All’ingresso della galleria bolognese De’ Foscherari campeggia l’inconfondibile tratto distintivo di Claire Fontaine, LOTTA. L’insegna a neon apre e da il titolo alla mostra politica del collettivo: un’indagine che evidenzia le complicate relazioni tra arte, femminismo e oggettificazione dei corpi delle donne. Claire Fontaine è un’entità concettuale poliedrica, come la definisce Fabiola Naldi curatrice della mostra bolognese, costruisce e ripensa spazi politici attraverso l’arte per ribaltare rapporti e schemi di potere perpetuati nell’arte e nella società.
Ma cos’è la lotta per Claire Fontaine? Attraverso un atto vandalico, oltre la semplice distruzione, il collettivo invade le bianchissime stanze della Galleria.
Il primo grido è un libro-mattone, della serie Brickbat, mattoni modellati come libri, una riproduzione di Per una espressione nuova di Suzanne Santoro, artista e attivista, che ha lavorato per decostruire l’iconografia tradizionale dominata da una visione maschile e patriarcale e proporre invece una nuova lettura del corpo e dell’identità femminile. Addentrandosi nello spazio espositivo, la resistenza si intensifica, trasformandosi in un grido ancora più eloquente.
Si prosegue con fedeli riproduzioni di L’Origine du Monde di Gustave Courbet, l’opera che scandalizzò il mondo dell’arte, segnate, ai limiti della distruzione, da bombolette spray. La provocazione questa volta è in chiave duchampiana con un ready made ripetuto ben sedici volte lungo l’esposizione. L’opera di Courbet è aggredita da un atto ai limiti del vandalico con bombolette spray di diversi colori per arrivare quasi a coprire l’intera opera. Una ripetizione ai limiti dell’alienante per rivendicare una costruzione sessuale, simbolica, culturale ed economica sui corpi delle donne.
Claire Fontaine procede poi per sineddoche e contrapposizione: l’origine del mondo sessualizzata da uno sguardo maschile si scontra davanti a The World’s Mine Oyster, riproduzione per metafora dell’organo genitale femminile. L’ostrica, spesso associata alla vulva, diventa qui simbolo di trasformazione e vitalità grazie alla riproduzione in grande scala attraverso un’installazione luminosa. La libertà con cui il collettivo francese si riappropria di immagini e stereotipi culturali è istantanea e provocante: la loro pratica è politica, è presa di coscienza, è una dichiarazione di responsabilità del nostro stare ed essere società.
La mostra prosegue con altri Brickbat intrisi del pensiero di Carla Lonzi, figura centrale del femminismo radicale italiano degli anni Settanta. L’attivismo e le parole di queste donne prendono forma in mostra, trasformandosi in autentiche armi di ribellione.
Ma le protagoniste sono le sedici riproduzioni che si ripetono via via sempre più distruttive. Claire Fontaine indaga il valore aggiunto che l’atto vandalico conferisce, non solo all’immagine pubblica dell’opera, ma anche al pensiero che essa incarna oggi. Il vandalismo non viene condannato, ma accolto e ribaltato, trasformando l’oggetto colpito in un atto politico femminista. Le opere di Claire Fontaine si muovono in direzione di costruzione di significati nuovi e diversi, adottando un attivismo, a tratti più implicito, sia nella riappropriazione della storia sia nella riattivazione della pratica estetica. Lo spazio ideologico si traduce e si concretizza nella responsabilità di affermare l’ambiguità della pratica artistica lunga secoli di storia.
Attraverso un costante processo di apertura e ridefinizione dei codici espressivi, Claire Fontaine esplora e tenta di sovvertire le nozioni occidentali di identità e individualità. Lavorando su stereotipi e immagini simboliche di una tradizione culturale in declino, il collettivo si interroga su come l’arte possa rivelare e mettere in discussione conflitti, violenze e abusi ormai assodati nel mondo contemporaneo.
Il progetto solleva una domanda fondamentale: in che modo determinati gesti possono far emergere la disgregazione di ideologie patriarcali intrecciate con il panorama politico attuale? L’oggetto danneggiato, in questo contesto, non è solo testimonianza di un’alterazione fisica, ma diventa portatore di un significato più profondo, che supera la tradizionale percezione di integrità e autenticità.
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