, che saranno costrette a reagire in modo sempre più divergente all’evoluzione dello scenario macroeconomico. L’Eutotower si prepara a confermare pieno sostegno all’economia, con ripetuti tagli dei tassi quest’anno, mentre la Federal Reserve potrebbe essere anche costretta a fermare i tagli dei tassi quest’anno, prima di invertire rotta nel 2026.
La Fed teme impatti sull’inflazione
Il presidente della Fed di New York, John Williams, ha affermato che si aspetta che i dazi facciano salire in una certa misura l’inflazione, pur riconoscendo che per ora la politica dei tassi di interesse della banca centrale è nella posizione giusta e non necessita di essere modificata. “C’è molta incertezza: non sappiamo per quanto tempo rimarranno in vigore le tariffe. Non sappiamo cosa potrebbero fare gli altri paesi in risposta a ciò”, ha aggiunto il banchiere, aggiungendo “penso che l’attuale politica sia buona. Non vedo alcuna necessità di cambiarla subito” e confermando che la Fed intende mantenere l’attuale impostazione “moderatamente restrittiva”.
Le reazioni attese dalla banca centrale USA
La Fed al momento mantiene un atteggiamento cauto riguardo l’impatto della guerra commerciale, di cui non si conosce ancora l’esatta estensione e gli effetti sull’economia. Ma se la guerra commerciale dovesse essere portata avanti ad oltranza, si preannuncia un impatto sull’inflazione, tale da condizionare la politica monetaria della Fed.
E se i traders, considerando gli effetti negativi sull’economia, scommettono su almeno tre tagli dei tassi d’interesse di 25 punti base quest’anno, l’atteggiamento degli analisti è più cauto e per ora si confermano l’attesa di due tagli da 25 punti base a giugno e settembre.
Ma qualcuno ha anche un atteggiamento più prudente e ipotizza una pausa per tutto il 2025. “Riteniamo che la Fed abbia terminato il suo ciclo di allentamento”, affermano gli analisti di Schroders, suggerendo “tutti i segnali indicano un surriscaldamento dell’economia, suggerendo che il tasso neutrale è molto più alto della stima della Fed del 3% e che saranno necessari aumenti dei tassi”. Questi potrebbero arrivare quest’anno, anche se l’incertezza sulle politiche dell’amministrazione richiederà un approccio attendista. Continuiamo invece a prevedere un aumento di 50 punti base nel 2026″.
Cosa farà domani la Bce
Il momento della Bce è più vicino: la riunione di politica monetaria di domani si chiuderà probabilmente con un altro taglio dei tassi di 25 punti base, anche se sono in molti ad auspicare un taglio più deciso di 50 punti. La gran parte degli analisti si attende che la Bce riduca i tassi di interesse di 25 punti base nella riunione del 6 marzo con un tasso sui depositi che arriverebbe al 2,50%. Eterogenee sono invece le opinioni su cosa farà dopo l’Eurotower, anche se l‘approccio “riunione per riunione” viene generalmente confermato.
Gli analisti di Allianz Global Investors ritengono “plausibile” l’aspettativa dei mercati, che “stanno prezzando tagli consecutivi negli incontri della Bce fino a giugno” ed un tasso sui depositi visto al 2% entro metà anno ed anche più basso prima della fine dell’anno.
Per Pictet invece “è probabile che il linguaggio venga ammorbidito” senza che la Bce”abbandoni il riferimento al livello restrittivo dei tassi”, e ciò “per evitare di escludere a priori la possibilità di un altro taglio ad aprile“.
“L’attuale contesto di elevata incertezza non lascia spazio alla forward guidance e ci aspettiamo che la Bce continui a sottolineare che le decisioni verranno prese riunione per riunione”, sottolineano gli esperti di PIMCO, ribadendo che “il flusso di dati nei prossimi mesi determinerà la velocità e la portata dell’allentamento monetario nelle riunioni future”.
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