Cartografie del terzo settore e dell’innovazione sociale a Torino #2. Torino Social Impact

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(disegno di adriana marineo)

Da qualche mese, la Città di Torino vanta un nuovo premio: quello di Capitale europea dell’innovazione, conferito dalla Commissione Europea a novembre 2024 che attribuisce, oltre all’onore del riconoscimento, un milione di euro. Qualche giorno fa si è aggiunta un’ulteriore targa: quella di Capitale europea dei turismo smart, insignita sempre dall’Europa.

L’abbondanza di premi racconta di un allineamento di visioni che avviene in tempi lunghi e si costruisce anche attraverso organizzazioni che si fanno promotrici della circolazione e della validazione dei discorsi sull’innovazione sociale: una di queste è Torino Social Impact.

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Torino Social Impact (TSI) si presenta come la “piattaforma progettuale dell’ecosistema metropolitano torinese e della innovazione sociale”, ovvero come la rete degli attori pubblici e privati, profit e non profit, riuniti per “l’imprenditorialità e gli investimenti a impatto sociale”.

TSI prende vita alla fine del 2017 su promozione della Città di Torino, della Compagnia di San Paolo e del Comitato per l’imprenditorialità sociale, un organo della Camera di Commercio di Torino di cui fanno parte le principali associazioni di cooperative, le due università cittadine, il Centro Servizi per il Volontariato. Il mentore e portavoce di TSI è Mario Calderini, professore presso la School of Management del Politecnico di Milano.

Secondo i fondatori di TSI, il terzo settore è l’unica infrastruttura viva rimasta in territori, come quello torinese, depauperati di un sistema produttivo industriale e tristemente illusi dalle promesse sostitutive dell’economia della conoscenza. Occorre dunque cogliere le potenzialità produttive del terzo settore e orientarlo a pensarsi infrastruttura industriale del paese. A questo fine è utile trasferire al suo interno la conoscenza universitaria, con particolare attenzione alle nuove tecnologie, e creare forme di misurazione del valore sociale prodotto da progetti e iniziative. Questa misurazione, infatti, permette di entrare in dialogo con gli altri attori economici tradizionali, perché costruisce metriche e indicatori del lavoro sociale comparabili a quelli che si usano in azienda per misurare risultati e profitti.

La visione di TSI, dunque, interviene anche nel campo delle imprese, indicando un nuovo settore di sviluppo, ovvero i bisogni delle persone (primari, sociali, culturali, relazionali). Essi sono stati, tradizionalmente, appannaggio del pubblico e della società civile, ma costituiscono un’importante opportunità di investimento tecnologico ed economico. Tuttavia, finché questi bisogni costituiscono il campo di intervento di enti benevoli e sparpagliati, essi non sono riconoscibili come settori di investimento. Per questo devono essere meglio organizzati in ecosistemi coerenti e competenti che parlino con il lessico d’impresa.

Il primo grande atto di TSI è perciò quello di modellare un nuovo gergo con cui chiamare le cose e, dunque, pensare i processi. Espressioni come “ecosistema”, “piattaforma”, “sperimentazioni”, “messa a terra”, “social tech”, “impact strategy”, “innovazione sociale”, “misurazione d’impatto”, sono uscite dalle stanze universitarie e sono diventate, negli ultimi cinque anni, sempre più colloquiali e impiegate da amministratori, giornalisti, società civile e addirittura movimenti. Queste parole offrono a chi le impiega il vocabolario con cui narrarsi e autorappresentarsi come il comparto dell’innovazione sociale.

TSI conta attualmente trecentosessanta partner fra enti pubblici, fondazioni, imprese, banche, associazioni. Ogni partner vi aderisce per cogliere le opportunità della piattaforma: incontrarsi per costruire insieme progettazioni per bandi europei; partecipare a momenti di apprendimento tra pari su temi quali la parità di genere, l’economia circolare, le persone giovani; entrare in contatto con nuovi fornitori “a impatto sociale” che propongono servizi professionali, ristorativi, di pulizia, logistici o prodotti di agricoltura, moda, alimentazione in maniera attenta all’equità, la diversità e l’inclusione.

Il mantra è quello dell’impatto. Spiega Mario Calderini durante l’assemblea dei partner nel 2023: «Noi usiamo l’impatto come elemento evocativo, un po’ evangelico, della nostra narrazione, però poi tecnicamente parliamo di economia sociale di mercato, cioè di un’economia di mercato che introietta, rende importanti, rende prevalenti elementi di valore sociale attraverso però i meccanismi dell’economia di mercato».

Per rispondere alle sfide sociali, all’arretramento delle politiche pubbliche di welfare, all’imprevedibilità e pervasività del cambiamento tecnologico, agli obiettivi e agli indirizzi fissati dagli enti internazionali, sta emergendo una nuova concezione imprenditoriale e finanziaria che supera la consolidata idea di responsabilità sociale d’impresa e intende dichiaratamente esercitare una forza trasformativa nella società. Per questi motivi l’impatto sociale deve essere intenzionale, ovvero pianificato e dichiarato in anticipo, deve essere misurabile e deve essere addizionale: gli interventi a impatto sociale devono darsi l’obiettivo di creare valore in ambiti in cui le risposte pubbliche e di mercato falliscono o funzionano solo parzialmente.

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Torino è da diversi anni la zona di incubazione ideale di questo modello di sviluppo a impatto sociale perché fa affidamento su diversi fattori: un mondo filantropico pervasivo e prominente, un terzo settore civile e religioso disponibile e propositivo, un sistema industriale in cerca di nuovi simboli e nuovi mercati, una tradizione politico-amministrativa avvezza alle visioni strategiche e competenze tecnologiche e scientifiche impazienti di esplorare nuove possibilità.

In questo contesto serve una visione di impatto pacificante e tranquillizzante, coerente e in dialogo con il sistema economico-finanziario dominante, apparentemente immune alle accuse di ipocrisia mediante una pianificazione intenzionale dei buoni propositi e attraente anche per le energie critiche del territorio. Grazie all’impatto sociale ogni cortigiano può assegnarsi un ruolo, attribuirsi un senso o una narrazione, senza mai mettere in discussione davvero gli equilibri di potere che sanciscono chi sta al centro e alla periferia dei processi decisionali, chi impatta e chi è impattato. (voce a cura di lucia gallina)

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