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Che l’AI richieda un cambio di paradigma per i CIO non è certo una novità. Ma quali skill sono richieste? E come cambia la prospettiva fra CIO e CISO? Se ne è discusso in un workshop all’interno dell’evento GoBeyond, che ha visto la partecipazione di Luca Greco (Group Chief Information Officer di Salov), Michele Fabbri (Group ICT Director & CISO di De Nora) e Simone Pezzoli (Customer Security Officer, Western Europe di Microsoft).

Competenze in evoluzione nell’era della GenAI

Uno dei temi centrali della discussione è stato l’impatto dell’AI generativa sulle competenze richieste all’interno delle aziende. Parallelamente all’evoluzione dei modelli strategici aziendali, sta emergendo una domanda di figure professionali nuove, capaci di interagire efficacemente con l’IA generativa. “Si cercavano tantissimo software developer – commenta Pezzoli – adesso si cercano i prompt engineer, persone che siano in grado di sviluppare la conversazione con l’intelligenza artificiale generativa. Il punto non è cercare persone che possono essere sostituite dall’intelligenza artificiale, quanto cercare persone che abbiano le competenze per sfruttare l’intelligenza artificiale. Più che di replacement si tratta di trovare figure che abbiano competenze diverse”.

E non si tratta solo di competenze tecniche. Pezzoli ha sottolineato l’importanza di un bilanciamento tra hard e soft skills, con una particolare attenzione alla capacità di prioritizzare le attività, gestire le relazioni e comprendere la trasformazione digitale in modo trasversale, sia tecnologico che di impatto sul business. “La visibilità trasversale è un elemento differenziante” continua Pezzoli.

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Change Management consapevole: umanizzare la tecnologia

L’introduzione dell’IA generativa richiede un change management consapevole che tenga conto delle persone e delle loro esigenze. In questo senso, Greco ha individuato cinque punti fondamentali per un cambiamento efficace:

  • Mindset. Connettersi con i bisogni delle persone e “umanizzare” l’approccio al tempo, sfruttando l’AI per attività che “generano soddisfazione”. Non si tratta solo di maggiore produttività, ma di impegnarsi su attività che danno soddisfazione. “Se prima non ci colleghiamo col bisogno profondo della persona, non riusciamo poi a capire cosa funzionerà in termini di adozione tecnologica. Dobbiamo nutrirci con l’apprendimento che arriva dagli agent AI. C’è interazione, non sostituzione. L’AI è un grande abilitatore non una minaccia”, commenta Greco
  • Leadership. Adottare una leadership non solo tecnica, ma anche etica, capace di guidare le persone verso obiettivi condivisi. Una leadership che persegue la soddisfazione della persona.
  • Sperimentazione. Allocare risorse e budget per la sperimentazione e l’apprendimento continuo, dato che le competenze tecniche evolvono rapidamente. “Non dobbiamo più pensare che le skill siano solo tecniche. Le skill tecniche hanno una durata molto inferiore rispetto al passato, dobbiamo avere una skill più di ragionamento. Stiamo assistendo a un’accelerazione tecnologica che ha invertito la capacità di apprendimento. Chi programmerà in Python fra cinque anni?”, continua Greco
  • Data governance. Garantire una solida governance dei dati. “Senza dati non si va da nessuna parte”, sentenzia Greco.
  • Fusion Skills. Sviluppare competenze che consentano alle persone di interagire efficacemente con l’IA, di porre le domande giuste, di interrogare l’AI in modo opportuno

L’esperienza di De Nora

Michele Fabbri ha condiviso l’esperienza di De Nora (società in sistemi per applicazioni elettrochimiche) nell’implementazione dell’IA, sottolineando l’importanza di diffondere la consapevolezza tra i dipendenti e di fornire un supporto costante alle risorse. “Noi abbiamo vissuto un momento di esaltazione tecnologica, dove chiunque pensava di poter risparmiare il 40% del suo tempo o di non fare più le slide. Non è così: non si tratta di premere un tasto per ottenere l’output desiderato, ma di lavorare per interazione”.

L’azienda ha realizzato una campagna di formazione per illustrare i vantaggi concreti dell’IA e ha messo a disposizione use case e prompt predefiniti.

Uno dei principali benefici riscontrati è stato il miglioramento della cybersecurity. “Siamo riusciti ad abbassare sensibilmente il tasso di detection di quelli che sono i nostri allarmi e di reaction agli stessi. Un altro vantaggio che stiamo riscontrando riguarda il reporting. Con tutte le normative a cui ci dobbiamo attenere, sono richiesti tempi di risposta fra i più disparati: dalle 12 alle 48 ore ed è importante riuscire a ad avere un report concreto da distribuire velocemente”.

L’importanza della data governance

Tutti i relatori hanno concordato sull’importanza centrale della data governance per un’AI transformation efficace e sicura. Non è possibile trasformare un’organizzazione verso l’IA senza una data governance, che garantisca la disponibilità, l’integrità e la sicurezza dei dati” ha commentato Fabbri.

“La data governance deve essere business driven – conclude Pezzoli – e promuovere la democratizzazione del dato, consentendo a tutti i livelli aziendali di accedere alle informazioni necessarie per prendere decisioni strategiche.



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