Svolta nel giallo della parrucchiera di Prati: “C’è un nuovo super testimone pronto a rompere il silenzio”. Il mistero potrebbe essere risolto dopo 30 anni

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I delitti a pista fredda, i cosiddetti cold case, sembrano destinati a svanire tra gli scaffali delle procure fino a quando non salta fuori qualcosa che possa portare a una svolta improvvisa. Un nuovo testimone, una nuova pista, come è accaduto nei giorni scorsi nel caso del “giallo della parrucchiera”, il delitto di Prati avvenuto trent’anni fa nell’elegante quartiere di Roma. “Il movente forse nella vendita di un appartamento al Trionfale. Diceva di sentirsi tradita da chi aveva aiutato”, dice oggi un nuovo testimone, secondo quanto riportato nei giorni scorsi dal Corriere della Sera.

Il giallo della parrucchiera di Prati
Il 13 febbraio 1995 Giuseppa Nicoloso, 70 anni, fu uccisa nella sua casa di via Cola di Rienzo. La donna era molto conosciuta nel quartiere Prati per i suoi due saloni da coiffeur in via Cola di Rienzo e via dei Gracchi. La sua vita si spense tragicamente nella cupa Roma degli anni ’90, spesso scena di delitti oscuri e impenetrabili dal giallo di via Poma in poi. Giusi fu assassinata nell’appartamento in cui viveva da sola, il 12 febbraio del 1995. Ormai vedova, era ancora molto operativa nei due saloni da coiffeur di sua proprietà. Morì soffocata in casa con una busta di plastica che le venne infilata in bocca dall’assassino che lei conosceva perché fu accolto da lei nell’appartamento, certamente con una scusa. La Nicoloso era nota per la sua generosità: spesso concedeva prestiti in denaro ad amici e conoscenti senza chiedere interessi (fonte: Il Corriere). Dopo la morte del marito, Peppino Zurlo, pugliese emigrato a Roma dopo la guerra, ucciso da un cancro ai polmoni una quindicina d’anni prima, Giusi Nicoloso aveva trovato conforto in un lavoro frenetico che l’aveva aiutata a superare la perdita del marito. La parrucchiera si divideva tra i due saloni senza sosta. Era benvoluta nel quartiere della Roma bene, e molto apprezzata. Di certo, vittima e a assassino parlarono di questioni di soldi quel giorno perché sul tavolo vennero trovati assegni e ricevute bancari. Grazie a un’impronta rilasciata su un foglio, dieci anni dopo, la Squadra Cold Case della Questura riuscì a identificare il presunto assassino: si trattava di un siciliano all’epoca ventenne. L’uomo venne indagato per omicidio volontario ma la Procura di Roma, poiché non aveva prove sufficienti per affrontare un processo, chiese e ottenne l’archiviazione.

La scena del crimine
Il suo corpo fu rinvenuto senza vita nella tarda mattinata del 13 febbraio 1995, un lunedì, nell’appartamento al civico 52 di via Cola di Rienzo. Ad allertare tutti fu una nipote che non era riuscita a sentirla al telefono. Mentre la serranda del suo salone fu calata un’ultima volta e per sempre, i poliziotti della Scientifica e il medico legale erano nel suo appartamento al piano di sopra per i rilievi sulla scena del crimine. Giusi era a terra, sul pavimento del salotto. Fu colpita con una tale forza da perdere la dentiera che rotolò a terra, e ingoiare due capsule dentarie, poi trovate nell’esofago. Non c’erano segni di effrazione: Giusi conosceva il suo assassino, gli aprì la porta. Dopo il pugno violento, il killer la finì soffocandola con un sacchetto di nylon. Fu subito esclusa la rapina perché nella sua borsa c’erano ancora un diamante e due orologi d’oro.

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Il nuovo testimone
Dopo 30 anni di piste che non hanno portato a nulla, alcune delle quali decisamente colorite, spunta un nuovo testimone intervistato dal giornalista Fabrizio Peronaci del Corrriere. “Un testimone ben informato, infatti, è disposto a rompere il silenzio”, scrive il giornalista che lo ha incontrato molto recentemente. “È un uomo di una certa età, dotato di cultura elevata e una bella dose di ironia, che racconta verità inedite, apprese da ambienti molto vicini alla vittima, forse utili a una riapertura delle indagini”. Racconta il nuovo testimone oggi: “Io sono vecchio ma alla pellaccia tengo, ci sono affezionato. Ragion per cui il mio nome lo dimentichi. Il contesto e alcuni retroscena che mi sono trovato ad apprendere all’epoca, però, potrebbero in qualche modo essere connessi all’omicidio. E li racconto volentieri. Lo ritengo giusto. Sarà l’autorità giudiziaria a valutare se procedere o no. Si è mai saputo che la defunta aveva venduto un appartamento con terrazzo di sua proprietà per centinaia di milioni in via Trionfale? E che la poveretta forse aveva anche altri immobili?” Non se ne è mai parlato, si sapeva solo di una crisi di liquidità. Il testimone aggiunge: “Non è mai stata chiarita, aggiungo, l’esatta entità e la dinamica proprietaria degli immobili che facevano capo alla vittima”.

E intanto viene fuori anche un secondo indizio: Giusi, secondo quanto riferito da una sua amica d’infanzia, a proposito di un furto di gioielli subito in casa l’anno precedente il delitto, aveva detto che a farle male non era stata tanto perdere i suoi beni, ma di essere stata tradita proprio da chi aveva tanto aiutato. Il ladro pare infatti fosse entrato in casa perché in possesso di un secondo mazzo di chiavi. “La vittima parla di un tradimento di fiducia che l’ha fatta soffrire. Mi chiedo: su questa pista sono stati sentiti tutti i possibili testimoni? Sono stati interrogati coloro che le erano più vicini?”, conclude il testimone nella sua intervista.



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